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God of War

PS4

God of War - Provato

Cinque minuti e dodici secondi dopo aver iniziato God of War mi sono girato verso Roberto Vicario (che sedeva alla mia destra), l’ho toccato su una spalla, mi sono tirato su la manica e gli ho fatto il gesto della pelle d’oca; è bastato un mezzo sguardo col mio esimio collega per capire che anche lui era emozionalmente coinvolto da quell’incipit, che se non fa il paio con il primo quarto d’ora di The Last of Us, davvero poco ci manca. Non più tardi di un paio di settimane fa vi avevo raccontato di come anche Far Cry 5 metterà nel piatto dell’antipasto un importante afflato emotivo: sta diventando evidentemente chiaro, a chi i videogiochi li concepisce, che prima si crea un legame empatico col protagonista (o – perché no! – col cattivo) e più facilmente si riesce ad avviare il processo che alimenta nel giocatore la voglia di vivere l’avventura.

Peraltro, tra le rughe dell’invecchiato Kratos di God of War – che pur resta un guerriero spietato e brutale – emergono inediti tratti umani. Questi si palesano con forza nel rapporto col figlio Atreus e nel contrasto interiore che lo affligge: da un lato Kratos sente la necessità di proteggere a tutti i costi il pargolo dai pericoli che lo circondano, ma dall’altro è consapevole che il suo essere padre lo obbliga sia a insegnargli l’arte della sopravvivenza, sia a mollare – poco alla volta – il morso del cordone ombelicale.

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Fa quasi strano scrivere di un Kratos diverso

Le prime ore di gioco, joypad in mano, fanno proprio questo: ci mettono nei panni di un eroe decaduto, che si vede costretto a intraprendere – suo malgrado – un viaggio difficile, con la consapevolezza che il rapporto col figlio deve compiere un’accelerazione improvvisa, per quanto dolorosa. Fa quasi strano scrivere così di un eroe come Kratos, ma quello adottato da Santa Monica Studio è palesemente un nuovo modo di intendere il Fantasma di Sparta; sebbene qui sia declinato in modo diverso, scorgo personalmente alcune similitudini evidenti con il processo di umanizzazione che ha subito Lara Croft col reboot di Tomb Raider. Insomma… bisogna certo fare tesoro di ciò che è stato God of War, ma ricordarsi fin da subito che qui stiamo su un altro piano, non solo dal punto di vista ludico, ma anche da quello narrativo.

THIS WAS SPARTA!

Il cambio di registro è evidente fin dalle prime battute: la mitologia norrena entra a gamba tesa nell’ambientazione, Kratos pare la versione incazzata del buon Marco Tassani e la telecamera posta alle spalle del protagonista ci indica fin da subito quale approccio toccherà tenere sia durante l’esplorazione, sia quando verrà il momento dell’azione sanguinaria. L’unica arma in nostro possesso, almeno nelle prime due ore e mezza di gioco, è un’ascia chiamata Leviatano, che non solo può essere utilizzata per menare fendenti, ma può anche essere lanciata all’occorrenza contro oggetti e nemici, per poi essere richiamata in mano come se si trattasse di una sorta di boomerang a due tempi. Questo fatto, unito a due tipi di colpo (normale e forte), concede già dall’inizio una discreta varietà durante i combattimenti: non appena ho preso confidenza col sistema di controllo, sono stato in grado di operare in modo sfizioso sul campo di battaglia, ad esempio bloccando un nemico lanciandogli l’ascia in faccia, prendendo a pugni un secondo e finendolo con un colpo “di rientro” dell’arma. Resta da vedere, a lungo andare, quali saranno gli effetti dei potenziamenti ad armi e armature, e delle nuove mosse acquistabili dal negozio di un fabbro nano: di mio, prima del termine della prova, sono riuscito unicamente ad aggiungere un colpo caricato (attivabile tenendo premuto R2) e ad aumentare i parametri di attacco, grazie alle risorse che avevo raccolto in giro per gli stage.

Il cambio di registro, rispetto ai vecchi episodi della serie, è evidente fin dalle prime battute

Ad aggiungere ulteriori sfumature al combat system contribuisce la presenza di Atreus (da non confondere con Atreyu de La Storia Infinita, anche se in God of War si può perfino scorgere qualche velato riferimento al libro di Ende e al film di Petersen), cui possiamo comandare di attaccare un nemico con arco e frecce, così da distrarlo dalle nostre attenzioni e consentirci di ingaggiarlo da dietro o di occuparci momentaneamente di altro. Si tratta di una tecnica particolarmente utile durante i combattimenti coi boss, nondimeno che espone il ragazzo a un’eventuale cattura, cui dovremo poi ovviare a colpi di ascia o a pugni. Peraltro, l’uso di frecce e mani al posto del Leviatano aumenta considerevolmente il caricamento della barra dello stordimento, presente sopra il capo dei ciascun nemico: un avversario stordito può quindi essere attaccato con una sorta di fatality, che nella maggior parte dei casi porta alla distruzione definitiva del suddetto, o comunque a una riduzione importante del suo paniere di salute. La presenza di uno scudo con cui parare, della possibilità di counterizzare alcuni attacchi, della ormai immancabile rotolata à la Dark Souls, di una super-rabbia attivabile di tanto in tanto e di un ramo di talenti e migliorie anche per Atreus completano il quadro di un combat system che – seppur in modo totalmente differente rispetto a quanto la serie ha proposto in passato – è tutt’altro che banale, restituisce una sensazione di “fisicità” unica (tanto che mi sono scoperto a battere il piede a ritmo, da quanto erano “percepiti” i colpi che distribuivo a destra e a manca) e potrebbe regalare soddisfazioni importanti a chi avrà voglia di sperimentare un po’.

Completo il discorso segnalandovi come abbia giocato a difficoltà Normale (tutto sommato abbordabile, visto che sono morto un paio di volte), ma che, oltre a quella Difficile, ce n’è una segnata in rosso cui perfino gli sviluppatori ammettono di non riuscire a stare dietro. Kratos avvisato…

A SPASSO PER IL MONDO

Il mio cammino per le terre di God of War si è svolto in modo abbastanza lineare, ma non per questo è stato privo di escursioni alternative. In particolare, alcune diramazioni mi hanno portato a scoprire alcuni sarcofagi nascosti (da aprire dopo aver risolto un piccolo enigma), grazie al cui contenuto ho potuto aumentare la quantità di salute di Kratos proprio durante l’ultima boss battle. Peraltro, in un paio di situazioni, dopo aver imboccato un percorso secondario, sono stato ricacciato indietro da un impedimento invisibile e da una scritta che mi invitava a tornare sui miei passi per completare il dimostrativo. Nonostante la linearità delle prime due ore e mezza, mi è quindi rimasto addosso il sospetto che Santa Monica Studio non ci abbia fatto vedere tutto quello che avremo a disposizione all’uscita del gioco, e che più avanti si potrebbero incontrare zone più ad ampio respiro, magari alla stregua del già citato Tomb Raider (ma si tratta di una supposizione mia, basata su una sensazione personale, e quindi non prendetela per oro colato).

l’aspetto tecnico è assolutamente clamoroso e di prim’ordine

Ciò su cui mi posso apertamente sbilanciare, invece, riguarda l’aspetto tecnico, assolutamente clamoroso e di prim’ordine, almeno su PlayStation 4 Pro (ma, a meno di clamorose topiche, sono certo che God of War si farà ben valere anche sulle console Standard). Gli ambienti e i personaggi sono dettagliati con così tanta perizia da lasciare basiti; parimenti, le animazioni si agganciano alle scene di intermezzo con una naturalezza entusiasmante e senza soluzione di continuità, a garanzia di una totale immersione sensoriale, oltre che emozionale. La prima boss battle in particolare (di cui vi lascio volutamente vergini di dettagli, per non rovinarvi il gusto della sorpresa) non solo è lunghissima e spettacolare, ma è soprattutto emblematica nel mostrare i muscoli del comparto grafico proprio nella danza continua tra azione pura e cutscene: nonostante i tanti anni di esperienza che ho sulle spalle, ammetto di essermi lasciato andare e di aver vissuto un quarto d’ora abbondante di orgasmo visivo, cui non ero sinceramente preparato.

Chiudo segnalandovi come God of War sarà completamente tradotto in italiano, sia per quanto riguarda il testo, sia per ciò che concerne il doppiaggio. Da quel che ho potuto vedere, il livello qualitativo pare allineato agli standard degli ultimi titoli di punta di Sony, con tante voci conosciute al grande pubblico e capaci di donare il giusto tono a un titolo che – a meno di brutte sorprese – si ergerà a vero e proprio capofila di un 2018 iniziato col botto.

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