Resident Evil 2 ray tracing

Resident Evil 2 Remake

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Resident Evil 2 Remake – Provato

Negli ultimi anni i videogiocatori hanno imparato a conoscere (e a guardare con sentimenti variabili tra diffidenza/interesse/rabbia) termini quali reboot, remake e remaster. Una vera e propria invasione che procede a ritmo costante, con software house che ripropongono senza sosta cosiddetti “classici” in una veste più o meno rinnovata. Tra operazioni poco riuscite, conversioni fatte al risparmio e titoli che devono fare il conto con l’inesorabile scorrere del tempo, esistono però delle riedizioni che meritano grande attenzione. Una di queste è sicuramente Resident Evil 2 Remake. Per vedere come procedono i lavori mi sono recato negli uffici milanesi di Digital Bros e ho trascorso qualche ora in una Raccoon City invasa da creature tutt’altro che amichevoli…

QUALCOSA DI VECCHIO, TANTO DI NUOVO

Un tuffo nel passato con uno sguardo al presente. O forse un tuffo nel presente con uno sguardo al passato. Difficile dire cosa sia esattamente Resident Evil 2 Remake. È un titolo che si basa, ovviamente, sulla visione dell’originale (datato 1998), senza però riproporla in maniera pedissequa, ma trasportandola in un contesto moderno sotto ogni punto di vista. Capcom non si è infatti limitata a un semplice lavoro di maquillage, apportando tanti cambiamenti indispensabili per rendere l’avventura di Leon e Claire al passo con i tempi. Il team di sviluppo ha messo mano alla struttura di gioco nella sua interezza, partendo dalle fondamenta, abbandonando l’inquadratura fissa a favore di una telecamera in terza persona posta dietro le spalle dei protagonisti, e modificando in maniera sensibile anche il sistema di controllo, che riprende soluzioni strutturali tipiche degli action game “moderni”.

Il team di sviluppo ha messo mano alla struttura di gioco nella sua interezza

Diverso invece il discorso per quanto riguarda la componente narrativa. Il corpo principale della trama non ha subito variazioni di rilievo, ma sono stati inseriti alcuni nuovi elementi con l’obiettivo di arricchire l’intero contesto in cui si sviluppa l’avventura. Gli appassionati più oltranzisti potrebbero magari storcere il naso di fronte a qualche piccolo cambiamento, ma l’impressione è che il risultato sia nel complesso godibile. I neofiti della serie non si imbatteranno in “barriere” che rendono poco comprensibile l’evolversi degli eventi, e chi conosce a menadito ogni personaggio e ciascuna situazione troverà qualche nuovo spunto di interesse.

MI È SEMBRATO DI VEDERE UN MOSTRO

La mia prova si è sviluppata in due fasi che hanno messo in mostra differenze piuttosto evidenti. La prima parte, dedicata al duo composta da Leon/Ada, è stata caratterizzata da un incedere abbastanza lineare, con un susseguirsi di corridoi e di ambienti di dimensioni ridotte in cui la libertà di manovra era limitata ai minimi termini. Una porzione di gioco in cui lo spazio per l’esplorazione e la ricerca era quasi inesistente, con qualche semplice enigma, un incontro con un “animaletto domestico troppo cresciuto” che gli appassionati dell’originale ricorderanno sicuramente e alcuni scontri con creature deformi. Non posso dire di essere rimasto deluso, ma l’impatto iniziale non è stato esaltante. Di base tutto funziona bene. Il passaggio dalla telecamera fissa a un’inquadratura alle spalle del protagonista è stato gestito senza creare intoppi di sorta. I controlli sono precisi e mai macchinosi, sia in fase di movimento che armi alla mano. L’utilizzo dell’inventario è tutto sommato sufficientemente comodo. Ma con Leon e Ada (malgrado il suo look decisamente accattivante) è scattata solo una forte simpatia, non il colpo di fulmine.

Di base tutto funziona bene

Le sensazioni sono cambiate radicalmente invece nella seconda (e più corposa) porzione che ho provato. Amore a prima vista infatti per Claire, impegnata in una missione più varia e articolata. La stazione di polizia di Raccoon City con le sue celle, l’obitorio, gli uffici, l’alloggio del capo e molte altre ambientazioni si è trasformata nel teatro di un lungo viaggio nel terrore, in cui il raggiungimento dell’obiettivo finale (la fuga) è stato possibile solamente tramite un riuscitissimo mix di azione e riflessione. I larghi spazi in cui girovagare e la maggiore libertà di movimento hanno contribuito a sprigionare tutto il potenziale di gioco, con diversi elementi che si incrociavano e sovrapponevano dando vita a un ampio ventaglio di situazioni. La componente esplorativa ha ricoperto un ruolo cardine, con la necessità di recuperare tutta una serie di oggetti da utilizzare per la risoluzione di diversi puzzle. Enigmi, è bene sottolineare, mai eccessivamente complessi ma neanche troppo banali, che hanno richiesto un pizzico di intuito e una spruzzata di spirito di osservazione per essere decifrati a dovere. Gli elementi da esaminare, dalle semplici cassettiere alle casseforti, dalle porte chiuse a chiave agli armadietti erano veramente numerosi, e celavano al loro interno anche piacevoli sorprese, con documenti che mi hanno fornito ulteriori dettagli su eventi/personaggi e risorse (proiettili, erbe curative, vari modelli di armi) indispensabili per la sopravvivenza. Si tratta di un lavoro di ricerca che sarebbe stato impegnativo anche in condizioni di calma totale, e che era reso ancora più difficile dalla presenza di un considerevole quantitativo di creature sempre alla ricerca di carne umana.

sprecare munizioni è un peccato mortale

Cattivi, resistenti, pericolosi e dotati di differenti caratteristiche, i mostri made in Capcom hanno rappresentato una minaccia costante, difficile da gestire anche a causa di un arsenale ridotto spesso ai minimi termini. Pistole e fucili dispongono di un numero limitato di proiettili, e sprecare munizioni è un peccato mortale che, posso scriverlo senza timore di smentita perché l’ho sperimentato sulla mia pelle, conduce a una fine a dir poco ingloriosa. Se tutto questo non fosse sufficiente, l’incombente presenza di una creatura impossibile da eliminare che vagava all’interno del palazzo ha inserito un ostacolo extra che mi ha costretto a elevare ulteriormente il livello di attenzione. In linea generale l’inserimento di un nemico invincibile non è una scelta di design che personalmente apprezzo più di tanto, ma alla prova dei fatti ha funzionato discretamente. Era una minaccia costante, che caricava la situazione di tensione senza però mai dare l’impressione di voler “fregare” il giocatore con comportamenti poco coerenti o eccessivamente imprevedibili. Tutto sommato la sfida presenta buoni picchi di difficoltà, e riesce a cogliere nel segno anche a livello di intensità emotiva. Malgrado la telecamera libera che teoricamente permette una visione globale dell’ambiente circostante, non sono infatti mancati un paio di sorprese da “salto sulla sedia” che hanno messo alla prova le mie coronarie.

UN VIAGGIO NEL PERICOLO

Conclusa la mia prova avevo la sensazione di aver ritrovato dopo tanti anni un vecchio amico. Certamente cambiato in diversi aspetti, ma in grado di riproporre intatto il suo spirito originale. Alla prova dei fatti, Resident Evil 2 Remake sembra essere un titolo che non punta solamente sull’effetto nostalgia, capace di proporre un’avventura godibile al 100% anche da chi non ha mai sentito parlare della saga. Per avere conferma di questa sensazione, e per poter esprimere un giudizio definitivo, non ci resta che attendere l’inizio del nuovo anno. Il ritorno a Raccoon City è infatti fissato per il 25 gennaio su PC, PS4 e Xbox One.

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