square enix Final Fantasy VII Rebirth uscita

Final Fantasy VII Rebirth

PC PS5

Final Fantasy VII Rebirth – Anteprima Hands On

Abbiamo provato con mano la parte due di uno dei remake più attesi e discussi di sempre e finalmente possiamo anticiparvi com’è il mondo aperto di Gaia.

Sviluppatore / Publisher: Square Enix / Square Enix Prezzo: 79,99 euro Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PlayStation 5 Data d’uscita: 27 febbraio 2024

Final Fantasy VII è semplicemente un mostro sacro. Che siate tra quelli che lo pensano come il miglior Final Fantasy, che siate tra quelli che lo trovano sopravvalutato, che siate tra i poser che il VI è meglio di tutti o tra gli hipster che l’VIII però che fascino, che non ve ne freghi nulla e non abbiate mai neanche visto un video gameplay di Final Fantasy VII, inevitabilmente ne avrete sentito parlare. O magari avete anche ben presente quella ridicola grafica a cubettoni del ‘97. O probabilmente sapete anche quello che succede a metà gioco che ormai è un non-spoiler come “Luke, sono tuo padre” perché lo sanno letteralmente anche i muri, ma eviterò comunque di farlo qui.

Il fatto è che Final Fantasy VII ha inevitabilmente segnato l’immaginario collettivo dei videogiocatori di tutto il mondo ed è impossibile non esserne in qualche modo influenzati. Il perché penso derivi da una serie di fattori: le tre dimensioni primordiali, l’occidentalizzazione, il cast di personaggi memorabili, lo slang un po’ underground e masticato, l’antagonista probabilmente più iconico di sempre, le soundtrack meravigliose, le novità sul sistema di combattimento a turni, la commistione di cyberpunk, dieselpunk, steampunk e fantasy classico, e una serie di altre cose che probabilmente non faccio in tempo a elencare.

Il primo capitolo di Final Fantasy VII Rebirth si incentra interamente sul racconto di Cloud degli avvenimenti di Nibelheim.

Però vale la pena citare quella che forse è la cosa più importante di tutte: Final Fantasy VII è uscito fondamentalmente già vecchio. A livello estetico si tratta di un gioco che già nei mesi successivi era ridicolo se paragonato a ciò che stava uscendo, ancor più ridicolo in confronto al capitolo successivo uscito solamente un anno dopo. Penso che in qualche modo proprio questo “vecchiume” abbia contribuito estremamente a costruirne il mito, tanto che già negli anni immediatamente successivi molti fan invocavano un remake con lo stile dell’ottavo e nono capitolo, poi con il motore grafico dell’X, poi del XII.

UN CHOCOBO DALLE UOVA D’ORO IN FINAL FANTASY VII REBIRTH

E nel frattempo Square Soft Enix ci abbagnava il pane, come si dice dalle mie parti, cioè mungeva la vacca finché era grassa, quindi spingeva forte i personaggi iconici inseriti in Kingdom Hearts e si lanciava in sperticati spin off che aggiungevano colore al mondo di Gaia (che infatti prima non si chiamava nemmeno Gaia) e racimolavano qualche altra copia venduta concentrandosi soprattutto sul fan service. Accrescendo nel frattempo il mito di Final Fantasy VII, raccattando pubblico giovane, aumentando la curiosità e la voglia di un remake moderno. Pubblico giovane come me, che quando uscì il gioco originale avevo due anni e mi ci sono avvicinato solo molto tempo dopo, soprattutto grazie a un prequel che a dodici anni sembrava il picco narrativo che i videogiochi potessero esprimere.

Final Fantasy VII ha inevitabilmente segnato l’immaginario collettivo dei videogiocatori di tutto il mondo ed è impossibile non esserne in qualche modo influenzati

Eppure questo rumoreggiato remake, di cui si parlava da anni basandosi sul nulla, per sopperire alla cui mancanza erano state realizzate decine di mod volte a migliorare il gioco base, prima o poi andava fatto. Così all’E3 2015 arriva il tanto atteso reveal trailer e la reazione del pubblico alla cosa, a distanza di ormai quasi nove anni, continua a mettermi i brividi, nonostante la cultura dell’hype che rifuggo e che trasuda da queste cose. E poi la suddivisione in episodi, i dubbi, le domande, le risposte sbilenche, cinque anni di incertezze su un’operazione nostalgia che non sembrava avere le idee troppo chiare.

Sephiroth personaggio giocabile, anche se per pochissimo tempo in questa demo. Il suo arco narrativo sarà stato rivisto?

L’uscita, durante la pandemia del 2020, è stata agrodolce, e non per il periodo chiusi in casa, non solo. Final Fantasy VII Remake, ossia la parte uno di cui questo Rebirth è il seguito, era un buon gioco e un discreto Final Fantasy. Probabilmente vantava il miglior combat system della serie da anni a questa parte, la ricostruzione del mondo di gioco e dei momenti iconici era impeccabile, eppure non mancavano i problemi. Da una riscrittura della storia che lasciava molti dubbi, soprattutto sul finale, a un level design tutto sommato piatto “arricchito” da missioni secondarie totalmente dimenticabili. La parte uno era un gioco fondamentalmente indeciso tra la voglia di essere nuovo e quella di essere originale, tra la voglia di essere serio e quella di essere scanzonato, tra la voglia di essere fotorealistico e quella di essere cartoonesco.

E QUESTA PARTE SECONDA?

Di Final Fantasy VII Rebirth ho potuto provare circa tre ore di gameplay, le prime tre dall’inizio del gioco. Il Remake si chiudeva con il gruppo che riesce a fuggire da Midgar, come nell’originale, anche se la conclusione era quantomeno bizzarra, per non dire brutta, e lasciava intendere la possibilità che si sarebbero intraprese strade del tutto nuove in futuro. Quello che ho visto in queste prime ore è invece abbastanza fedele al gioco originale. Ritroviamo Cloud e compagnia a Kalm a riposare e fare chiarezza sul passato, per cui sembra che ci sia stato solo un piccolo taglio del tratto di overworld tra Midgar e Kalm. Tutto il primo capitolo di Rebirth è in sostanza la riproposizione del lungo flashback di Nibelheim e di fatto funge da tutorial per il gameplay, sia per ciò che il gioco eredita dal capitolo del 2020, sia per le novità – non tantissime.

Il mondo aperto è bellissimo come lo erano le aree chiuse viste in precedenza, sui contenuti al suo interno bisognerà vedere sul lungo periodo.

In questo primo capitolo tutto era abbastanza fedele sia a quanto visto nel ‘97, sia a quanto rivisto nel 2007 in Crisis Core. Notevole la ricostruzione di Nibelheim, meticolosamente realizzata e riempita di vita, per quanto tutto restasse molto guidato e non ci fossero particolari attività da svolgere nella città natale di Cloud. In generale tutto abbondava di fan service e di strizzate d’occhio, addirittura le movenze e il modo di parlare del protagonista erano molto più simili a quelle di Zack che alle sue, così come in uno dei soldati Shinra che accompagna il gruppo al reattore si intravedeva chiaramente qualche capello biondo sotto il casco.

Fondamentalmente indeciso tra la voglia di essere nuovo e quella di essere originale, tra la voglia di essere serio e quella di essere scanzonato, tra la voglia di essere fotorealistico e quella di essere cartoonesco

La cosa davvero interessante di questo primo capitolo era la presenza scenica di Sephiroth, ovviamente, che come oggetto di massimo fan service viene messo costantemente al centro, gli vengono regalate varie battute e molte scenette anche con gli abitanti del villaggio. Una presenza in realtà non solo scenica, ma anche ludica: a un certo punto ci si ritrova a usarlo in combattimento, in party con Cloud, potendo sfoderare la sua Masamune e mostrare tutta la sua potenza. Dura giusto per qualche scontro, almeno nella demo che ho provato, però è una discreta goduria.

RISCRITTURE DUBBIE E PICCOLE NOVITÀ

L’impressione comunque è che si stia continuando l’operazione già avviata nel primo capitolo di riabilitazione di Sephiroth come personaggio in qualche modo positivo – o quantomeno non del tutto negativo – e dubito che sarà utilizzabile in combattimento solo in questa occasione. Anche se continuo a temere profondamente le possibili riscritture della trama per rendere possibile questa cosa. Percepisco un elevato rischio di nomurate che incasinano la trama solo per far togliere lo sfizio ai fan di usare Sephiroth, speriamo di no.

Per aumentare la verticalità e la possibilità di muoversi in alto e in basso lungo le mappe è stata introdotta la possibilità di arrampicarsi in alcuni punti.

Ad ogni modo, il primo capitolo si chiude con la fine del flashback e con una serie di dialoghi tra i personaggi nel presente. In generale è tutto piuttosto fedele, anche se in certi casi il tono di alcuni scambi di battute sembra voler porre l’accento su alcuni dubbi, soprattutto di Tifa, rispetto a quanto raccontato da Cloud. Inoltre la rapidità con cui sono rappresentati alcuni momenti rispetto all’originale, in particolare rispetto al cambio di vedute di Sephiroth – per usare un eufemismo – mi sono sembrati depotenziare un po’ le motivazioni del personaggio. Forse anche in questo si intravede la volontà di cambiare la percezione attorno a questo antagonista

.L’impatto estetico è folgorante: la bellezza delle zone di gioco si conferma anche qui di altissimo livello

Dopo la notte, prende il via il secondo capitolo, in cui si esplorerà inizialmente Kalm. Della città si fa apprezzare particolarmente la cura e l’attenzione ai dettagli, in una riproposizione che cattura pienamente lo spirito del posto com’era nel ‘97, ma riesce ad arricchirlo e vivacizzarlo riempiendolo di NPC e piccole attività secondarie. Su tutte spicca in particolare il nuovo gioco di carte introdotto in Rebirth, che sembra riprendere alcuni elementi del Gwent e altri dagli storici mini giochi dei capitoli VIII e IX. In giro per la città, come anche nell’area successiva.

La breve fase di salita da Nibelheim verso il reattore permette di ammirare alcuni scorci mozzafiato, oltre che di camminare affianco a Sephiroth.

Sulla profondità e qualità di questa attività secondaria per adesso non è proprio possibile sbilanciarsi, essendo andato poco oltre il tutorial e avendo preferito dedicare il tempo a disposizione a esplorare le aree della demo. A Kalm il gioco presentava anche un’ulteriore novità introdotta da questo secondo capitolo del remake, anche questa da valutare sul lungo periodo, ossia un sistema di relazioni con gli altri personaggi del party da coltivare attraverso sporadiche interazioni.

FINALMENTE MAPPA APERTA

Il nostro girovagare per il villaggio verrà bruscamente interrotto: avendo fatto un po’ di confusione a Midgar il nostro gruppo è in fuga e le milizie della Shinra arrivano puntuali a dargli la caccia. A questo punto, finalmente, il gruppo si ritrova fuori da Kalm, in una delle tanto attese aree aperte di questo remake. Parto subito col dire che l’impatto estetico è stato folgorante: la bellezza delle zone di gioco si conferma anche qui di altissimo livello, come era stato fin qui e come in effetti era stato anche nel primo capitolo. Immediatamente mi sono ritrovato ad ammirare panorami mozzafiato, alture rigogliose e rovine da esplorare. La progressione in queste aree non sembra cambiare rispetto a quanto visto in precedenza, con i nemici da affrontare anche qui visibili da lontano, senza incontri randomici. Hanno introdotto anche un sistema molto semplice e guidato di arrampicata, che permette di agevolare una certa verticalità delle aree, che tuttavia per quanto visto mi è sembrata alquanto fino a sé stessa. Ciò che è sembrato mancare, almeno in questa demo in cui complessivamente ho girovagato in questa area aperta per meno di un’ora, è il contenuto in grado di valorizzare questa libertà.

Nel party ritroviamo tutti i componenti che avevamo lasciato alla fine di Remake, adesso con l’aggiunta di Red XIII giocabile.

Chiaramente è un’impressione preliminare e sarei ben felice di essere smentito dal gioco finale, ma quel che ho visto mi ha dato l’idea di aree relativamente spoglie di attività o segreti, aperte tanto per essere aperte. E per dare l’opportunità di andare in giro su un chocobo in libertà. Perché ovviamente sì, proseguendo in questa zona si arriva al Chocobo Ranch, e dopo qualche scambio con i proprietari e alcune attività collaterali si entra in possesso di un chocobo con cui traversare liberamente il mondo di gioco. Inoltre sono state introdotte le torri d’avvistamento per sbloccare aree sulla mappa, come ormai da prassi in quasi ogni gioco aperto. Decidete voi se è un pro o un contro.

IMPRESSIONI PRELIMINARI DI FINAL FANTASY VII REBIRTH

Tirando le somme di questa esperienza, mi sono fatto l’idea che questo Final Fantasy VII Rebirth ritorni a calcare in modo piuttosto fedele la trama del gioco originale, a dispetto anche del suo stesso sottotitolo, nonostante il finale di Remake sembrasse suggerire altro. Il che a mio avviso potrebbe essere un bene. Non perché la storia originale non andasse toccata in alcun modo, ma banalmente perché il modo in cui è stata toccata nella prima parte del remake era decisamente discutibile. Tuttavia dubito che sul lungo periodo non ci saranno stravolgimenti, e volendo alcuni indizi di potenziali modifiche alla trama si possono già intravedere. L’impressione continua a essere di un’amalgama che funziona molto bene quando deve riproporre luoghi, personaggi e avvenimenti storici, ma funziona molto meno bene e risulta meno coeso quando deve introdurre nuove aree, nuovo sottotrame, nuovi NPC. Bene sulle cose vecchie, meno su quelle nuove.

Tifa e Aerith in questo remake a episodi assumono ancora più importanza e spessore, oltre ad ammiccare più volte al giocatore in un tripudio di fan service.

Bisogna secondo me sottolineare come tutto nella comunicazione di Square Enix sembri voler dire ai giocatori che è possibile approcciarsi a questo Rebirth anche senza aver giocato nient’altro dell’universo di Final Fantasy VII. E be’, sì, volendo potreste, ma sono abbastanza convinto che non capireste la maggior parte delle premesse narrative – oltre a perdervi del tutto il fan service che è una delle componenti fondamentali di questo prodotto, qui come nel capitolo precedente. Con ciò non voglio dire di recuperare il gioco del ‘97 e spin off vari annessi, che mi rendo conto sarebbe un’impresa, ma consiglio caldamente di recuperare almeno la parte uno del remake.

Ha tutte le carte in regola per essere un buon gioco e un buon remake, seppure con una serie di problemi di design più o meno grandi

L’impressione finale che mi porto a casa da questa prova è che Final Fantasy VII Rebirth abbia tutte le carte in regola per essere un buon gioco e un buon remake, seppure con una serie di problemi di design più o meno grandi, esattamente come era stato il capitolo del 2020. Andrà valutato sul gioco finale se qui i problemi saranno più o meno grandi di quanto visto quattro anni fa, e che impatto si è scelto di dare alla trama rispetto a quella originale.

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