Ashen - Recensione

PC Xbox One

Inutile girarci intorno: Hidetaka Miyazaki e From Software hanno dato vita a un vero e proprio nuovo genere che fonde dinamiche prese in prestito dai cari vecchi dungeon crawler e dagli action in terza persona, senza dimenticare una progressione del personaggio in pieno stile gioco di ruolo. Con Demon’s Souls prima, ormai ben dieci anni fa, e soprattutto con Dark Souls poi, la compagnia giapponese ha tracciato un nuovo sentiero che in molti hanno provato a percorrere, con risultati spesso molto lontani dalle vette di eccellenze raggiunte da chi ha percorso per prima quella stessa strada.

Tra gli sviluppatori che hanno tentato di replicare la formula vincente dello studio nipponico troviamo anche i neozelandesi di A44, che sotto l’ala protettrice di Annapurna Interactive hanno dato i natali ad Ashen, un soulslike che, pur provando a rivisitare un minimo la ricetta originale, mantiene molti degli elementi cardine dei titoli targati From Software.

BEYOND THE DYING LIGHT

Una delle differenze principali che rendono Ashen una creatura con un’identità ben distinta da quella dei suoi illustri antesignani riguarda le modalità con le quali vengono narrate le vicende del gioco, nonché come lo sviluppo della trama vada di pari passo con l’evoluzione del mondo. Niente simbolismo, nessun messaggio criptico da decifrare, niente significati nascosti: tutto viene raccontato in maniera piuttosto cristallina dai personaggi che incontriamo durante l’avventura, in alcuni casi con il supporto di cutscene che lasciano davvero poco spazio all’immaginazione e all’interpretazione.

Ashen ci mette nei panni di un viandante impegnato a preservare la divinità della luce

Chiaramente ispirato alla mitologia norrena, Ashen ci mette nei panni di un viandante impegnato a preservare la divinità della luce, un enorme uccello leggendario che risorge proprio nelle battute iniziali del gioco, illuminando nuovamente un mondo rimasto per troppo tempo immerso nell’oscurità. Il mitologico pennuto è però ancora troppo debole, e pertanto suscettibile agli attacchi delle creature che ne anelano la distruzione: inutile dire che lo scopo del gioco è proprio quello di eliminare questi esseri delle tenebre ed evitare che il mondo venga nuovamente avvolto dalle ombre.

FAR FROM REFUGE

Abbandonate le atmosfere decadenti e criptiche dei Souls, le fondamenta ludiche su cui si poggia Ashen sono invece le medesime del franchise realizzato da From Software. In particolare, il combattimento assume una dimensione tattica non indifferente nel momento in cui gli scontri riguardano spesso una manciata nemici, tutti dotati di attacchi in grado di mandarci al creatore in pochi secondi, a cui bisogna far fronte con fendenti, schivate e parate che devono necessariamente tenere conto del limite della resistenza del protagonista. Rimanere a secco di stamina nel bel mezzo di una mischia, difatti, porta spesso alla morte.

l’Asilo del Ramingo diventa l’emblema stesso della rinascita di un mondo baciato nuovamente dalla luce

Chi è però alla ricerca di un titolo in cui è possibile personalizzare la propria build distribuendo punti preziosissimi tra le diverse caratteristiche del personaggio rimarrà di sicuro deluso: in questo caso gli unici parametri che possono essere modificati sono i punti vita e la resistenza, ma questi possono crescere soltanto portando a termine gli incarichi principali e secondari, oppure raccogliendo degli specifici oggetti collezionabili in giro per il mondo di gioco. Le scorie accumulate uccidendo i nemici – l’equivalente delle anime dei Souls – possono essere spese solamente per migliorare l’equipaggiamento. Ed è proprio nella modifica di armi, armature e talismani che risiede la personalizzazione dell’alter ego: per ritoccare le statistiche relative a danno inflitto o possibilità di provocare danni critici, per esempio, bisogna tenere bene sotto controllo i vari bonus (e gli eventuali malus) forniti da questi oggetti. Si tratta quindi di un meccanismo abbastanza semplificato che rende l’esperienza di gioco molto più leggera e relativamente spensierata, a discapito chiaramente della profondità. Da notare, poi, che tutte le dinamiche di customizzazione del personaggio passano attraverso un hub al cui interno trovano dimora i vari personaggi incontrati durante il viaggio. L’Asilo del Ramingo, infatti, accoglie tutti quegli NPC disposti ad aiutarci nella nostra missione. È così che questa location, la prima incontrata dai giocatori, cresce di pari passo con l’eroe: da piccolissimo accampamento a vero e proprio villaggio, l’Asilo del Ramingo diventa l’emblema stesso della rinascita di un mondo baciato nuovamente dalla luce.

DARKFALL

Un’altra differenza – sicuramente la più importante – che rende Ashen un titolo relativamente distante dalle dinamiche dei Souls è l’enfasi sul gioco cooperativo, e qui purtroppo è davvero impossibile evitare di muovere critiche nei confronti degli sviluppatori. Se si gioca in solitaria, quindi disabilitando l’opzione per il multiplayer dal pannello delle impostazioni, veniamo costantemente accompagnati da un NPC che segue tutti i nostri passi, aiutandoci a superare alcuni semplici ostacoli ambientali, nonché dandoci una mano durante gli scontri con i mostri che popolano le varie regioni e i diversi dungeon. In questo caso l’intelligenza artificiale è estremamente basilare: il compagno gestito dall’IA si limita a caricare a testa bassa e a tentare di rianimarci in caso dovessimo cadere in battaglia, svolgendo spesso il ruolo di una banalissima pedina sacrificabile.

il compagno gestito dall’IA si limita a caricare a testa bassa e a tentare di rianimarci in caso dovessimo cadere in battaglia

Nel caso in cui si decida di abilitare il multiplayer, invece, è facile che si finisca accoppiati a un altro giocatore in carne e ossa. Peccato che non vi sia modo di comunicare in maniera chiara con l’altro utente, se non chiedendo – spesso invano – a quel giocatore di seguirci. Ne consegue che spesso ognuno continua a fare ciò che stava facendo prima di finire nella partita dell’altro; tuttavia è chiaro che il gioco sia stato pensato per essere affrontato in compagnia di un’altra persona: lo dimostra il numero di nemici presenti sullo schermo, per non parlare delle dimensioni di alcuni dungeon, o delle caratteristiche dei boss principali. Vi è poi il caso in cui ci si imbatta in un giocatore che ha effettivamente intenzione di collaborare, ma che improvvisamente, magari proprio nel bel mezzo di una situazione particolarmente complessa, si disconnette lasciandoci da soli in balia dei mostri, condannandoci a morte certa. Inutile dire che, alla luce di quanto appena detto, è consigliabile disabilitare l’opzione relativa al multiplayer.

Chiudono il cerchio un’estetica complessiva decisamente anonima e poco ispirata, probabilmente a causa dell’ormai inflazionata grafica low-poly, e una varietà di nemici particolarmente scarsa. Buono invece il comparto sonoro: le varie tracce ambientali contribuiscono a delineare un’ambientazione eterea e a fornire la sensazione di un mondo che si sta pian piano risvegliando da un lunghissimo letargo.

Ashen è un soulslike atipico che pone l’accento sulla co-op, peccato che il gioco cooperativo non funzioni sempre alla perfezione, facendo sì che la caratteristica principale del titolo sviluppato da A44 sia poco convincente. In generale, ci troviamo di fronte a un emulo edulcorato dei prodotti From Software, adatto principalmente a chi è alla ricerca di un’esperienza senza molte pretese, purtroppo molto lontana dalle vette di eccellenza raggiunte dalla Miyazaki e compagni.

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Pro

  • Buona narrazione.
  • Il senso di progressione è tangibile grazie allo sviluppo dell’hub.
  • Perfetto per chi si avvicina per la prima volta al genere.

Contro

  • Il multiplayer cooperativo online raramente funziona come dovrebbe.
  • Scarsa varietà e caratterizzazione dei nemici.
  • Esteticamente anonimo.
7

Buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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