Astro Bot: Rescue Mission - Recensione

PS4

I Bot di Sony sono in un certo senso l’equivalente dei Rabbids di Ubisoft: si tratta di una masnada di robottini spensierati che passano il loro tempo a divertirsi, a parte quando finiscono nei guai per i motivi più disparati. Mentre i loro cugini dell’azienda francese hanno una connotazione più sul pazzerello tendente al fuori di testa, i Bot puntano tutto sull’essere adorabili e super carini.
In Astro Bot: Rescue Mission la loro nave spaziale viene attaccata e danneggiata da un mostro verde che si porta via il loro visore di realtà virtuale e disperde quasi tutti i robottini a bordo dell’astronave, lasciando un unico superstite: Captain Astro. A lui spetta quindi il compito di recuperare tutti i suoi compari nei cinque pianeti dove sono finiti.

EFFETTI VIRTUALI E NON SOLO

Ciascun mondo è costituito da cinque livelli (quattro più boss fight, per essere precisi) dove guidiamo Captain Astro secondo i tradizionali schemi dei platform game. Noi impersoniamo una sorta di robot di supporto, che segue il piccolo Bot e in alcuni casi lo aiuta attivamente. Le occasioni in cui il gameplay sfrutta il visore come elemento di gioco sono divertenti ma limitate. Capita di tirare testate per distruggere certe barriere, o dover palleggiare con robot calciatori nemici; ogni momento in cui si incontra una nuova meccanica di gioco è sempre accompagnato da un istante di meraviglia e puro divertimento per aver fatto qualcosa di inaspettato e fuori dagli schemi, motivo per cui sarebbe stato apprezzabile un uso più frequente di queste idee.

A Captain Astro spetta il compito di recuperare tutti i suoi compari nei cinque pianeti dove sono finiti

Ci sono comunque altri aspetti dove Astro Bot: Rescue Mission rompe i canoni e sfrutta la sua natura di esclusiva Sony per introdurre qualche novità: spesso nel corso dell’avventura il DualShock diventa parte attiva e va puntato fisicamente verso l’area di gioco; può essere usato per esempio come torcia per illuminare elementi altrimenti invisibili, o per lanciare funi sfruttate dal nostro robottino per proseguire nel livello. Tutto ciò è possibile solo grazie alla tracciatura del controller da parte della PlayStation Camera, che gli sviluppatori sanno di poter sfruttare visto che è un requisito per il funzionamento di PS VR, ed è proprio in questi momenti che riescono a confezionare le sequenze di gioco più alte e coinvolgenti. Lungo i livelli sono sparsi i nostri compagni da recuperare e per individuarli serve spesso spostare lo sguardo al di fuori del percorso principale, visto che di solito si trovano in aree periferiche. In tal modo il giocatore assume il controllo diretto della telecamera tramite i propri movimenti; in generale la gestione del punto di vista è buona e alterna momenti con visuale classica dietro il protagonista ad altri dove rimane più distante o sfalsata sull’asse verticale rispetto all’azione. Nella maggior parte dei casi il risultato è positivo e sono rare le situazioni in cui si sbaglia un salto per non aver capito la posizione relativa della piattaforma dove atterrare. Il salvataggio di alcuni robottini offre alcuni momenti di sfida in un gioco altrimenti semplice. Anche se non è necessario recuperarli tutti, ho sempre fatto il possibile per riuscirci visto che mi sarebbe dispiaciuto troppo lasciare indietro quei simpatici esserini. Anche le movenze ed animazioni del nostro Capitan Astro sono adorabili e contribuiscono alla generale atmosfera di giocosità del titolo, anche sottolineata da una colonna sonora leggera e piacevole.

Il giocatore assume controllo diretto della telecamera tramite il proprio sguardo

Diverse scelte di design portano al livello generale di difficoltà molto basso già accennato: il posizionamento delle piattaforme non richiede precisione di salto millimetrica e i nemici sono nella maggior parte dei casi quasi innocui. Solo negli ultimi due mondi ho notato un leggero aumento della sfida, ma rimaniamo comunque su standard bassi per gli esperti del genere. Inoltre, le vite a disposizione sono infinite e la collocazione dei check-point generosa, il che porta a tratti a un calo dell’attenzione: mi è successo diverse volte di morire per distrazione, conscio che il fallimento non avrebbe avuto alcuna conseguenza.

LUCI E OMBRE DI MILLE MONDI

I livelli da affrontare sono molto vari e cambiano di continuo, anche se sono piuttosto derivativi: ci sono quelli nella giungla, quelli sul vulcano, quelli subacquei, e via così; quantomeno sono alternati in maniera intelligente e quindi ogni scenario non viene a noia. Nel corso della “campagna”, gli stage si sviluppano in modo per lo più classico e di rado ci imbattiamo in meccaniche di gioco diverse. A fare da contraltare, sono molti i livelli bonus da sbloccare, alcuni dei quali offrono sprazzi di gameplay meno tradizionale che spezza il ritmo per garantire un’alternativa valida all’offerta principale.

Diverse scelte di design portano al livello generale di difficoltà molto basso

La grafica non farà gridare nessuno al miracolo, ma è curata e trasmette bene la sensazione di spensieratezza che Astro Bot: Rescue Mission ci dona in ogni minuto di gioco: ogni elemento e colorato e “cartoonoso”; neanche i livelli con fantasmi e pipistrelli cercano lontanamente di far paura. In più qua e là capitano alcuni scorci notevoli, anche grazie a un buon livello di profondità di campo, non scontato per essere un titolo in VR. L’interfaccia è quanto di più pulito e azzeccato si possa immaginare per la realtà virtuale: a schermo non è presente nessun tipo di indicatore e l’unico elemento “esterno” è la rappresentazione del DualShock, che comunque, come già detto, diventa spesso parte integrante del gioco e quindi deve essere visibile. Alla conclusione di ogni mondo ci aspetta una boss fight, con mostri giganti che coprono la quasi totalità del nostro campo visivo. La loro presentazione non è affatto male, ma mi sarei aspettato di più dagli scontri veri e propri: ognuno di essi si sviluppa lungo la stessa identica iterazione (schiva, stordisci, colpisci), già vista e rivista in mille salse. La staticità di questi duelli è un’occasione persa per sfruttare l’immersività della realtà virtuale, che avrebbe potuto mettere più pepe e memorabilità a questa pur godibile esperienza.

Gli sviluppatori first party Japan Studio dimostrano con Astro Bot Rescue Mission competenza nel campo della realtà virtuale, con un’interfaccia di gioco ideale e un utilizzo della camera che solo di rado forza il giocatore ad errori non propri. Divertenti le idee che vedono protagonista il DualShock. Molto riuscita anche la generale sensazione di giocosità, grazie ai Bots, assolutamente adorabili. Forse gli sviluppatori hanno pensato a un pubblico molto giovane, il che spiegherebbe il livello di difficoltà molto ridotto. Ciò limita l’appetibilità del titolo a un pubblico esperto, che avrebbe apprezzato situazioni di gameplay più varie. E’ comunque positivo vedere produzioni di questo tipo per la realtà virtuale, che con qualche affinamento e iterazione possono arrivare a livelli di eccellenza.

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Pro

  • Animazioni spassosissime e atmosfera giocosa.
  • Ottimo uso del controller DualShock come componente attivo di gioco.
  • I livelli bonus offrono qualcosa in più del solito platforming.

Contro

  • Mancanza di mordente a causa del basso livello di sfida.
  • Boss fight noiose.
  • I livelli di gioco non offrono niente che non si sia già visto.
7.8

Buono

Dopo traverse vicende in alcune cittá italiche, il nostro Solar Nico é sbarcato in terra d’Albione. Se da una parte ancora si da alla ricerca matta e disperata di un parco (ma anche un praticello va benissimo) per approfittare di qualsiasi mezza giornata di sole londinese, dall’altra Nicoló ha rassegnato ogni speranza all’idea di stare al passo della propria, sempre crescente, libreria Steam.

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