Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land – Recensione

PC PS4 PS5 Switch Xbox One Xbox Series X

Dopo l’abbagliante successo della trilogia di Atelier Ryza, era chiaro che Gust e Koei Tecmo dovessero puntare su un ulteriore rinnovamento della formula alla base del loro JRPG a tema alchemico. Ispirandosi ai sempre più popolari gacha-games cinesi disponibili per dispositivi mobili e console, la saga di Atelier raggiunge un nuovo culmine produttivo proprio con Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land.

Sviluppatore / Publisher: Gust / Koei Tecmo Prezzo: € 69,00 / Localizzazione: Testi in inglese  Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile su: PC (Steam), PS5, PS4, Nintendo Switch, Xbox One, Xbox Series S|X  Data di lancio: 21 Marzo

Non sorprende il netto miglioramento tecnico raggiunto da Gust: è evidente come Koei Tecmo stia rivalutando a fondo il proprio catalogo, e se già qualche tempo fa avevamo elogiato i passi avanti fatti dal leggendario musou di Omega Force, anche in questo caso è impossibile non notare un salto di qualità sotto il profilo meramente produttivo. Se confrontato con i capitoli precedenti, Atelier Yumia sembra quasi appartenere a una nuova generazione di console, sia per ambizione che per realizzazione tecnica.

il nuovo capitolo di Atelier ci mette nei panni della giovane Yumia, un’abile alchimista

Lasciando quindi da parte le tipiche ambientazioni bucoliche della serie e le sue protagoniste dal fare adolescenziale, il nuovo capitolo di Atelier ci mette nei panni della giovane Yumia, una abile – e ammettiamolo pure, alquanto procace –  alchimista al soldo di un team di ricerca che sta investigando le rovine di una civiltà passata nel continente di Aladiss. Diversamente dagli universi pastello dei più noti episodi passati, nel mondo in cui prende il via la storia di Yumia l’arte dell’alchimia non è vista di buon occhio; il suo utilizzo è spesso avvertito con sospetto e fastidio, e anche a fronte di ovvi guadagni, coloro che sono in grado di manipolare l’energia elementale per creare oggetti o declinare le forze della natura a loro piacimento vengono considerati portatori di sventura. La passione della giovane protagonista è in ogni caso legata ad una ricerca personale, legata al suo tragico passato e alla perdita della figura materna, vero e proprio perno attorno al quale ruota l’intero personaggio di Yumia.
Come ci si aspetterebbe la giovane è assistita da un nutrito cast di co-protagonisti – tutti caratterizzati dal ricercato character design dell’illustratore giapponese Benitama – e benché le interazioni tra questi rimangano un elemento centrale dell’esperienza, Atelier Yumia non si fa alcun problema a proporre un intreccio narrativo dai toni anche drammatici, con più mordente del solito e un senso di minaccia decisamente più incidente che in passato.

Le atmosfere slice of life sono state messe da parte, puntando al mistero investigativo di Yumia

Le atmosfere squisitamente
slice of life dei capitoli passati sono state quindi messe da parte per concentrarsi in modo più deciso sul mistero dietro l’investigazione di Yumia, in perenne conflitto sulla natura dell’alchimia. Questa rinnovata priorità nel portare avanti la narrazione ha tuttavia comportato una netta riduzione del tempo dedicato alla caratterizzazione dei comprimari. Benché sempre presenti e incidenti nella storia – con estremi esempi nell’arco finale -, la mancanza di parentesi dedicate esclusivamente alle loro storie e alla possibilità di fare respirare le loro personalità ha un po’ appiattito l’esperienza; ciò detto, Yumia e i suoi compagni affrontano veri e propri archi narrativi coincidenti con lo sblocco di diverse regioni esplorabili. E che regioni!

25 ALCHIMISTE E UNA NUOVA ARRIVATA…

Gust ci aveva provato con Atelier Firis tempo addietro, ma è solamente con questo capitolo che l’esplorazione ha sposato in modo definitivo una formula open world al passo coi tempi, proponendo aree esplorabili in lungo e in largo grazie ad una rinnovata mobilità della protagonista e tanti piccoli accorgimenti, come l’inclusione di punti d’interesse scovabili nei punti più impensabili, compiti secondari da portare a termine, e strumenti che agevolano attraversamento di lunghe distanze. Raggiungere sporgenze e superare ostacoli apparentemente insormontabili non è mai stato così semplice, e sbloccando punti di interesse rimane sempre possibile agire sul viaggio veloce per agevolare il prosieguo dell’avventura. Dedicarsi alla raccolta di ingredienti rari, alla caccia di nemici potenziati, o ancora alla pesca oppure la risoluzione di semplici enigmi ambientali senza incorrere in caricamenti, o sottostando a limiti temporali è un approccio del tutto nuovo per la serie Atelier, specie in questa forma che propone tutte le attività disponibili con grande coesione. 

Costruire la propria base non è così importante, ma chi volesse dilettarsi troverà un robusto sistema di costruzione.

Per molti versi questo approccio potrebbe portare alla mente di molti l’esperienza vissuta in titoli free-to-play del momento, come l’arci noto Genshin Impact, ma se non altro tutti gli elementi propri della saga Atelier sopravvivono alla rivoluzione apportata al gameplay. Il processo alchemico è come di consueto il punto forte quando ci si trova all’interno di una delle proprie basi,  in questo capitolo edificabili e personalizzabili anche in punti precisi della mappa mentre ci si sposta durante il prosieguo dell’avventura; è anche possibile creare con l’alchimia leggera oggetti più semplici ovunque ci si trovi, come ad esempio proiettili di tipo differente per permettere a Yumia di utilizzare la sua arma dalla lunga distanza, magari per verificare le caratteristiche di un nemico.

L’approccio potrebbe portare alla mente alcuni titoli free-to-play del momento, come l’arci noto Genshin Impact

Quando invece ci si dedica seriamente all’alchimia classica è ancora possibile influenzare la qualità e le caratteristiche degli oggetti creati utilizzando diversi ingredienti. Si possono espandere gli slot di personalizzazione, contribuire ad effetti aggiuntivi e persino migliorare le ricette base per godere di effetti passivi garantiti, soprattutto rintracciando le particelle di memoria che si possono scovare esplorando il mondo di gioco. Il videogioco include come di consueto un forma di tutoraggio iniziale e una serie di documenti testuali consultabili in qualsiasi momento, ma nel caso lo si volesse ci si può anche affidare ad un sistema di creazione automatizzato partendo da criteri come ad esempio la qualità migliore ottenibile con gli ingredienti disponibili. In generale la sensazione è che la meccanica alchemica sia stata resa maggiormente dipendente da oggetti ottenibili al di fuori del processo di crafting durante l’esplorazione – come banalmente livellare le ricette dei singoli oggetti -, ma d’altronde la chiave del successo in combattimenti negli Atelier è sempre un po’ stata la creazione di equipaggiamenti esageratamente potenti sfruttando in modo oculato l’alchimia. Semplicemente, in Yumia, ciò è reso più semplice e veloce. 

GLI INGREDIENTI PER IL SUCCESSO

Così come il sistema di alchimia, anche il sistema di combattimento proposto in questo capitolo riprende la tematica “sinergia” collaborativa dei guerrieri schierati sul campo, ma propone un’esperienza più action, e non più basata sui turni. Quando s’incontra un nemico sul campo i membri del party si schierano attorno ad esso, potendosi muovere su due file: una riservata agli attacchi corpo a corpo, e l’altra per le tecniche di combattimento a distanza. Al tempo stesso, è possibile muovere il personaggio controllato restando attorno all’obiettivo, ed è quindi compito del giocatore schivare tecniche nemiche (ben evidenziate da indicatori colorati) o parare e controbattere con oggetti e abilità offensive. Ogni tecnica a disposizione dei personaggi è affidata ad un tasto e il gameplay permette di combinare diversi colpi sottostando ad un cooldown delle tecniche segnalato dall’animazione di un’icona a riempimento, in pieno stile gioco mobile. I nemici possono essere fermati utilizzando tecniche specifiche – segnalate da chiare icone -, mentre il giocatore può in ogni momento decidere di passare al controllo di un altro membro del party per accedere a nuove tecniche, e potenziali oggetti equipaggiati differenti. 

Colpire dalla distanza nemici e ingredienti è facilissimo, ma gli effetti possono variare a seconda dei proiettili utilizzati.

Pur apparendo estremamente appagante e coreografico – anche grazie ad un oculato utilizzo di effetti grafici atti ad impreziosire gli scontri – abbiamo potuto verificare un certo appiattimento generale delle logiche strategiche in atto, anche rapportandolo alla trilogia di Rysa, o il recente Atelier Sophie 2. Non che la serie Atelier si sia mai distinta per combattimenti particolarmente memorabili (almeno fino al post-game), ma complice un bilanciamento tale da regalare level-up come se piovessero all’inizio dell’avventura e una curva di difficoltà decisamente ridotta al livello di sfida normale, l’unica cosa che possiamo consigliare nel caso si stesse cercando un’esperienza di gioco maggiormente impegnativa è di selezionare il livello di difficoltà più alto fin dalla prima partita. In caso contrario anche solo dedicarsi al completamento degli alberi dell’abilità potrebbe sembrare del tutto superfluo.

Siamo di fronte al culmine tecnico della serie Atelier, con ambientazioni vaste, ottimi fenomeni atmosferici e modelli in cel shading ben fatti

Dal punto di vista tecnico, come anticipato in apertura, siamo di fronte al punto più alto della serie Atelier: le ambientazioni sono vaste e caratterizzate da fenomeni atmosferici che ne delineano colori e atmosfera in continua trasformazione, mentre i modelli in cel shading dei personaggi appaiono estremamente ben fatti, e finalmente arricchiti da un comparto animazioni in grado di evitare il tipico effetto “bambolotto dallo sguardo spento” che era ancora possibile avvertire in alcuni recenti videogiochi sviluppati da Gust. La direzione artistica potrebbe invece essere avvertita come forse un po’ troppo generica, specie se ci si spinge al confronto con altri titoli open world in stile anime del momento; tuttavia, è doveroso riconoscere i passi avanti compiuti da Gust sul piano prettamente tecnico, anche laddove character design e modellazione degli ambienti risultasse derivativa – e non sono pochi gli scorci rubacchiati da titoli open world similari, come ad esempio The Legend of Zelda Breath of the Wild – . Sulla configurazione di prova da noi utilizzata il titolo si è comportato bene in ogni momento, pur riconoscendo un certo singhiozzo del motore grafico nella prima ora di gioco, successivamente risolta. Il dubbio è che alla base ci fosse un caricamento degli shader non segnalato, anche perché dopo la primissima parte del gioco il gameplay è sempre filato liscio anche alla risoluzione video più alta disponibile.

In Breve: Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land Atelier Yumia rappresenta un punto di svolta per la serie, proponendo un’esperienza più ambiziosa rispetto ai capitoli precedenti. La formula open world solamente tentata in passato è riuscita finalmente a realizzarsi seguendo la strada spianata dai titoli gacha più in voga del momento e la decisione di rendere la narrazione e il gameplay della serie maggiormente in linea con ciò che ci si aspetterebbe da un classico JRPG non potrà che incontrare sicuramente le preferenze di un pubblico più vasto. Rimane un peccato che il livello di difficoltà medio rimanga risicatissimo, ma contiamo sulla possibilità che il bilanciamento possa essere rivisto con patch o ricalibrato nei capitoli successivi.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: i7 13700K 3.40 GHz, NVIDIA RTX 4090, RAM 32GB, SSD
Com’è, Come gira: 4K e un contatore FPS sempre a 120fps. Il gioco offre supporto anche a tecnologie come Intel XeSS.

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Pro

  • Atelier diventa, infine, open world! / Profilo tecnico finalmente in linea con i prodotti odierni / Modello esplorativo divertente e appagante

Contro

  • Potrebbe alienare gli appassionati degli Atelier classici / Livello di sfida davvero basso / Character design e direzione artistica meno memorabili se rapportati ad Arland e Dusk
8

Più che buono

C'è chi dice che nella sua stanzetta, dietro una mole spaventosa di fumetti d'epoca giapponesi, si celino misteri infiniti. Da sempre appassionato di videogame made in Japan e delle opere animate di Kunihiko Ikuhara, dategli un qualsiasi J-RPG e lo renderete un orsetto felice.

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