Cowboy Bebop - Recensione

“See you space cowboy” e scommettiamo che anche qualche dirigente Netflix, nel vedere quelle parole bianche su schermo nero a fine puntata dell’anime di Cowboy Bebop, si sia lasciato andare a qualche brivido di emozione, dunque, perché non farne una serie tv?

Tuoni e fulmini. L’idea di toccare Cowboy Bebop raggelò il sangue a moltissimi fan in tutto il globo, anche giustamente, giacché l’opera di Shinichirō Watanabe ha formato, ingolosito, fatto innamorare e sognare chiunque sia stato adolescente a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, chiusi nelle nostre stanze a trangugiare junk food e Anime Night di MTV.

Cowboy Bebop, con il suo stile sorprendentemente pop, sfacciato e romantico di Spike, ha impostato standard emulativi per ogni giovane che ha vissuto quella – purtroppo – breve epopea spaziale, con un piede nella fantascienza e l’altro nel pieno di una narrazione post-moderna dove gli eroi non erano macchie perfette, pulite, inossidabili, bensì reietti sparsi per l’intero sistema solare, ognuno con un suo passato e demoni da sconfiggere, a cacciare taglie per assicurarsi un pasto il giorno dopo.

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L’equipaggio della Bebop dunque era così, imperfetto, sporco, dozzinale, ma con una cifra stilistica che rendeva anche Ein, il piccolo Corgi, pieno di carisma da vendere a palate. Ecco il perché di un timore che ha mandato in crisi più di qualche semplice fan in tutto il mondo, dato che in qualche occasione il colosso dello streaming nelle sue produzioni ha altalenato prodotti con grande attenzione qualitativa ad altri di una mediocrità indifendibile.

la serie anime è un vero e proprio cult. netflix adopera una particolare forma di adattamento tipo copia carbone, facendola funzionare anche nella formula live action

Ebbene, la serie live action targata Netflix di Cowboy Bebop, a visione completata, si è dimostrato un prodotto assai riuscito e gradevole, pur con le sue limitazioni.

Partiamo subito da un concetto semplice e diretto, che in qualche modo raccoglie sia i pregi che i difetti maggiori dell’intera operazione, quello che credo sia l’elemento che dividerà sin da subito il pubblico già dal primo, riconoscibilissimo, episodio.

Pur di non risultare troppo travolgenti, ed evitare di rileggere totalmente l’opera originale, i creativi, con la supervisione e consulenza dello stesso Shinichirō Watanabe, hanno optato per una strada rischiosissima: creare una serie live action girata (per lo più) 1:1 dall’anime. Cosa vuol dire? Essenzialmente che gran parte delle puntate, del taglio fotografico, dei gesti, delle inquadrature e della costruzione della scena, sono prese pari pari dall’originale. Questo rende, almeno per i primi due-tre episodi, Cowboy Bebop un prodotto difficile da decifrare. Se avete visto l’anime, sicuramente apprezzerete il tentativo di creare fedelmente alcune situazioni, ma il rischio è perdere per strada chi non ha alcuna conoscenza di Spike, della sua ciurma e dello scontro con il Red Dragon.

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Oggidì siamo continuamente sottoposti ad alta e forte fantascienza. Recentemente proprio Villeneuve ha reso il suo Dune così fallace nella realizzazione della tecnologia presentata (rumori metallici, paratie che sembrano stritolarsi con l’atmosfera, una sci-fi lontana ma concreta, rotta, vicina a noi); ecco, quindi, che anche quando Spike spiega le ali della sua navicella personale a cui deve togliere manualmente la doppia sicura, si respira esattamente quel senso di estremo fascino presente nell’anime senza, tuttavia, proporre una contestualizzazione ben definita per il pubblico odierno.

Quest’ultimo – e qui entriamo nel territorio delle considerazioni assolutamente personali – dovrà arrivare necessariamente al giro di boa per capire concretamente le intenzioni del prodotto, quando il world building si mostra episodio dopo episodio. Criminali bizzarri, umani sparsi per tutto il sistema solare, l’alternarsi di puntate con stilemi spaghetti-western ad altre con forte noir (quella dedicata al passato investigatore di Jet è sublime nel semplicistico taglio cinematografico), tutto questo andrà metabolizzato poco per volta, ammesso che lo spettatore riesca (e non è detto) a percepire un fascino complessivo che va ben oltre le singole parti.

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Insomma, se siete già navigati dell’opera originale, sarà facile entrare nel mood che la serie presenta, mentre a tutti gli altri servirà del tempo, giacché non è un compito facile realizzare dieci episodi di questo calibro, rapire l’eredità di Cowboy Bebop e imprimerla nel ciclo di episodi, peraltro senza che la produzione di una seconda stagione aleggi subito nell’aria.

Come una magia eseguita una volta, mostrata e mai più ripetuta, era scontato ipotizzare che quella bellezza tutta unica nel suo genere non sarebbe mai potuta uscire dagli schemi della serie d’animazione, per cui è comprensibile la scelta di creare qualcosa di estremamente simile nell’esecuzione estetica e artistica. Nonostante tutto, però, il live action targato Netflix si rivela prodotto dal forte intrattenimento, chiaro e limpido nelle intenzioni e dunque mai tedioso, anzi, divertente per chi si diletterà a trovare le tante scene riproposte fedelmente.

nonostante ci siano diversi difetti, alla fine del ciclo di episodi si esce soddisfatti del lavoro eseguito su Cowboy Bebop

Qualche criticità ben più pesante è sul lato del casting, che vede solo John Cho come prima stella del gruppo di attori, che comunque ha un’età non indifferente (50 anni) e questo elemento anagrafico si mostra nelle scene di combattimento  e pura azione, dove il montaggio non riesce sempre a nascondere qualche lato goffo. Il resto del cast invece si amalgama bene pur senza far spiccare qualche personaggio in particolar modo, offrendo comunque un’interpretazione generalmente buona.

Allo stato attuale e senza conoscere ancora il futuro della serie, Cowboy Bebop è un ottimo incipit a cui serve più carattere, capire come proiettare la produzione nell’immediato futuro e concentrare al meglio le avventure di Spike e di tutta la ciurma della Bebop.

Cowboy Bebop sarà disponibile dal 19 novembre per tutti gli abbonati Netflix.

VOTO 7

cowboy bebop recensioneGenere: fantascienza, avventura
Publisher: Netflix
Regia: Alex Garcia Lopez, Michael Katleman
Colonna Sonora: 
Interpreti (doppiatori): John Cho, Daniella Pineda, Mustafa Shakir, Elena Satine, Alex Hassell
Durata: 10 episodi

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