Crackdown 3 - Recensione

PC Xbox One

Ci siamo, è davvero arrivato il momento di mettere le mani su Crackdown 3. Svelato con un breve teaser nel corso dell’E3 di quasi un lustro fa, per poi essere annunciato in pompa magna nell’ormai lontano 2015, negli anni successivi il gioco originariamente sviluppato da Reagent Games divenne una vera e propria chimera per Microsoft e per la divisione Xbox. Crackdown 3 venne più volte sbandierato dai manager della Casa di Redmond come un titolo che avrebbe fatto uso intensivo delle tecnologie di cloud computing, permettendo ai giocatori di distruggere qualsiasi cosa grazie alla condivisione dei calcoli tra console e server.

Oggi, dopo numerosi rinvii e un cambio di sviluppatori in corsa, di quelle promesse resta poco o nulla nel gioco ora firmato da Sumo Digital. La distruttibilità ambientale è stata accantonata nella campagna single player, relegata invece al solo comparto multiplayer –  Wrecking Zone – che tuttavia non è oggetto di questa recensione. Sull’argomento torneremo nei prossimi giorni dopo una prova approfondita di tutte le feature online, laddove la disamina che vi apprestate a leggere, e quindi la valutazione finale in fondo all’articolo, riguarda esclusivamente la campagna, modalità che in ogni caso rappresenta la vera ciccia di Crackdown 3.

JAXON LOVES YOGURT

La Terra è sotto attacco. Organizzazioni terroristiche che segretamente fanno capo alla misteriosa TerraNova Corporation hanno iniziato a bersagliare i principali centri abitati del mondo provocando dei blackout che hanno gettato l’umanità nel caos. Senza elettricità, gli abitanti delle maggiori città del pianeta si sono ritrovati a fuggire dalle loro case in cerca di un posto migliore dove vivere. Un posto come New Providence, una megalopoli costruita dal nulla proprio dalla TerraNova Corporation al fine di accogliere i tantissimi profughi. Un’isola in apparenza felice dove provare a rifarsi una vita lontano dai tanti problemi che attanagliano il mondo. Peccato che le speranze di una nuova vita siano solo uno specchio per le allodole, e che gli abitanti di New Providence si ritrovino così schiavizzati dalla TerraNova Corporation, dalla sua amministratrice Elizabeth Neimand e dai suoi luogotenenti, ognuno a capo di una diversa divisione della tentacolare compagnia.

Terry Crews presta fattezze e voce al Comandante Jaxon, donando al gioco una personalità altrimenti non pervenuta

Con queste premesse, la trama di Crackdown 3 si sviluppa secondo i più classici canoni del genere, con il nostro protagonista impegnato a smantellare passo dopo passo l’organizzazione criminale che domina dispoticamente New Providence con un mix di propaganda e pugno di ferro. A risollevare il tutto ci pensa il carisma di Terry Crews: l’attore che presta fattezze e voce al Comandante Jaxon dona al gioco una personalità altrimenti non pervenuta, diventando così l’unico elemento davvero degno di nota in una sceneggiatura fin troppo lineare e piena zeppa di cliché. Tra battutine e sberleffi ai danni dei nemici, spesso poco più che macchiette, l’attore americano riesce a strappare qualche sorriso quando salta agilmente da un grattacielo all’altro, o mentre fa brillare un intero stabilimento industriale. Sempre ammesso che si decida di giocare nei panni di Jaxon, ovviamente, visto che Sumo Digital ci permette di impersonare diversi eroi, offrendo una buona selezione iniziale di agenti, con altri sbloccabili previo ritrovamento del loro DNA nelle strade di New Providence.

BACK TO 2007

Per quanto riguarda la formula di gioco, questa è rimasta tutto sommato invariata rispetto ai due precedenti capitoli della serie. Come detto qualche riga fa, lo scopo è quello di mondare New Providence dalla presenza della TerraNova Corporation. Per fare ciò è necessario eliminare uno a uno tutti gli ufficiali al soldo di Elizabeth Nieman, i quali però usciranno allo scoperto solo dopo aver destabilizzato le loro attività nei rispettivi ambiti di competenza. Bisognerà quindi mettergli continuamente i bastoni tra le ruote assaltando centri di detenzione di dissidenti, radendo al suolo installazioni industriali, o magari conquistando le stazioni della metro utilizzate dai cattivi per trasportare merci e prigionieri. Inutile dire che l’opera di riconquista dei vari quartieri della città è estremamente monotona, questo perché le categorie di attività sono poche e devono essere ripetute allo sfinimento prima di sbloccare le missioni finali dei rispettivi luogotenenti. La varietà scarseggia, e lo spettro della noia è sempre dietro l’angolo.

Crackdown 3 si presenta come un action open-world ormai anacronistico

In questo senso, Crackdown 3 si presenta come un action open-world ormai anacronistico, probabilmente a causa dello sviluppo fortemente travagliato e dei numerosi rinvii. Persino la progressione del protagonista sulla base delle azioni svolte – anch’essa ripresa dalle precedenti incarnazioni del franchise – appare obsoleta, questo perché favorisce uno stile di gioco fortemente ripetitivo. Per intenderci, il livello delle abilità sale solamente se si utilizza un determinato approccio durante gli scontri: usando le armi da fuoco, per esempio, si accumula esperienza in quella categoria, mentre risolvendo i combattimenti con i cazzotti fa salire la padronanza delle capacità corpo a corpo e sblocca nuove abilità da sfruttare nelle mischie. Il problema è che l’esperienza sale molto lentamente, e quindi il senso di progressione quasi non si sente. Va detto che ogni agente può contare su dei bonus passivi in determinate categorie di abilità, ma sono spesso risibili, senza considerare che cambiando personaggio si perde l’opportunità di ascoltare le battute di Terry Crews.

NEON CITY

I segni del tempo si notano anche sul versante prettamente grafico, che purtroppo paga anch’esso lo scotto di uno sviluppo tutt’altro che sereno. Il conteggio dei poligoni è impietoso, le animazioni non appaiono sempre fluidissime e la qualità delle texture lascia a desiderare. Buoni invece gli effetti particellari, esplosioni in primis. In definitiva appare come un progetto molto più vicino alla fine della scorsa generazione di console, quasi cross-gen, che agli ultimi scampoli di quella attuale. Va detto che ci sono anche dei lati positivi in tutta questa faccenda. Crackdown 3 gira senza alcuna incertezza al massimo livello di dettaglio e in Full HD su un PC che rientra nei requisiti consigliati. Provando il gioco anche su Xbox One S ci si accorge di una pulizia decisamente impeccabile, senza alcun filo di aliasing e con un livello di dettaglio piuttosto ampio. Anche la stabilità del frame rate è buona su console, con qualche leggerissimo calo soltanto nelle situazioni concitate, quando cioè l’attività nemica diventa particolarmente incalzante.

È proprio quando la situazione si fa esplosiva che l’ultima fatica di Sumo Digital riesce a dare il meglio di sé

Ciò detto, se preso con leggerezza e senza particolari aspettative, Crackdown 3 si lascia giocare e riesce a divertire. Basta prenderlo a piccole dosi e puntare soprattutto a causare il pandemonio nelle strade di New Providence. È proprio quando la situazione si fa esplosiva che l’ultima fatica di Sumo Digital riesce a dare il meglio di sé. Piccola nota prima di concludere questa disamina: la localizzazione in italiano è – senza mezzi termini – allucinante. Il gioco non è doppiato nella nostra lingua ma tutti i testi sono tradotti nell’idioma dantesco, peccato che la traduzione sia spesso approssimativa. Il team che si è occupato della localizzazione ha sbagliato quasi tutte le traduzioni di termini che in inglese hanno un doppio significato: “replay” associato a un messaggio audio diventa “rigioca”, “destroy all tanks” in presenza di cisterne da far esplodere si trasforma in “sabota i carri armati”, ma la vera chicca è “minigun” che diventa per non si sa quale motivo “pistola compatta”. Da mettersi le mani nei capelli.

Crackdown 3 è un titolo che proviene direttamente dal passato, da un’epoca in cui gli action open-world puntavano principalmente sulla quantità di cose da fare, a discapito della qualità complessiva e della varietà delle situazioni poste dinanzi al giocatore. Ciò non significa che la formula proposta da Sumo Digital non funzioni, tutt’altro, ma si collega a una concezione ormai anacronistica di un genere che nell’ultimo periodo si è evoluto in qualcosa che va oltre la semplice ripetizione degli stessi incarichi lungo tutta la durata della campagna. Detto questo, Crackdown 3 rimane comunque un passatempo apprezzabile se preso a piccole dosi, giusto per fare un po’ di casino tra le strade di New Providence, basta tenere basse le proprie aspettative.

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Pro

  • In New Providence c’è tanto da fare.
  • È sempre bello impersonare una santabarbara ambulante.
  • C’è Terry Crews!

Contro

  • Formula di gioco non al passo coi tempi.
  • Graficamente appena sufficiente.
  • Localizzazione in italiano da far accapponare la pelle.
7.2

Buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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