DiRT Rally 2.0 - Recensione

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Appena tolto il freno a mano e schiacciato a fondo l’acceleratore, con le prime curve che cominciavano a susseguirsi in differita rispetto alle indicazioni del mio copilota, una sensazione ha cominciato a prendere forma. C’era qualcosa di diverso nell’alchimia di questo DiRT Rally 2.0 rispetto al suo predecessore. All’inizio sembrava più educato, meno estremista e terrificante, quasi democristiano, a metà strada tra il DiRT multi-disciplina e quel defibrillatore rallistico che nel 2016 rianimò tutti i fanatici dello sterrato virtuale. Poi ha cominciato a prendere forma la realtà e col passare delle ore le paure di un prodotto più accessibile e pavido si sono sciolte, in un flusso di coscienza disordinato tra le ere del rally che ha portato a galla l’incredibile lavoro di cesello su un sistema di guida già eccelso.

Perché alla fine c’è davvero qualcosa di diverso, un abito di seta cucito su misura da Codemasters alla sua più affascinante musa, che va ad ammorbidire il sistema di controllo rendendolo più preciso e reattivo, perfetto per lottare ad armi pari contro cronometro, terreni sconnessi e velocità folli.

APNEA

A far nascere certe sensazioni preliminari sarà stato anche il ruolo da protagonista dato alla signora più bella del gala, quella Lancia Fulvia con cui si inizia la carriera, che con la sua eleganza innata ha esaltato immediatamente il lavoro svolto dai ragazzi britannici sulla messa a punto. DiRT Rally 2.0 è si più accessibile, ma per perfezionamento, non per semplificazione. Si nota soprattutto pad alla mano quanto la guidabilità sia cremosa, densa, pur con tutti gli aiuti rigorosamente disabilitati, merito anche del feedback visivo del volante animato a 360°, come in DiRT 4, che aiuta tantissimo nella gestione della sterzata. Un impatto decisamente meno traumatico di come fu tre anni fa, ma non meno potente a livello emotivo. Si guida costantemente in apnea, con un trasporto fisico totale che porta a sentire la gravità di certi tornanti, irrigidendo i muscoli e accompagnando la derapata con le spalle. Le cuffie portano la mente dentro l’abitacolo e il sound design lavora costantemente sulle nostre percezioni, anticipando di un millesimo di secondo una perdita di aderenza o un bloccaggio delle ruote, preparando le mani a cercare una soluzione che torni a bilanciare il destino della tappa. È un’esperienza di delocalizzazione sensoriale potentissima, ed è incredibile come si abbia la sensazione di vedere trasposta la nostra sensibilità su sterzo, freno e acceleratore in scala 1:1.

Si guida costantemente in apnea, con un trasporto fisico totale che porta a sentire la gravità di certi tornanti

Ci vuole pochissimo tempo a uscire dalla concezione di “gioco” in favore dell’esperienza, ritrovando il contatto col software solo dopo essersi schiantati contro un albero (con conseguente ottima gestione dei danni, a livello estetico e meccanico), emotivamente costretti a mettere in pausa e selezionare “ricomincia”, perché lasciare che una tappa finisca male in maniera genuina è bello, ma dominarla alla perfezione è meglio. E succede spesso, perché guidare una Ford RS200 del famigerato Gruppo B sulle stradine sterrate e velocissime della Łęczna County, in Polonia, è un’esperienza estrema e terrificante, capace di far sudare le mani e alzare gli occhi al cielo mormorando qualcosa di inelegante. I 60 fotogrammi al secondo marmorei sono fondamentali per concretizzare senso di velocità e di pericolo, lasciando poi il colpo di grazia a un track design sopraffino nella gestione del terreno, dalla morfologia al fondo stradale, passando per la nuova tecnologia di degrado progressivo dello stesso, dipendente da fattori esterni quali condizioni meteo e posizione di partenza. Ci si ritrova quindi a pesare ogni frenata, ogni colpo di freno a mano (godendosi il suo meraviglioso “clack” metallico), guardando con sospetto ogni dosso e assecondandoli con una gestione sempre più precisa dello sterzo, lasciando poi urlare il turbocompressore sui rettilinei, sgranando il rosario e godendo al tempo stesso. Bisogna sempre avere coscienza della posizione delle ruote, di come direzionarle dopo un salto e bloccarle quando serve, cercando di mantenere una fluidità costante e anticipando sempre il percorso. Ed è straordinario come ogni singola auto richieda un approccio differente, facendo sviluppare nel giocatore doti di guida camaleontiche per adattarsi ad ogni capriccio di queste meravigliose prime donne. Dagli anni ’60 alla nuova categoria Rally GT, che comprende mostri come la Porsche 911 (bonus pre-order, eccezionale da guidare), la Ford Mustang e una meravigliosa Aston Martin Vantage, roba da doppia libidine che impreziosisce il miglior garage mai visto in titoli di stampo rallistico.

È incredibile come si abbia la sensazione di vedere trasposta la nostra sensibilità su sterzo, freno e acceleratore in scala 1:1

Un altro livello di profondità è ovviamente dato dalle condizioni meteo, con la pioggia che non solo rende l’asfalto scivoloso in modo credibile (quindi ostico ma mai esagerato al limite dell’inguidabile), ma bagna letteralmente terra e ghiaia andando a creare una vera a propria resistenza sulle gomme, costrette agli straordinari per trovare grip e quindi a un lavoro di fino sull’accelerazione, che dovrà essere nettamente più morbida.

ESPERIENZA RATEIZZATA, IN COMODI DLC

C’è però da fare un appunto fondamentale alla selezione di location e condizioni affrontabili. Nel pacchetto base manca un rally su fondo innevato. Per me è sinceramente una cosa incredibile, perché per quanto siano bellissimi i sei eventi disponibili dal day one, non si può pubblicare un titolo rallistico senza almeno un evento di quel tipo. È l’essenza stessa della disciplina quella di affrontare ogni possibile condizione avversa, e se un acquirente non avesse intenzione di spendere altri soldi o acquistare l’edizione deluxe l’esperienza risulterebbe privata di un tassello fondamentale. Dal lancio del 26 febbraio e per le successive 11 settimane (quelle della prima stagione di contenuti aggiuntivi) ci sarà un continuo rabbocco di contenuti, tra cui Rally di Montecarlo il 26 marzo (asfalto ghiacciato e neve), Svezia il 23 aprile (neve) e Germania (asfalto) il 21 maggio, tutti in arrivo aggiornati dal primo DiRT Rally, più ulteriori auto. Perché quindi non includere almeno Montecarlo o Svezia nel pacchetto base, escludendo magari l’Australia, molto simile al poco conosciuto rally di Nuova Zelanda e non altrettanto divertente/scenografico? È una scelta che fa storcere il naso, perché anche io mi sarei potuto fare un’idea ancora più precisa del lavoro svolto sull’aggiornamento dei vari terreni. Oltretutto mancano inspiegabilmente anche quattro tappe del campionato Rallycross, di cui DiRT Rally 2.0 vanta la licenza ufficiale. Non me lo spiego.

Nel pacchetto base manca un rally su fondo innevato, una cosa sinceramente incredibile che sottrae una condizione essenziale nel rally

Detto questo, sarà anche merito di un Ego Engine ripulito (mea culpa se in sede di anteprima l’ho trovato un po’ sciupato, sarà stata un’impressione sbagliata o una build ancora acerba) e della solita ricerca di tappe stimolanti e coreografiche, ma da vedere, oltre che da percorrere, i sei rally base sono un vero spettacolo. I tracciati argentini sono talmente sinuosi e tecnici da sembrare le anse di un fiume in secca, scavati come sono tra due pareti di roccia capaci di renderli corridoi letali ad ogni accenno di insicurezza. Un paesaggio brullo, assolato, di grandissimo impatto che si contrappone alla lussureggiante costa neozelandese, con ampie sezioni immerse nella foresta pluviale che si aprono improvvisamente per lasciare scorgere la baia sottostante. Un caleidoscopio verde-rosso-azzurro che ricorda quanto questa disciplina dipenda dalla natura stessa. L’unico Rally interamente su asfalto è quello immerso tra i vigneti di Ribadelles, Spagna, con strade collinari velocissime interrotte da placidi paesini rurali in cui riprendere fiato per poi tornare a spalancare il gas. Un rally preso di peso dall’ultimo DiRT 4 e migliorato sensibilmente, così come il rosso scenario australiano, cremisi come le foglie che colorano gli alberi del New England, perfetto per prendere le misure con la disciplina, con strade abbastanza battute e affidabili. L’esatto opposto della già citata Polonia, verdeggiante e rassicurante fuori dall’abitacolo, un vero incubo dentro, soprattutto quando il sole svanisce all’orizzonte, esaltando il sistema d’illuminazione, e la pioggia recita il suo incantesimo verso il terreno. È chiaro che con queste basi, già al termine della prima stagione di DLC DiRT Rally 2.0 avrà superato il suo predecessore sotto quasi tutti i punti di vista.

RALLY DA COMBATTIMENTO

L’altra faccia del pacchetto è naturalmente il campionato FIA World Rallycross, smembrato di quattro tracciati rispetto alla realtà ma comunque un ottimo diversivo dalle gare tradizionali. Circuiti compatti, quasi da kart, stretti, tecnici, insidiosi, popolati dalla peggior “feccia” del panorama rallistico virtuale. Sporca, cattiva, spietata, l’IA in queste gare non molla un centimetro. Ci si ritrova costantemente spalla a spalla, assediati, speronati, alla guida di auto nervose e incredibilmente reattive. Il tamponamento è una costante e ogni curva è un tiro di dado per decretare chi ne uscirà intero. Si gioca tutto sul filo del rasoio tra l’elettrizzante e il frustrante (ovviamente oltre una certa difficoltà, diciamo settata su 80), complice anche l’organizzazione degli eventi, con ben quattro turni di qualifiche, semifinali e finale. È un titolo che in generale richiede tantissime energie che andranno poi inevitabilmente a prosciugarsi. Ci si stanca, si soffre e si esulta per aver strappato la tappa agli avversari per un secondo. Si viene puniti e si reagisce, ci si riprova per il puro piacere della guida, per quello che riesce a dare un tornante pennellato alla perfezione, una serie di dossi domata, il ruggito di una Stratos, il groppo in gola di una Impreza del ’95. È virtuale ma è ciò che più si avvicina alle emozioni di uno sport eroico, alla sua tensione e adrenalina. Ed è bellissimo.

Codemasters è riuscita a perfezionare un modello di guida già spettacolare tre anni fa, rendendolo più reattivo, godibile e morbido, lanciando DiRT Rally 2.0 verso il trono di miglior opera virtua-rallistica di sempre. Lanciando, perché al day one, senza eventi sulla neve, al titolo manca un tassello fondamentale. Al netto di queste considerazioni, questo 2.0 è il simulatore di rally più raffinato sul mercato, con una gestione dei terreni fuori di testa capace di interagire con ogni elemento meccanico di un parco auto pornografico. È questo che rende DiRT così grande, la sua capacità di trasmettere sensazioni autentiche anche senza bisogno di un playseat, stimolando vista, udito e tatto, illudendo il cervello di trovarsi su quella strada, a 150km/h sulla ghiaia. Una sensazione per cui vale la pena pagare, anche i DLC.

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Pro

  • Guidabilità eccezionale.
  • Gestione dei terreni clamorosa.
  • Sound design avvolgente e grafica solidissima.

Contro

  • Non è accettabile la mancanza di rally su neve al day one.
  • Hillclimb tagliato dal primo capitolo.
8.8

Più che buono

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