Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato - Recensione

3DS

Dragon Quest VII Frammenti di un mondo dimenticato immagine 3DS 05_2Poco più di una settimana fa vi parlavo di come il remake di ArtePiazza sia riuscito a svecchiare e a donare nuova linfa vitale a Dragon Quest VII, uno dei J-RPG più lunghi e controversi di sempre. Il settimo episodio della serie, infatti, meritava senza ombra di dubbio un make over che riuscisse a restituire ai personaggi e alle loro avventure una dignità estetica capace di cancellare definitivamente i ricordi della versione originale, pubblicata nei primi anni 2000, ma per molti versi tecnicamente inferiore anche al capitolo precedente per Super Nintendo. Niente paura, quindi, Square Enix ha la soluzione a tutto! In un’operazione assimilabile a quella che vide il quinto (amatissimo!) episodio approdare su PlayStation 2 in un’inedita veste poligonale, tocca ora ai tre birbanti protagonisti del settimo capitolo far parlare di sé in Europa, regione ancora ignara di cosa l’attenda in questo capitolo della serie, oltretutto ultimo a giungere nel Vecchio Continente.

UN’AVVENTURA DRAGONICA!

Come già detto nell’hands on di qualche giorno fa, la struttura di Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato è composta da mini archi narrativi che, una volta uniti, raccontano la storia di un mondo in frantumi, ancora una volta corrotto dalle forze invisibili di un male che tarda a palesarsi in fase di scrittura. Dragon Quest VII Frammenti di un mondo dimenticato immagine 3DS 01_2Questa tecnica di storytelling ben si adatta ad uno stile di gioco portatile, giacché è possibile vivere ogni “capitolo” della storia come fosse un vero e proprio episodio di una serie animata, paragone valido soprattutto ora, alla luce di una veste grafica tanto curata e piacevole da vedere.

Il punto forte del marchio Enix è ancora l’abilità certosina con cui il team creativo è riuscito a creare un mondo vasto, pulsante e pieno di personaggi fiabeschi dall’aspetto spesso scanzonato, ma dall’animo mai puerile. Il colorato mondo di Dragon Quest è spesso piagato da situazioni drammatiche ed eventi dolorosissimi, eppure da ogni situazione emergono il coraggio e la volontà di riscatto di ognuno dei volti principali, in una celebrazione dell’umanità e della sua impossibilità di perdere fiducia nella speranza di un futuro migliore. Un ottimismo straripante che non finisce mai per abbandonare i protagonisti, anche nelle fasi avanzate di gioco e dopo diversi eventi che causeranno e segneranno inevitabilmente la loro crescita.

Il settimo episodio meritava un make over che restituisse ai personaggi e alle loro avventure una dignità estetica capace di cancellare i ricordi della versione originale

Oltre a essere uno dei J-RPG più lunghi di sempre, la piccola opera Square Enix è da considerarsi anche una vera e propria prova del nove per verificare il proprio amore per il genere: capita spessissimo di dover fare i conti con tutti i “difetti” tipici dei J-RPG che passano dalla tipica verbosità fino al backtracking – a volte criminale! – e al grinding, due attività che non impensieriranno gli appassionati “duri e crudi”, ma che sul finire del 2016 potrebbero, senza ombra di dubbio, scoraggiare neofiti e giocatori ormai coccolati da tutte quelle convenzioni e automazioni tipiche del gaming contemporaneo.

Pur ammaliando i giocatori con un comparto tecnico nuovo di zecca, finalmente in grado di esaltare l’estetica fiabesca e sospesa nel tempo della direzione artistica made in Akira Toriyama (Dragon Ball, Dr. Slump e Arale), il cuore di questa produzione è saldamente ancorato al passato, tant’è che chi ebbe modo di concludere la versione originale potrà sentirsi tranquillamente a casa anche sui due schermi di Nintendo 3DS, al netto di qualche modifica alla parte iniziale e qualche miglioria relativa al sistema di classi e ai combattimenti.

BANG!

Nell’anteprima ho avuto modo di citare il sistema di classi, fiore all’occhiello di questo capitolo, senza tuttavia pronunciarmi in merito poiché il titolo finisce per schiudersi in tutte le sue possibilità ludiche dopo oltre venti ore (siamo praticamente ai livelli di Xenoblade Chronicles X), quando il gioco dovrebbe aver già trasmesso la conoscenza di tutti i suoi meccanismi. Che ingenuità!

Dragon Quest VII Frammenti di un mondo dimenticato immagine 3DS 04_2 Ebbene, il grado di personalizzazione del gruppo di protagonisti (quattro schierati in battaglia, più eventuali membri temporanei) è talmente elevato da far impallidire anche titoli pubblicati negli ultimi anni. Non solo ogni personaggio è virtualmente in grado di vestire il ruolo di qualsiasi classe, ma è possibile anche ibridarne le abilità passive e le tecniche di combattimento fino a coniare addirittura mosse capaci di sommare le abilità di una specializzazione all’altra. Ovviamente ogni classe porta con sé un livello di potenza da accrescere di scontro in scontro, una modifica alle statistiche dei personaggi, l’accesso a capacità uniche e una divisa da combattimento diversa per ogni personaggio, laddove i cambiamenti estetici dell’equipaggiamento sono visibili solamente nel caso delle armi impugnate.

il grado di personalizzazione del gruppo di protagonisti è talmente elevato da far impallidire anche titoli pubblicati negli ultimi anni

Il sistema di combattimento, classicissimo, prevede scontri a turni contro nemici visibili su schermo durante l’esplorazione, mentre la possibilità di visualizzare i nemici sulla world map tridimensionale è effettivamente una caratteristica funzionale, in grado da sola di svecchia l’opera e di velocizzare gli spostamenti, ma ci si accorge ben presto che nel caso degli interni e dei dungeon, spesso limitati a poco più di un insieme di cunicoli e stretti corridoi, gli scontri sono praticamente obbligati.

Poco male: il gioco impone di darsi da fare mazzuolando nemici su nemici se si vuole proseguire nell’avventura, oltretutto imponendo un ritmo di crescita dei protagonisti molto lento, senza alcuna possibilità di scampo. “No pain, no gain” dicevano i Keel nell’album “The Final Frontier”, ma fortunatamente, oltre a tutti i difetti congeniti del genere già passati in rassegna, fa sicuramente piacere sapere che gran parte degli scontri con i mob di basso livello può essere preposta ad una IA, assegnabile a uno o a tutti i personaggi del party all’inizio di ogni turno (con l’unica eccezione del muto protagonista!).

Dragon Quest VII Frammenti di un mondo dimenticato immagine 3DS 03Se per le prime dieci/venti ore il gioco potrebbe sembrare una vera e propria grind fest senza ritegno, l’introduzione di classi e possibilità strategiche inedite nella seconda parte riescono a pepare gli scontri che fino ad un momento prima si concludevano semplicemente premendo all’impazzata sul tasto conferma. Chiaramente una volta trovata la giusta combinazione di specializzazioni il tutto si fa sempre più semplice, ma d’altronde non è mai stata prerogativa dei Dragon Quest proporre soluzioni ludiche particolarmente complesse. A differenza di molti altri J-RPG, infatti, in Dragon Quest VII è data grande importanza all’esplorazione: non a caso la curiosità del giocatore è quasi sempre premiata dalla comparsa di scrigni contenenti pezzi di equipaggiamento utili a potenziare il proprio gruppo di eroi o a scoprire retroscena relativi alle tante piccole storie che formano l’universo di Maribel, Keifer e del silente protagonista.

C’è molto in cui perdersi, specie se si vuole puntare al completismo, sia nella missione principale che nelle quest secondarie, fra cui annoveriamo anche un’inedita funzionalità streetpass che rende possibile scambiare “dungeon” con altri giocatori, nella speranza di trovare mostri rari da arruolare nella propria squadra secondaria. Insomma, se si cerca una soluzione alla noia o un universo in cui calarsi completamente per ore ed ore di divertimento anni ‘90, Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato potrebbe essere il compagno perfetto.

FIABE CON GLI OCCHI A MANDORLA!

Sotto il profilo prettamente tecnico, come detto in precedenza, convince pienamente il lavoro svolto da ArtePiazza per rinfrescare il comparto visivo, pur dovendo sottolineare una certa tendenza al riutilizzo di asset grafici. Gli stessi PNG possono essere incontrati praticamente in ogni città, e le location, pur trovandosi al centro di una storia che tratta viaggi nel tempo, non si differenziano mai in modo significativo; un aspetto che Chrono Trigger, vent’anni fa, proponeva in modo decisamente più competente su una console a 16 bit.

Dragon Quest VII Frammenti di un mondo dimenticato immagine 3DS 01Detto questo, posso tranquillamente consigliare questo remake a chiunque voglia avvicinarsi allo spirito classico della serie senza dover arrivare a compromessi con l’isometria del quarto, quinto e sesto episodio approdati su Nintendo DS, preferendolo addirittura all’edizione per PlayStation. Purtroppo l’edizione occidentale del titolo è stata privata della colonna sonora orchestrale presente nella versione giapponese. Non è il chiaro il motivo di questa scelta (si potrebbe trattare di un problema relativo ai diritti di utilizzo delle registrazioni), ma il talento di Koichi Sugiyama, storico compositore della serie ormai giunto alla veneranda età di 85 anni, è tale da risultare comunque grandioso anche nei limiti offerti dal formato musicale MIDI. Certo, questa mancanza potrebbe indispettire gli appassionati più sfegatati, ma considerando anche il grande ritardo registrato dalla salvifica pubblicazione rispetto a quella giapponese – datata 2013 – e addirittura la localizzazione in italiano, è un prezzo che sono disposto a pagare.

Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato è un buon titolo, forse uno dei migliori capitoli della serie, ma anche potendo contare su un profilo tecnico nuovo di zecca, l’opera targata Enix porta nel proprio petto digitale il cuore di un videoludo dei tempi che furono, quando backtracking e grinding non erano considerati veri e propri difetti. Nel caso si riuscisse a venire a patti con tutti i meccanismi tipici del genere, ma ormai stigmatizzati dall’opinione pubblica come vere e proprie chimere dell’intrattenimento, si potrà tranquillamente trovare nel remake di Square Enix un compagno di avventure portatile per oltre centinaia di ore.

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Pro

  • Grande atmosfera.
  • Tantissime classi da scoprire, ibridare e sperimentare!
  • Visivamente delizioso.
  • Buona localizzazione in italiano.
  • Lunghissimo…

Contro

  • … forse anche troppo.
  • Manca la splendida colonna sonora orchestrale presente nell’edizione giapponese.
  • Backtracking e grinding come se piovesse.
  • Narrativa forse non intrigante quanto quella offerta da tanti altri J-RPG disponibili sul mercato.
8

Più che buono

C'è chi dice che nella sua stanzetta, dietro una mole spaventosa di fumetti d'epoca giapponesi, si celino misteri infiniti. Da sempre appassionato di videogame made in Japan e delle opere animate di Kunihiko Ikuhara, dategli un qualsiasi J-RPG e lo renderete un orsetto felice.

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