Koei Tecmo Games e Omega Force si impegnano per far rinascere la sua serie più celebre sugli hardware di nuova generazione, approfittandone per rimescolare le carte e attirare detrattori e scettici. Sarà la volta buona?
Sviluppatore / Publisher: Omega Force / Koei Tecmo Games Prezzo: € 79,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PS5, Xbox Series X/S, PC (Steam)
C’è da dire che noi connoisseur di videogiochi siamo depositari di un sapere universale. Già nel 1989 una delle prime alleanze tra Capcom e il collettivo conosciuto come Moto Kikaku aveva fatto avvicinare noi ragazzotti occidentali ai protagonisti e alle battaglie campali del romanzo dei Tre Regni a suon di monetine grazie allo scoppiettante Tenchi wo Kurau (La distruzione del cielo e della terra, Dynasty Wars nelle nostre sale giochi), tanto da farci sentire a casa quando Koei Tecmo e Omega Force diedero vita alla formula “uno contro mille” con Dynasty Warriors 2, all’alba del nuovo millennio.
Da allora sono passati venticinque anni e una serie infinita di seguiti e spin-off che hanno trasformato i cosiddetti Musou in un genere tanto amato in patria quanto impopolare in Occidente; in quest’ottica Dynasty Warriors: Origins vuole rappresentare un nuovo inizio, la possibilità di far rinascere la serie facendo a meno della zavorra rappresentata dalla precedente generazione di console per offrire uno schema di gioco rinnovato e conquistare detrattori e scettici. Un buon piano, eseguito però in modo un po’ curioso.
IL PUNTO DI VISTA DI DYNASTY: WARRIORS ORIGINS
Per essere un gioco ambientato in una storia ricca di figure eroiche, Dynasty Warriors: Origins mette a disposizione del giocatore un solo alter ego, per giunta neppure personalizzabile. Uno spadaccino privo della memoria ma dotato di un misterioso potere che affronterà il tumultuoso conflitto destinato a squarciare la Cina partendo dalla rivolta dei Turbanti Gialli, incontrando in questo modo i guerrieri leggendari che abbiamo impersonato in tanti altri giochi ed entrando in contatto con le diverse fazioni all’interno di un unico, organico racconto.
Una scelta sicuramente divisiva, specie nei confronti della fanbase della serie, tuttavia non priva di interessanti idee. Il nostro enigmatico eroe potrà infatti padroneggiare nel corso dell’avventura fino a nove tipologie di armi, peraltro liberamente intercambiabili nel corso delle singole battaglie.
a conti fatti solo la spada inizialmente disponibile si affida completamente al classico sistema di combo a base di attacchi leggeri e forti
Assieme alla rosa di opzioni fornite dall’immancabile quanto liberatoria barra Musou, le battaglie brillano particolarmente nei combattimenti contro gli ufficiali, generalmente resistenti ai ai colpi più semplici; le loro difese vanno fiaccate parando al momento giusto, effettuando schivate all’ultimo istante con tanto di attacchi di opportunità al rallentatore, evitando le mosse imparabili e contrattaccando le loro tecniche con quelle in nostro possesso, suggerite durante una minuscola finestra di opportunità.
Dynasty Warriors Origins vuole rappresentare la possibilità di far rinascere la serie facendo a meno della zavorra rappresentata dalla precedente generazione di console
L’ECO DELLA BATTAGLIA
Merito anche del nuovo motore, che mostra un numero di soldati su schermo sensibilmente superiore rispetto al passato all’interno di mappe più contenute, tuttavia maggiormente caratterizzate tra dislivelli e vegetazione: quando ci si unisce ai commilitoni per lanciarsi contro le truppe avversarie la telecamera zooma all’indietro e lo schermo inizia a tremare per sottolineare l’imponente carica dell’esercito in movimento, una sensazione che non manca mai di esaltare a dovere, specialmente quando dall’altra parte c’è ad aspettare il grosso del contingente rivale.
Le battaglie brillano particolarmente nei combattimenti contro gli ufficiali, generalmente resistenti ai colpi più semplici
Se poi le cose dovessero andare davvero male non resta che chiamare in aiuto gli eroi principali della serie, a patto di conquistare il loro rispetto tra una battaglia e l’altra e di riempire a dovere l’indicatore del legame: in questo modo combattenti leggendari come Guan Yu o Xiahou Dun passeranno sotto il nostro diretto controllo per un breve periodo di tempo dando il cambio al protagonista, concedendo un assaggio della loro forza senza pari (il cosiddetto Musou) prima di tornare nuovamente nelle retrovie, sempre però disponibili a proseguire una nostra combo con qualche attacco devastante qualora il loro affiatamento risultasse soddisfacente.
C’è parecchio da fare tra una colossale battaglia campale e l’altra girovagando su una variopinta mappa della Cina
A SPASSO PER LA CINA
La progressione del gioco è strettamente legata alla padronanza delle armi. Usarle sblocca dei valori di competenza che, sommati, stabiliscono il livello del giocatore, migliorandone strada facendo le caratteristiche e rendendo disponibili nuove tecniche e mosse speciali. Inoltre, a intervalli prestabiliti i livelli acquisiti permettono di salire di rango e sbloccare skill passive e modificatori (ad esempio il numero dei fagottini di carte da portare in battaglia che, guarda caso, si comportano in modo analogo alle fiaschette dei vari Souls) su appositi diagrammi sganciando un cospicuo numero di punti accumulabili vivendo il mutevole scenario dei Tre Regni.

La barra del Musou offre diverse opzioni: sfruttandola per bene è facile tenere testa a più ufficiali contemporaneamente.
C’è parecchio da fare tra una colossale battaglia campale e l’altra girovagando su una variopinta mappa della Cina, viaggiando tra le varie provincie per fare acquisti, racimolare utili collezionabili e conoscere potenziali alleati, destinati a darci una mano durante il combattimento o a rivelarsi insospettabili mentori.
una volta stretto un solido legame sarà possibile intascare un buon numero di punti abilità
È un modo elegante per fornire il giusto quantitativo di attività opzionali (e di ore di gioco supplementari, elemento non trascurabile) come corollario di una narrazione sostanzialmente lineare, almeno fino al terzo capitolo: lì gli eventi storici disgregheranno la coalizione nata per arginare il tirannico Dong Zhuo, imponendo di scegliere quale fazione supportare per condurre i Tre Regni verso un’era di pace. Riprendendo il discorso iniziale, la scelta di donare a Dynasty Warriors: Origins un personaggio principale super partes è tanto originale quanto potenzialmente impopolare, e non fatico a immaginare capitoli futuri che applicheranno le novità qui introdotte a formule e – sopratutto – roster più canonici e riconoscibili, magari reintroducendo la possibilità di giocare con un amico.
Il nuovo pargolo di Omega Force non reinventa totalmente la ruota, ma mette in bella copia una grammatica oramai attempata
In Breve: La rinascita della dinastia Musou parte da Dynasty Warriors: Origins. Una maggiore enfasi sui duelli contro ufficiali e boss si unisce a una migliore gestione delle risorse sul campo di battaglia per donare una nuova anima agli eserciti di Tecmo Koei. Non poter impersonare direttamente i suoi leggendari eroi pesa un po’ e l’assenza di una modalità multigiocatore risulta quasi un affronto, ma nonostante tutto questa è la ripartenza di cui la serie aveva bisogno.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 7 5800X, RTX 4070 12Gb, RAM 32Gb 3600Mhz, SSD / Steam Deck
Com’è, Come Gira: Il nuovo motore imbandisce esaltanti scontri tra eserciti senza sforzarsi particolarmente, scendendo raramente sotto 120fps che ho impostato per la nostra prova con tutte le impostazioni al massimo. Soddisfacente (seppur giocoforza ridimensionata) la fluidità su Steam Deck, a patto di scegliere le opzioni riservate al sistema portatile Valve.