Ecco, l’ho detto nel titolo, senza doverci arrivare dopo mille scuse nei confronti dei cultori di un titolo e una serie, quella Dark Souls, già immortalata nella storia dei videogiochi. Lungi da me negare il valore assoluto dell’opera di Myiazaki; però, però, però… non ci siamo proprio trovati, Dark Souls ed io. Eppure ci ho provato, ho iniziato a giocarlo ormai diversi anni fa, con la Prepare to Die Edition per PC; al di là dei tanti problemi tecnici più o meno risolti dai modder, l’acquisto era stato frutto di una forte fascinazione che mi aveva fatto approcciare il titolo con rispetto e una certa tensione. Avevo un’idea abbastanza chiara di quello cui andavo incontro, o almeno così credevo.
Dopo una manciata di ore (la mia libreria Steam dice 14, a dirla tutta avrei detto meno) decisi che non mi andava di continuare. Sicuramente, a fermarmi fu soprattutto il livello di difficoltà, che trovo punitivo. E a me non va di essere punito. Non tollererei di essere punito quando sono a lavoro, figuriamoci se mi diverto a esserlo quando gioco, rilassato sul divano. Tutto sommato non era il numero (elevato) di morti subite a darmi fastidio; al contrario, ritengo che Dark Souls elimini il dramma della morte, quasi lo banalizzi, vista la frequenza con cui avviene. In più le conseguenze sono ridotte, nel peggior caso si perdono le anime catturate dall’ultimo respawn (si vede proprio che non ne hai accumulato centinaia e centinaia, per poi buttarle via, ndII-V).
Ritengo che Dark Souls elimini il dramma della morte, quasi lo banalizzi, vista la frequenza con cui avviene.
Dopo quelle quattordici ore in Dark Souls, invece, avevo cominciato ad annoiarmi del fatto che mi fosse continuamente richiesto un livello di concentrazione altissimo, in cui ogni distrazione era fatale. Ripensandoci, il gioco svolge un lavoro magistrale sotto questo aspetto, tanto che ricordo distintamente molti dei passaggi e dei nemici affrontati, e parte di me é tutt’oggi dispiaciuta di non aver proseguito, anche perché i luoghi attraversati erano senza dubbio sublimi e maestosi. Non mancarono le soddisfazioni, come aver abbattuto i Gargoyle della campana sul tetto della Chiesa dei non-morti, ma la loro eliminazione non mi aveva trasmesso quella esaltazione che mi sarei aspettato, bensì un senso di sollievo e liberazione per non dover più affrontare il tratto dal falò più vicino fino allo scontro.
Preferisco i titoli che mi tengono sull’orlo del precipizio senza farmi cadere troppo spesso, come Dead Space o The Chronicles of Riddick: Assault on Dark Athena
Va anche aggiunto, e qui scado in un ritornello tanto noioso quanto inoppugnabile, che il tempo è sempre più tiranno, e se dopo le mie due ore serali (quando va di lusso) vado a dormire e non ho compiuto progressi significativi, mi girano un po’ le scatole. Non solo per il fatto di per sé, ma perché faccio il confronto con un Uncharted qualsiasi, dove in un paio di giri d’orologio passi da un castello francese in fiamme al naufragio di un nave da crociera in pieno oceano: qualità e quantità! Sono poi giunto alla conclusione che la mia mancanza di convinzione si applichi solo contro l’intelligenza artificiale, dal momento che, nelle sfide multiplayer, non mi manca il senso di competitività. Perdere in quei contesti mi fa alquanto rosicare, mentre ricordo vittorie a Wipeout Omega Collection (rigorosamente in VR) contro giocatori più abili di me: i miei gesti inconsulti di giubilo non devono essere stati uno spettacolo confortante per la mia ragazza.
Nonostante il mio sentire personale, sono molto contento dell’esistenza di Dark Souls per tutti i motivi esposti da Mario nel suo recentissimo editoriale, a sottolineare come la sua presenza non faccia altro che arricchire l’offerta garantita dal nostro medium preferito. Dal canto mio, posso solo continuare a provarci (Bloodborne é lì ad aspettarmi sulla PS4), ma non mi aspetto epifanie particolari. Voi da quale parte state?