Quando la cosiddetta ‘stampa generalista’ parla dei videogiochi, si sa, raramente è tenera. Del resto, per noi amanti di joypad, mouse e tastiera non è facile districarsi tra i pregiudizi, visto che anche due personaggi politicamente agli antipodi come Salvini e Calenda, pur essendo coetanei di chi sta vergando queste parole, sembrano aver trovato almeno un punto d’intesa nella critica al nostro hobby. Volenti o no, le similitudini tra le dinamiche di una strage e quelle di qualsiasi shooter in multiplayer non sono certo campate in aria e, adesso che mezzo mondo genitoriale è impegnato a cercare un vaccino contro Fortnite (l’unico che metterebbe d’accordo anche i no-vax, probabilmente), c’è il rischio che sulle pagine dei giornali si scateni la tempesta perfetta.
Così noi videogiocatori, da brave sentinelle in un fortino che non è certo quello del deserto dei Tartari, ci siamo subito messi a DEFCON 3: vuoi che una strage come quella provocata da Brenton Tarrant, filmata in soggettiva come un Quake qualsiasi e trasmessa in diretta sui social, non attiri le ire dei “babbani” proprio a causa delle suddette similitudini? Se poi ci si mette l’assassino stesso, candidamente, a dire che per fare più morti ammazzati si è allenato con Fortnite, allora stavolta siamo proprio fregati! Potremmo anche esporre le nostre ragioni di videogiocatori innocui, pacifici e pacifisti, accompagnandole con tutte le più assolutorie ricerche effettuate da luminari della psicologia, che tanto otterremmo lo stesso effetto delle foto satellitari presso i terrapiattisti: “i videogame fanno male” perché è facile vederla così, senza impegnarsi in mille e più approfonditi pensieri.
“È possibile allenarsi a uccidere in un videogioco?”, si chiede il nostro veterano collega Tiziano Toniutti
Nonostante questo, il suo articolo così lucido e apertamente assolutorio per il nostro diletto preferito, è stato letteralmente fatto a brandelli, sbranato e condiviso a più non posso da una folla di gamer rabbiosi, pronti a colpire con la loro scure l’ennesimo “giornalista disinformato”, reo di aver scritto stupidaggini sul loro passatempo. Di certo le scelte del titolista non sono state particolarmente felici: “Il videogioco di Tarrant: punti spari e vai avanti. Si allenava con Fortnite”, con l’inizio dell’articolo che parte da una sommaria descrizione del genere Battle Royale e che, a occhi disillusi e pronti al peggio, può sembrare fatto apposta per creare scandalo. Non è ovviamente così, anzi, si tratta di una descrizione oggettiva che solo un giocatore esperto può scrivere, con essenziale precisione, su un quotidiano. Quindi perché tanto odio?
il suo articolo così lucido e apertamente assolutorio per il nostro diletto preferito, è stato letteralmente fatto a brandelli