Mr. Crocodile Dundee ci ha insegnato che esistono giungle all’apparenza magiche, in cui è però possibile perdersi, popolate da coccodrilli che in un attimo ti ruzzolano e portano via. Non le visiterò mai, logicamente, “ragazzo” di città che non sono altro, ed è qui che subentra la potenza evocativa del medium. Per una curiosa simmetria, infatti, il mio folle amore per Far Cry 3 si è manifestato nel momento stesso in cui uno squamoso alligatore ha compiuto un guizzo tra i flutti di un rivo serpentino, addentando e sbatacchiando Jason Brody, il protagonista.Detto tra parentesi, nel fiume ci ero finito per sbaglio, essendo scivolato su un sasso muscoso posto lungo l’argine limaccioso, dopo aver malamente scassato la prima vettura affibbiatami dal gioco. Nondimeno, con maestria di machete e parimenti di tastiera ero riuscito a superare il QTE preposto e a scrollarmi di dosso il verde sauro, e da lì a riemergere trionfante in una giungla viva, vibrante, vorace, dove sfuma la definizione di eroe.
Il ragionamento di Vaas sull’insania è invero un meta-discorso, una sinossi netta e spietata del videogioco targato Ubisoft, ma non solo
E pensare che sino a pochi istanti prima avevo pensato di desistere, di disinstallare il capolavoro di Ubisoft Montreal e Massive Entertainment. Questo nonostante l’apertura accattivante e festaiola – inevitabile preludio di tanti guai – e l’impeccabile performance recitativa di Michael Mando nel ruolo di Vaas Montenegro. Che posso dire a mia discolpa per questa mancata eresia? Semplice. Innanzitutto, ero rimasto scottato dalle prime due installazioni: Far Cry non era riuscito a trovare una sua precisa identità tra l’intrinseca natura “open” della saga e alcuni passaggi particolarmente ostici e lineari più opportuni in un gioco à la Metro, mentre il secondo titolo – ambientato in un’Africa che fa dell’arsura e dei fuochi della guerra le sue cromie – si era rivelato vittima del peggior “more of the same” mai visto in un videogioco, forse eguagliato solo dal primo Assassin’s Creed.La curva di apprendimento di Far Cry 3 è poi un tantino ripida, almeno all’inizio: con solo due “lunule” di salute è davvero difficile liberare il primo accampamento di pirati, una delle attività base che siamo chiamati a svolgere in diverse occasioni. Si tratta di un lavoro di destrezza, giacché è sempre possibile impiegare la furtività, o di forza bruta; cionondimeno le armi a nostra disposizione in questa fase di apertura della partita sono assai limitate e in egual maniera le abilità del personaggio, acquisibili spendendo l’esperienza accumulata, stanno pressoché a zero.
FIERE, FUCILI E FINANZE
Giusto per chi non avesse esperienza col titolo in oggetto, riassumo brevemente: Far Cry 3 è il “tipico” sparatutto in prima persona, ove occorre incrementare il proprio arsenale a suon di valuta corrente per avere ragione dei cattivi di turno. La storia incede più o meno così: un gruppo di amici – adolescenti imberbi e imbecilli! – ha deciso, malconsigliato, di trascorrere una breve vacanza ad alto tasso di sballo sulle Rook Island, due isole gemelle all’apparenza paradisiache, site più o meno nell’area delle Molucche indonesiane.
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