In Dead Space remake Nicole Brennan sembra più vecchia e Kendra Daniels è meno prosperosa. Ed è subito colpa della Woke Culture, un po’ come per il flop di Days Gone.
Sventurata la Terra che ha bisogno di Aloy, direbbe oggi Bertolt Brecht. Un secolo dopo Vita di Galileo viviamo ancora lo stesso impasse: abbiamo bisogno di simboli, di token a cui attaccarci perché portino avanti le nostre idee semplicemente perché non siamo disposti a farlo in prima persona e di conseguenza non siamo alla loro altezza. Abbiamo bisogno di Aloy come di qualunque altro personaggio femminile che alzi la mano per dire che non c’è un unico modo di rappresentare l’altro sesso nei videogiochi. L’alternativa altrimenti è credere alla narrativa di chi parla di un abbrutimento generale dei personaggi femminili nel medium, assecondando una fantomatica agenda woke che si appropria dei remake dei nostri giochi preferiti e impedisce ai “liberi pensatori” di raggiungere il successo.
Abbiamo bisogno di Aloy come di qualunque altro personaggio femminile che alzi la mano per dire che non c’è un unico modo di rappresentare l’altro sesso nei videogiochi
John Garvin, writer e director per Days Gone, un paio di settimane fa in un tweet (ora rimosso) sosteneva proprio questo. Tornando sul flop dell’ultimo lavoro di Bend Studio dava la colpa a tre fattori: i soliti bug da day one, persone incaricate della recensione che non hanno avuto voglia di giocare effettivamente il gioco e soprattutto (e qui cito alla lettera)
“recensori woke che non potevano sopportare un biker bianco burbero che guardava il culo della sua donna”. Il primo punto dell’elenco è poco interessante. In realtà anche il secondo, perché è disinnescabile anche senza prendere posizione sulla questione. Se chi scrive non ha voglia di giocare Days Gone in fase di recensione molto probabilmente non avrà voglia di giocare nemmeno un altro Open World generico tra quelli proposti oggi dal mercato, eppure non mi risulta che condividano tutti lo stesso metascore di Deacon St. John.
L’argomentazione da dibattere è chiaramente la terza: Garvin sta dicendo chiaramente che il suo gioco non ha venduto perché non c’è più spazio per protagonisti maschi, bianchi ed eterosessuali.
Garvin sta dicendo chiaramente che il suo gioco non ha venduto perché non c’è più spazio per protagonisti maschi, bianchi ed eterosessuali
È la stessa cosa che veniva detta dal Gamergate, che ha basato la sua propaganda sull’idea che volessero toglierci i “cari bei vecchi videogiochi” dove i protagonisti sono liberi di essere veri uomini e di infilare il loro salame ovunque. Gran peccato per queste persone che proprio in questi giorni la community dei videogiocatori stia celebrando l’arrivo di The Witcher 3 su PS5 e Xbox Series X. Incredibilmente, proprio un gioco che nonostante il protagonista biker (in senso lato, viste le ore passate cavalcando Rutilia), bianco e burbero ha venduto oltre 40 milioni di copie e più di un centinaio di premi. Sarà perché Geralt
non si limita a guardare i culi delle tipe. O più probabilmente perché The Witcher 3 ha lasciato sull’industria dei segni tangibili, che è poi quello che Bend Studio non è riuscita a fare e che ha condannato Days Gone allo status di prodotto mediocre. Il problema non sono le preferenze sessuali di Deacon, ma il fatto che in un momento di climax emozionale come il flashback del suo matrimonio nello script della scena ci sia una frase cringe come
“prometti di cavalcarmi come la tua moto”: se la scrittura è la stessa degli sceneggiatori di Boris,
non puoi stupirti se il pubblico rimane F4.

Il commento di una persona che ha scelto come nickname Deacon St. John sotto un video intitolato ” Dead Space Remake is Uglifying Their Women” dice che è d’accordo. Come mai non mi stupisce?
Dalle parole di Garvin emerge anche l’altro grande cavallo di battaglia della retorica del Gamergate, quello che sostiene non ci sia più spazio per la sessualizzazione nei videogiochi. La colpa di Deacon era quella di voler far sesso, di oggettificare sua moglie in un mondo dove tutte queste cose non vanno bene (almeno, secondo queste narrative). Mentre Bend Studio si dissociava ufficialmente dalle dichiarazioni di Garvin scoppia un’altra polemica sul tema: nel remake di Dead Space due personaggi femminili hanno un character design diverso.
Una delle accuse mosse ai dev è l’aver invecchiato Nicole Brennan
Meno sessualizzabile,
quindi automaticamente più brutto. Una delle accuse mosse ai dev è l’aver invecchiato Nicole Brennan, la fidanzata del quarantanovenne protagonista Isaac Clarke, con l’intenzione di rendere più “politicamente corretta” la loro relazione. Per quanto effettivamente nel primo Dead Space Nicole appaia visibilmente più giovane del nuovo modello la sua età non è stabilita canonicamente, e anzi è plausibile immaginare che si tratti di una donna più vicina ai quaranta che ai venti, se si guarda anche al suo pregresso nella finzione in-game. Il nuovo modello non fa altro quindi che adeguare l’aspetto del personaggio alla sua storia:
ad essere sbagliata era la sua rappresentazione nel Dead Space originale, e non a caso già in Dead Space 2 l’aspetto di Nicole era abbastanza diverso rispetto al primo capitolo.
Il nuovo modello non fa altro quindi che adeguare l’aspetto del personaggio alla sua storia
Se per Nicole si parla di anagrafica, la critica mossa alla nuova Kendra Daniels è più esplicita. In questo caso si parla di un vero e proprio imbruttimento del personaggio, che appare più mascolino e a cui è stato addirittura ridotto – o quantomeno reso meno evidente – il seno. Dando per buona la tesi, bisogna a questo punto fare un paio di considerazioni. La prima è che l’aspetto di Kendra nell’economia della storia non ha nessun impatto: non è un personaggio che gioca la parte di
femme fatale o deve risultare seducente per qualche motivo. Considerando che spesso e volentieri davanti a personaggi omosessuali, non binari o per qualche motivo fuori da quello che a torto viene considerato “normale” la stessa fazione che adesso è sulle barricate per Kendra chiede delle giustificazioni di trama per queste caratteristiche, si è a tutti gli effetti davanti ad un’incoerenza. La seconda cosa da dire sul discorso tira in ballo il concetto di
economicamente corretto, che è poi la vera ragione per cui un’azienda fa qualunque cosa (incluso lo sposare tematiche e rappresentazioni). Dead Space usciva nel 2008, due generazioni e
quattordici anni fa. Era la norma utilizzare un certo tipo di rappresentazione stereotipata del corpo femminile e rivolgersi più o meno sfacciatamente – spesso più che meno – ad un certo pubblico. Nel 2022 una Kendra più sessualizzabile è assolutamente inutile a questo scopo, perché Dead Space Remake banalmente
non parla più allo stesso pubblico dell’opera originale.

La Kendra dello scandalo
In generale il punto è questo: i videogiochi rappresentano meglio la pluralità dell’essere umano rispetto all’epoca PS3 e Xbox 360. Soprattutto nel mainstream, dove il tema del diverso non è più appannaggio esclusivo dell’indie o di alcuni autori nipponici. Questo in nessun modo toglie o vuol togliere spazio alle altre rappresentazioni. Il tempismo di questa polemica è – di nuovo – disastroso, se si considera che meno di un mese fa non solo usciva Bayonetta 3, ma era lo stesso mercato a decidere deliberatamente di non premiarlo dal punto di vista delle vendite.
i videogiochi rappresentano meglio la pluralità dell’essere umano rispetto all’epoca PS3 e Xbox 360.
Se chi adesso protesta per Dead Space avesse messo metà dello sforzo profuso per impugnare una causa sbagliata – perché una causa che vuole imporre una rappresentazione al di sopra delle altre sarà sempre e per definizione sbagliata – nel supportare un titolo che risponde perfettamente alle sue richieste avremmo fatto contenti sia Platinum Games che Motive Studios. Ma probabilmente chi adesso protesta avrebbe dimostrato coi numeri di essere
una minoranza capace soltanto di fare rumore.