È davvero per i 90€ di Mario Kart?

Non appena finito l’ultimo Nintendo Direct, e forse già durante la presentazione, si è iniziato a discutere dappertutto l’aumento di prezzo dei titoli per Switch 2. Solo che la questione non sta nell’aumento di per sé e nell’ipotetica corsa a fare la stessa cosa di Sony e Rockstar.

Sono bastati 10€ per monopolizzare completamente l’attenzione. Non si parla della presentazione di Nintendo Switch 2 come di uno dei peggiori reveal di una console da anni a questa parte. Non si parla della comunicazione tutt’altro che limpida a Kyoto, di quanto sia cretina l’idea di inserire un tasto fisico sul nuovo JoyCon destro per lanciare una chat che è dietro paywall (e fa le stesse cose che fa Discord, gratuitamente, su tutte le altre piattaforme videoludiche e non). Si parla di quei 10€, perché grazie a – o per colpa di – quei 10€ i titoli “di prima fascia” di Nintendo si avvicinano pericolosamente alla soglia psicologica dei 100€ a copia. Lo scorso 2 aprile alle 16:01 siamo diventati 60 milioni di economisti invocando la mano invisibile del mercato: 90€ non sono troppi, e se lo sono allora il mercato si regolerà da solo. Che giochino brioches. Dopotutto si vota nel videogioco si vota col portafogli, no? Poco importa di chi non ne ha uno.

Ti ricordi la prima parola che hai mai scritto? Per me quella parola è stata “win”.

Ho iniziato a videogiocare perché guardavo ammirato mio padre fare delle magie, ogni volta che si sedeva davanti alla scrivania nel suo studiolo. Premeva dei tasti e sullo schermo succedevano delle cose, e volevo assolutamente essere in grado anche io di farle succedere. Ti ricordi la prima parola che hai mai scritto? Per me quella parola è stata “win”. Ho imparato a riconoscere quelle tre lettere perché premendole in sequenza la schermata nera del monitor diventava l’interfaccia a finestre di Windows 3.1 e l’interfaccia grafica, beh, permetteva anche ad un bambino di tre o quattro anni come me di cliccare sull’icona di Prince of Persia e “far succedere delle cose”.

A me i videogiochi sono capitati. Potrebbero ricapitarmi, oggi a 90, 100 o 120€?

Penso sia una bella storia, e penso che come queste ce ne siano tante altre. Hanno tutte in comune il fatto che qualcuno nella nostra vita ad un certo punto ci ha messo in mano un mouse e una tastiera. O anche un controller, non è importante la forma. La cosa importante è che i videogiochi sono qualcosa che ad un certo punto della vita c’è capitato: noi poi abbiamo scelto di continuare, di iniziare a stressare i genitori perché ci comprassero qualcosa da giocare. Se non ci fosse stata quella scintilla iniziale oggi non saremmo qui. E quella scintilla ci sarebbe stata, se negli anni ’90 l’unica soluzione per giocare a qualcosa fosse stata comprare un NEO GEO e spendere mezzo milione di lire a cartuccia?

Chi continuerà a giocare ai “videogiochi tradizionali” quando smetteremo noi?

Qualche giorno prima del reveal di Switch 2 Alain Tascan parlando con The Games Business si diceva dubbioso che i bambini di oggi sognino di avere una PlayStation 6. Per loro il gaming è un’altra cosa, è fatta di schermi con cui interagire senza controller e non è legato ad un singolo dispositivo o a una singola piattaforma. Il pensiero di Tascan è rilevante perché dal giugno 2024 è a capo della divisione gaming di Netflix, dopo un passato in Epic Games, in Ubisoft e in EA. Lo scenario dipinto da Tascan non può che assumere delle tinte sempre più realistiche, se il videogioco-quello-che-piace-a-noi inizia a spostarsi verso queste cifre. Dopotutto chi è che non è abbonato a Netflix? L’abbonamento dà accesso anche a dei videogiochi che puoi giocare su smartphone o tablet. Un bambino sentirebbe il bisogno di altro? E se non lo sente, chi sostituirà noi “videogiocatori hardcore” quando saremo troppo vecchi per giocare? A cosa serve aumentare il prezzo di un videogioco se poi il calo delle vendite dovuto al fatto di averne alienato il pubblico ti porta nelle casse gli stessi soldi, o anche meno, che entravano prima?

L’altro discorso da farsi è che l’aumento del prezzo di copertina dei videogiochi riflette semplicemente quello che sta succedendo negli altri aspetti delle nostre vite. E in generale l’intrattenimento a costare sempre di più, a competere non solo per il nostro tempo ma anche per i nostri soldi. Aumentano i costi degli abbonamenti a Netflix e Prime. Aumenta quello di Spotify e quello di libri e fumetti. Sono beni superflui, perché i videogiochi non ti scaldano la notte e la musica non ti ripara dalla pioggia, e un film di Martin Scorsese non mi ha mai cucinato la cena. Ma è un superfluo che dà senso alle nostre vite, a cui dedichiamo il tempo che non impieghiamo a guadagnarci la valuta in-real-life che scambiamo per poter accedere a questi mondi. È chiaro che se tutto aumenta con questo ritmo stiamo alimentando una macchina che non sta andando nella direzione giusta. Portando tutto questo all’estremo, se tutto l’intrattenimento a un certo punto costa troppo nelle nostre vite, beh, resta il lavoro. Finché l’Intelligenza Artificiale non si porterà via pure quello, potrei dire per avere una chiusura ad effetto.

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