MAME, Back to the Future

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Per un certo periodo della mia vita ho coltivato un’interessante teoria, ovvero la certezza di non poter mai sperimentare di persona il viaggio nel tempo. Sono stato così in fissa con l’idea che, qualora venisse scoperto un modo per emulare Marty McFly, so che avrei già ricevuto la visita del mio alter ego futuro, felice come una Pasqua nell’annunciarmi che la cosa si può fare, portando nel frattempo come souvenir un buon numero di almanacchi sportivi. Tutto questo fino all’autunno del 1997, quando sono riuscito in effetti a viaggiare nel passato, per giunta senza salire su una DeLorean. Anzi, a ben vedere mi è bastata una misera Y10. Ricordo tutto perfettamente, come se avessi ancora davanti la scena: sono all’università, a pranzo assieme ad amici, e il mio cellulare, pesante come un baracchino, squilla.

Nell’autunno del 1997 sono effettivamente riuscito a viaggiare nel tempo

Dall’altra parte il mio amico Emanuele proferisce con tangibile entusiasmo la telefonata più importante della mia vita. “Dan, mi hanno appena dato un CD con su il MAME, te ne faccio una copia?”. Nell’istante successivo sono già in auto, e i miei amici provano un attimo di smarrimento nell’aggiustare la vista all’immagine residua che lascio dietro di me, salutando frettolosamente. Il viaggio da Vasto a Pescara è lungo e impegnativo, un groviglio di curve affrontato di notte e una pioggia torrenziale. Completo la tratta a velocità curvatura, prelevo l’argenteo tesoro tra high five e lacrime virili e torno a casa in meno di due ore. “Alboreto is nothing”, come disse una volta una persona più importante di me. Nella gioia di albeggiare davanti allo schermo del PC giocando a Lady Bug e compagni, ignoravo però sciattamente le basi. Ignoravo, ad esempio, che la scintilla che spinse Nicola Salmoria a concettualizzare il MAME fu uno scadente emulatore di Pac-Man, pionieristicamente scaricato da internet in un momento di noia. Da cosa nasce cosa, e la pietra angolare del suo progetto fu l’intuizione di incorporare i tanti emulatori che circolavano all’epoca, ognuno dedicato a pochi titoli, e concentrarli in un solo programma. Soprattutto, accecato dalla possibilità di rivivere emozioni che fino a qualche giorno prima erano relegate ai ricordi, ignoravo sulle prime la portata di un progetto destinato a fare la storia. Lanciare il MAME, oggi come ieri, non è solo un modo per rivivere l’epoca d’oro delle sale giochi, ma offre un fenomenale strumento didattico, volto alla conservazione, preservazione e documentazione di un’importante settore della nostra cultura popolare.

Il MAME, oggi come ieri, è un fenomenale strumento didattico, volto alla conservazione, preservazione e documentazione di un’importante settore della nostra cultura popolare

mameNon solo per noi che abbiamo vissuto di persona quegli anni, ma anche per le generazioni future, nel momento in cui schede e cabinati originali cesseranno inevitabilmente di esistere. Da qui nascono spunti di ricerca in passato assolutamente impensabili: sapevate che Tad Corporation viene fondata nel 1988 da ex programmatori Data East? No? In realtà un simile dettaglio spiega l’idea dietro a Cabal, il loro titolo di debutto: nel 1985 la casa di Karate Champ pubblica Shoot Out, un tiro a segno a schermo singolo con un’ambientazione a base di gangster che presenta già buona parte dei tratti distintivi che definiranno i cosiddetti sparatutto “à la Cabal” come Wild Guns o Nam 1975. Senza MAME col cavolo che avrei potuto scoprire Shoot Out: a Ortona, se va bene, abbiamo le strade, e i videogiochi nei bar arrivavano col contagocce. Anche senza avere il piglio da archeologo digitale, però, è facile comprendere il valore informativo del MAME, persino in un’ottica occidentale. In Giappone, Joseph Redon (un francese classe ’76) gestisce la cosiddetta Game Hozon Koukai, o Società per la Preservazione dei Videogiochi che dir si voglia. Un gruppo dedito alla conservazione del software ludico nipponico realizzato per home computer e console, altrimenti destinato a sparire o rimanere sconosciuto. Avete presente la versione per PC Engine di Cocoron, bizzarro gioco di piattaforme creato da Akira Kitamura (il “vero” padre di Mega Man) inizialmente pubblicato per Famicom? Se la risposta è no, non avete nulla di cui vergognarvi, dato che non ha mai raggiunto gli scaffali dei negozi, apparendo sotto forma di anteprima esclusivamente sulle riviste di settore giapponese. Solo che i ragazzi di Game Hozon Koukai ne hanno una copia! Associazioni simili, in grado di coprire un inventario tanto sfaccettato e corposo, sono pura utopia nel resto del mondo, ma, seppur con le ovvie limitazioni, il MAME permette a tutti di avere un vero e proprio tesoro di informazioni sul nostro disco fisso tra ROM, flyer (gli opuscoli pubblicitari, ovvero le prime vittime della sciatteria dei distributori) e tanto altro, conservando un archivio comprendente giochi arcade anche rarissimi (e in certi casi addirittura mai pubblicati, vedi ad esempio Chimera Beast di Jaleco) pronto per essere studiato, consegnato ai posteri e, perché no, giocato.

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Ecco, forse Nicola Salmoria ha sottovalutato questo aspetto, scrivendo che il lato ludico in un progetto dal forte carattere documentativo sarebbe stato un piacevole effetto collaterale. Il MAME ha infiammato lo spirito sopito di quella generazione che spingeva lo sgabello per vedere lo schermo di Space Invaders, decifrando quel monotono “thump thump” in un’oppressiva marcia di guerra aliena. In questi vent’anni, grazie a uomini come Nicola, Angelo Salese o Aaron Giles, abbiamo viaggiato nel tempo un’infinità di volte rigiocando coin-op della nostra giovinezza e, perché no, riscoprendo quelli che ci siamo persi perché il gestore tirchio non voleva farli arrivare in sala giochi nonostante sembrassero fichissimi sulle pagine di The Games Machine, quando aveva ancora una rubrica dedicata agli arcade.

Il MAME ha infiammato lo spirito sopito di quella generazione che spingeva lo sgabello per vedere lo schermo di Space Invaders

Arrivando anche a escogitare modi per rendere l’esperienza autentica al 100%: poche ricerche sono state tanto popolari per un nerd a cavallo del nuovo millennio come quelle relative alla costruzione di un cabinato amatoriale, interfacciando un PC munito di MAME con un vecchio “prontoscheda”, come erano chiamati dai distributori i vecchi coin-op non dedicati. Mi dispiace keiser, ma a questo punto ti devo una confessione: mentre tu giustamente facevi la guardia sul forum per evitare che un argomento spinoso come l’emulazione non sconfinasse più del dovuto, io e Doom (a.k.a. Lorenzo Mazzocchetti) ci scambiavamo tramite messaggi privati informazioni per i nostri mamecab. Oh, stacce, e amici come prima. Il succo è che, a quarant’anni suonati, metà della mia esistenza è trascorsa in compagnia del MAME, e senza di esso sarebbe stato indubbiamente un periodo un po’ più triste. Studiando, analizzando, giocando e, di conseguenza, conoscendo una marea di altri appassionati che, tra le altre cose, mi hanno permesso di scrivere su TGM da una dozzina di anni a questa parte. Quindi sì, riallacciandoci al pensiero iniziale, il viaggio nel tempo è invero possibilissimo grazie al MAME, e con una scassatissima Y10, che, in quel giorno del 1997, faceva tranquillamente mangiare la polvere a qualsiasi DeLorean al primo rettilineo.

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  1. 1.
    ALboreto.
    Comunque ben scritto! :)
    Il MAME è davvero una macchina del tempo...
    2.
    Ben scritto, ma l'articolo si limita alla Possibilita': sarebbe interessante discutere dell'Opportunita', specialmente dopo vent'anni.

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