Tra le tante discussioni originate dall’editoriale di venerdì di Ivan, una che mi ha trovato poco d’accordo con lui (e che abbiamo affrontato diverse volte in passato) riguarda la difficoltà “Normale” a cui affrontare o meno un gioco da recensire. Per come la vedo io, l’esperienza “Normale” dovrebbe essere la prima con cui approcciarsi a un titolo nuovo. Non necessariamente quella con cui arrivare ai titoli di coda, ma neanche una da scartare a priori perché considerata “troppo facile”. Il fatto di essere un esperto di un determinato titolo/genere o di una particolare serie aiuta sicuramente ad approcciare un nuovo capitolo con maggior dimestichezza e sicumera, alzando quindi il grado di difficoltà, ma è proprio questo il motivo per cui una redattore, secondo me, deve poter almeno provare che tipo di esperienza attende l’utente nel momento in cui lancia per la prima volta un gioco, e tipicamente setta la difficoltà al livello consigliato.

Per come la vedo io, il concetto è del tutto simile a quando si prova una nuova ricetta di cucina: non stai lì a sperimentare e provare. La prima volta la segui alla lettera, così come è spiegata sul libro/sito/nonna. Vedi come esce, se ti piace o se c’è qualcosa che può essere migliorato. Poi, riprovandola una seconda, una terza volta, cambi qualcosina, aggiungi o togli a seconda dei tuoi gusti, e la migliori. Migliori la tua esperienza di cuoco, e con essa il risultato che ottieni. Può essere pure che cambiando qualcosa la ricetta esca peggio, e quindi torni indietro. Nei giochi, per molta gente, il meccanismo è lo stesso, ma ho il sospetto che tante volte tendiamo a scordarcelo.
Il livello di difficoltà “Normale” è l’equivalente del provare per la prima volta una ricetta di cucina
A volte ci dimentichiamo che molti dei nostri lettori non sono i massimi esperti in materia di videogame, né tantomeno di questo o quel videogioco in particolare.
Diamo per scontate un sacco di cose, tra cui la “capacità” di saper affrontare un titolo in maniera sistematica e rigorosa, o una dimestichezza con dinamiche di gameplay spesso abbastanza complesse. Ci dimentichiamo poi un altro fattore importante, ossia la sempre più diffusa “pigrizia” dell’utente medio, stimolata da software e tecnologie così consolidate da richiedere un sempre minor l’intervento attivo. Io smanaccio per tre ore con le impostazioni di Windows appena l’ho installato, guardo subito le impostazioni grafiche di qualunque gioco appena lanciato, e immagino che lo stesso valga per molti di voi. Ma non per tutti.
Un sacco di gente si trova una cosa che funziona, e non la tocca. Tiene le impostazioni predefinite, compresa quella della difficoltà.

Uno dei compiti degli sviluppatori è far venir voglia al giocatore di aumentare gradualmente il livello di difficoltà
La difficoltà “Normale” è lì proprio per offrire
un’esperienza che non sia troppo facile, che mantenga comunque un grado di sfida soddisfacente, e al tempo stesso assicuri al giocatore di non perdersi nulla di quel che lo attende, sia in termini di racconto che di gameplay.
Compito di chi scrive una recensione è eventualmente spiegare per quale motivo ci si può godere un’esperienza migliore aumentando il livello di difficoltà, e il caso di
Sniper Elite 4 è forse il più recente ed eclatante: a livello Normale, semplicemente, ci si perde tutta la componente tattica legata al realismo della balistica, che impone sicuramente un po’ di impegno in più, ma regala certamente maggiori soddisfazioni.
Compito degli sviluppatori, dal canto loro, è trovare dinamiche e meccanismi che invoglino i giocatori ad aumentare il grado di sfida un po’ alla volta. Penso alla serie
Forza, che premia in maniera diretta chi decide di abbandonare qualche aiutino di troppo aumentando la percentuale di punti e ricompense alla fine di una gara: spinto dal desiderio di progredire più rapidamente, il giocatore può provare a disabilitare – per esempio – lo sterzo assistito, scoprendo che riesce ugualmente ad arrivare primo, divertendosi di più e al tempo stesso mettendo in cascina qualche punto extra. E avanti di questo passo, ovviamente, invogliandolo poco alla volta a migliorarsi e a cercare un’esperienza più ricca e coinvolgente. Perché è poi questa, alla fine, l’unica cosa che conta davvero.
Un esempio (a mio avviso) clamoroso sono i Simulatori. Nella fattispecie quelli di volo- ma in generale qualunque prodotti si vanti di rappresentare su PC "mai come prima" un veicolo. O velivolo. Insomma...
Qualcuno sostiene che aiuta iniziare con dun dunduuunnn "GLI AIUTI"! e poi fare la transizione al massimo realismo sia una bella mossa.
Personalmente dissento. Fortemente. Con una sedia. Distribuita equamente su entrambe le arcate dentarie. Erhm, digressione...
Spesso giocare con "gli aiuti" crea un fastidioso effetto di training negativo- pessime abitudini, chiamiamole amichevolmente così così.
Ho visto brave persone avere grossi problemi con strumentazione o procedure in DCS, Rise of Flight e via dicendo proprio perchè -"Eh, per abituarmi" iniziano giocando con gli aiuti sviluppando delle abitudini (o vere e proprie manie) che non funzionano, o volte sono proprio controproducenti, quando poi si tuffano poi nel mare del ralismo senza i loro braccioli.
Lla maggior parte dei giochi AAA, mass market, che fornisce esperienze "normali" (diciamo che fa del gameplay anche le "regole" del gioco) possono essere giocati diverse volte, con difficoltà differenti, e tutto sommato fornire esperienze "coerenti" con le aspettative del giocatore. Magari la frustrazione diventa un fattore più pesante (guardo proprio te, Call of Duty - Modern Warfare 2. Vai a farti f&%*/ere ).
I simulatori purtroppo, o per fortuna?, hanno bisgno che sia la "skill" del giocatore a guidare l'esperienza di gioco.
Insomma, in DCS o sai usare il tuo aereo o "svolazzi" e basta... Che può andare benissimo, se ciò basta.
E' che spesso è un peccato spendere 50€ per usare solo una frazione del prodotto.
Insomma- SI, hai livelli di difficoltà ma con un occhio al prodotto. Non vale per tutti allo stesso modo.
K'mute, over and out.