Videogiocatori filosofici e videogiocatori di scienza

spacechem

Da uomo di scienza (ebbene sì, pare strano ma è così) sono solito dire che le coincidenze non esistono. Si parlare sempre di probabilità, di eventi rari eppur possibili, eppure il fato, il destino o chi per lui non è sempre d’accordo, e proprio poche ore dopo la pubblicazione dell’editoriale di ieri scritto dal buon Kikko, che parlava appunto della potenza dei videogiochi se usati in ambito scolastico, ecco spuntare su Steam il megapacco contenente gran parte dei titoli Zachtronics in sconto.

Ricordo ancora il momento in cui venni a conoscenza di SpaceChem, grazie a uno dei primissimi Humble Bundle che sconvolsero il mio backlog: insieme a piccole gemme come Frozen Synapse e TRAUMA fece capolino anche questo bizzarro titolo che, a una prima occhiata, sembrava direttamente uscito da una lezione di chimica analitica. Lo avviai quasi per caso, e proprio in quel momento ho capito di amare alla follia Zachary Barth: quello cui mi trovavo davanti non era un “semplice videogioco”, ma una costante sfida rivolta ai miei poveri neuroni. La chimica, la tavola periodica e gli atomi erano un pretesto per piazzare il giocatore davanti a enigmi logico/logistici sempre più complicati, e forse per la primissima volta nella mia “carriera” da videogiocatore ho assaporato la libertà di poter affrontare un problema a mio piacimento. Se qualcuno poteva risolvere un livello in dieci passaggi, io potevo impiegarne comunque il doppio e non essere penalizzato in alcun modo, se non con un’infografica che riassumeva sia le mie prestazioni, sia quelle dei miei amici su Steam.

I pomeriggi passati a farmi venire mal di testa pur di risolvere un livello su SpaceChem mi hanno fatto comprendere le potenzialità del mezzo, e ho cominciato a sognare un sistema scolastico in cui, per far sviluppare al meglio le capacità logiche degli studenti, si passavano almeno un paio d’ore a settimana sull’opera magna di Zachtronics. Ovviamente tutto è semplicemente utopico, non tanto per le ore da dedicare alla logica, a mio avviso sin troppo snobbata a favore di uno studio più “classico”, ma proprio per il concetto culturalmente sconvolgente di piazzarsi davanti a un videogioco durante le ore scolastiche.

infinifactory

I pomeriggi passati a farmi venire mal di testa pur di risolvere un livello su SpaceChem mi hanno fatto comprendere le potenzialità del mezzo

Dove non arriva SpaceChem, che seppur geniale è limitato nella sua bidimensionalità, spunta Infinifactory a colmare un vuoto decisamente importante: la gestione dello spazio. Il concetto di fondo rimane bene o male identico: si hanno delle materie prime che devono essere in qualche modo processate per creare prodotti, e questa volta l’unico nostro limite è la fantasia. Ammetto di aver avuto non pochi problemi durante le prime ore di gioco, proprio perché non riuscivo a sfruttare appieno l’ambiente tridimensionale, eppure pian piano risolvere problemi di spazio e di organizzazione risultava per me sempre più semplice anche nella vita reale. E sì, può sembrare incredibile, ma devo proprio ringraziare un videogioco per questo. L’ultimo colpo di fulmine l’ho avuto invece per SHENZHEN I/0, che senza troppi complimenti piazza il giocatore davanti a lavori da compiere in linguaggio Assembly. L’unico aiuto? Un manuale da stampare con, appunto, una guida per imparare a programmare. Ciò che solitamente richiede sforzi, studio e sacrificio è diventato per me, che conosco a malapena un paio di comandi Qbasic, un vero e proprio passatempo in cui – oltre a divertirmi – imparo nuove nozioni.

Se finisco così spesso a parlare di Zachtronics e a tesserne le lodi ci sarà un motivo, e non posso che cogliere l’occasione di questi sconti per invitarvi a guardare almeno i trailer delle opere sopra elencate, e magari portarvi a casa quel magico SpaceChem che è riuscito a stregarmi così profondamente. Anche solo per poter rispondere a tono al primo che rispolvera il tormentone “i videogiochi ti friggono il cervello”. E il crimine, come fin spesso accade, si impenna.

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