Mi perdoni, padre, perché ho millato

trofei playstation

Questa cosa degli Obiettivi o Trofei da sbloccare continua a non andarmi giù. Saltello qua e là con Yarny in Unravel e invece di godermi il paesaggio cerco appigli nascosti per raggiungere i bottoni; salto a dorso di un delfino in Abzû e piuttosto che assaporarne la fedeltà dei movimenti il mio occhio va alla statua su cui meditare che ancora non ho attivato; ascolto uno scambio importante tra Max e Victoria in Life is Strange e intanto mi rammarico di non aver riavvolto il tempo per fotografare quello stramaledetto scoiattolo che giocava con la lattina. Something goes wrong, doesn’t it?

Che poi di sicuro è un problema mio, che non sono capace di prendere il giusto distacco dal metagioco, concentrarmi sul continuum narativo perché coinvolgente o tutte quelle menate retoriche e bla bla bla che mi ripeto guardandomi allo specchio. E lo so che lo fate anche voi. Sta di fatto che chiunque abbia avuto l’idea di innestare questo tipo di “gioco nel gioco” su Xbox 360 non doveva avere a cuore la serenità dell’utente finale. Perché parliamone… quanti sono quelli là fuori che non danno mai un’occhiatina maliziosa alla propria gamertag, rimpiangendo di non aver mai millato o platinato alcunché? E quanto diventiamo matti se a un’azione volta al sentire quel “ding” liberatorio non corrisponde, come da aspettativa, una reazione che conferma il successo cercato? Di certo, poi, l’ansia da achievement non ci corrode solo per l’aspetto social (i.e. io ho più punti di voi), quanto per un senso di sconfitta del non essere stati tanto bravi ad accorgerci e raccogliere tutto o aver maturato la consapevolezza di lasciare il bicchiere mezzo pieno.

obiettivi trofei editoriale

Quanti sono quelli là fuori che non danno mai un’occhiatina maliziosa al proprio profilo?

Un tempo era più semplice: prendevi i risparmi delle mancette di un anno intero, ti compravi Star Fox 64 nel negozio vicino casa e la tua estate trascorreva tra un pianeta e l’altro, in una danza ripetitiva volta al gesto tecnico perfetto e fine a se stesso, senza la necessità di avere obiettivi esterni al gameplay da cercare ossessivamente per rigiocare all’infinito qualsivoglia stage (ma vi ricordate F-Zero su SNES?!). C’erano meno giochi, costavano uno sproposito e – per non dirci bugie – la varietà di oggi era impensabile, allora. In altre parole: quello c’avevi, e a quello giocavi. Senza contare il fattore internet, che ogni giorno rigurgita IP, meccaniche innovative, reboot e stimoli che ti distraggono dall’hic et nunc facendoti sognare nuovi mondi da esplorare, ancora prima di vedere lo staff roll. Mi chiedo quindi cui prodest farcire un gioco di bandierine o monete, quando sarebbe molto più conveniente per tutti sdoganare i videogiochi dai collezionabili e lasciare il giocatore libero di raggiungere i titoli di coda nel più breve tempo possibile, così da acquistare iniziare un altro titolo senza indugiare in seconde run dal masochismo spinto.

Con tutta onestà mi piacerebbe parlarne con voi. Via le cuffie, mouse o pad a riposo sulla scrivania, come fossimo dall’analista o dal confessore: quando spendete dozzine di ore del vostro preziosissimo tempo alla ricerca del Trofeo perduto, lo fate perché vi divertite o perché siete nevrotici? Ciò che vi muove è un onesto spirito completista o una malsana rincorsa all’accumulo? Davvero, sentitevi liberi, ché qui siamo tutti nella stessa barca.

Articolo precedente
Sogni Elettrici_Philip Dick_Editoriale

I Sogni Elettrici di Philip K. Dick

Articolo successivo
generazione-1000-euro

Generazione 1000 euro

Condividi con gli amici










Inviare

Password dimenticata