I lupi famelici non invecchiano: semplicemente affilano le zanne. Dopo 26 anni Garou Densetsu torna a ruggire per concludere i conti lasciati in sospeso. Bentornati a South Town.
Sviluppatore / Publisher: SNK Prezzo: € 59,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Competitivo locale/online PEGI: 12 Disponibile su: Steam. PlayStation 4/5, Xbox Series X/S
Sono davvero passati 26 anni dall’uscita di Garou: Mark of the Wolves. Una vita, praticamente, durante la quale SNK ha vissuto alti e bassi: da protagonista della scena competitiva arcade degli anni Novanta a ombra di sé stessa, incapace di riorganizzarsi di fronte alla rivoluzione tecnologica del nuovo millennio. Per chi scrive queste righe, è stata quasi una religione: sono stato un ardente collezionista di AES (i famosi e costosissimi “cartuccioni” del Neo Geo, per i profani) e un assiduo giocatore. Rompevo regolarmente le scatole alla Gevin (all’epoca distributore italiano del “mostro nero” SNK) di Napoli per avere notizie in anteprima sulle ultime uscite, in un mondo ancora privo di Internet.
Nei miei viaggi in Giappone, poi, c’era sempre il desiderio di compiere un sacro pellegrinaggio nei luoghi immortalati nei giochi che ho tanto amato, come il sottopassaggio di Esaka. Negli anni ho venduto parecchi pezzi importanti, ma tra le AES che ho voluto conservare con me ci sono – e ci saranno sempre – gli otto capitoli di Fatal Fury, insieme alle loro conversioni sui sistemi a cui sono più affezionato, X68000 in primis. Questo potrebbe farmi apparire “un filo” di parte, ma Fatal Fury: City of the Wolves mi ha reso felice. Mai avrei pensato di assistere a un ritorno degno di questo nome di una delle mie serie preferite e, se anche tu appartieni alla vecchia guardia SNK come me, il consiglio è di lasciar perdere questa recensione e prenotare il gioco senza esitazioni. È un po’ come tornare a casa, davvero.
FATAL FURY: CITY OF THE WOLVES, IL RE DI SOUTH TOWN
Al netto di una realizzazione tecnica eccellente e di meccaniche raffinate, la sekaikan – ovvero il world building – è il cuore pulsante dei giochi di combattimento SNK. Lo aveva brillantemente intuito già nel 1987 Takashi Nishiyama, padre di Street Fighter e successivamente del primo Fatal Fury. Ryu e i suoi avversari sfoggiavano tecniche ispirate agli anime a lui cari, come il celebre Hadoken, dichiaratamente basato sull’Hadōhō, il famoso “cannone ad onde moventi” di Uchū Senkan Yamato, conferendo così personalità ai personaggi.
Preferisco un Fatal Fury con Ronaldo piuttosto che nessun Fatal Fury
Quando arrivò il momento di scrivere Fatal Fury, Nishiyama scelse come sfondo del torneo una storia di vendetta e sete di giustizia, ambientata in una città stretta nella morsa di un carismatico signore del crimine. Nacquero così personaggi leggendari come i fratelli Bogard e la loro nemesi, Geese Howard. Yasuyuki Oda, producer di City of the Wolves, ha assorbito lo Zeitgeist di quel periodo: contribuì a ottimizzare il codice di Fatal Fury Special e, in seguito, ricoprì ruoli di grande rilievo nello sviluppo di Street Fighter IV presso lo studio Dimps, fondato, guarda caso, dallo stesso “Piston” Takashi.
Proprio per questo, il nuovo Fatal Fury riesce a essere al tempo stesso autentico e sorprendentemente fresco: dalla forte caratterizzazione dei personaggi fino alle meccaniche di gioco, che appaiono subito come un’evoluzione naturale di quelle viste nel precedente Garou: Mark of the Wolves, l’ultimo Fatal Fury uscito su Neo Geo. L’S.P.G. (Selective Potential Gear) ricopre esattamente il ruolo che fu del T.O.P. in Mark of the Wolves, cioè un segmento da posizionare prima del match all’inizio, a metà o alla fine della barra della vitalità. Una volta attivo, i vantaggi sono notevoli: tra questi, l’accesso ai Colpi REV, potenti attacchi dotati di autoguard, facilmente integrabili nel nuovo sistema di combo condiviso da tutti i personaggi. Questo può essere concluso con un colpo diretto, una spazzata o un overhead, in maniera non dissimile dalle sequenze introdotte in Fatal Fury 3. Se è vero che un equivalente dei Colpi REV era già presente in Garou, qui viene introdotta anche una variante aerea, che rende un personaggio con l’S.P.G. attivo ancora più pericoloso. E per aggiungere ulteriore pepe, durante questo stato potenziato è possibile sacrificare due unità della barra delle super mosse per scommettere il tutto per tutto e scatenare la Hidden Gear, ovvero la tecnica più devastante a disposizione di ciascun lottatore.
VECCHIO E NUOVO, IMMEDIATO MA PROFONDO
Il nuovo livello di profondità si concentra quindi sul vero fulcro di City of the Wolves: il sistema REV, una meccanica avanzata che sintetizza alla perfezione l’anima offensiva, spettacolare e strategica che contraddistingue da sempre i titoli SNK. Premendo due pulsanti durante l’esecuzione di una mossa speciale si attiva una versione potenziata della tecnica chiamata Arte REV dotata di proprietà uniche che la rendono ancora più impattante e spettacolare. Ma non finisce qui: le Arti REV possono essere concatenate grazie alla REV Accel, una dinamica che permette a ogni personaggio di costruire combo personalizzate.

Salvatore è un gag character. Originale e interessante, avrebbe avuto più senso come DLC, lasciando spazio ai veterani che il pubblico si aspettava dopo un’attesa di 26 anni.
La finestra per eseguire una REV Accel non mi è sembrata particolarmente stretta, e il sistema invita a sperimentare per scoprire le sequenze più efficaci. Se far seguire un Hard Edge da un Rising Tackle nel caso di Rock Howard è tanto naturale quanto vedere Richard Meyer che lotta al ritmo della Capoeira, va detto che la modalità Missioni nel menu Pratica saprà guidarvi attraverso una serie di stuzzicanti combinazioni predefinite, ideali per cominciare a prenderci la mano. Qui potrete familiarizzare con concetti avanzati come il breaking, ovvero interrompere una mosse speciale al primo colpo per punire la vulnerabilità dell’avversario con opzioni molto più dolorose. Il REV presenta anche un’anima difensiva: tenendo premuto l’apposito tasto (un quinto, che si aggiunge ai quattro che i fan storici del Neo Geo si aspettano) si attiva la Guardia REV, che dispiega un piccolo scudo di energia davanti al personaggio e mantiene lontano l’avversario in caso di parata, annullando anche il chipping damage.
Il sistema REV sintetizza alla perfezione l’anima offensiva, spettacolare e strategica che contraddistingue da sempre i titoli SNK
Da questa posizione è anche possibile eseguire scatti e brevi balzi, mantenendo aperte tutte le opzioni evasive; inoltre, lo stesso pulsante si rivela utile anche per ingannare l’avversario con finte delle mosse speciali. Ovviamente, tutta questa potenza ha un costo: utilizzare tutte le prelibatezze che ruotano attorno al REV riempie il REV Meter che, una volta saturato, costringe ad entrare in uno stato di surriscaldamento. In quel momento si perde l’accesso alle tecniche REV, al Just Defend (una meccanica simile al Parry di Street Fighter 3) e anche la parata diventa più fragile, con il Guard Crush sempre dietro l’angolo. È un sistema che incoraggia uno stile di gioco aggressivo ma consapevole, premiando chi riesce a bilanciare potenza e stile con precisione e intelligenza: in generale, Fatal Fury: City of the Wolves è un’autentica gioia da giocare! Mi lascia un po’ perplesso il ritorno dei combattimenti su due piani di profondità, storico marchio di fabbrica della serie sin dal 1991, qui però confinato a un solo stage e quindi piuttosto sottoutilizzato.
CE N’È PER TUTTI!
Fatal Fury: City of the Wolves non è certo avaro di contenuti, tutt’altro. Per chi predilige l’offline, c’è la classica modalità Arcade, che riprende la storia esattamente da dove si era interrotta in Garou, portando avanti (e forse concludendo? Chi può dire quale sarà il finale canonico…) la lunga saga delle pergamene Jin. Non manca ovviamente il Versus, perfetto per sfidare gli amici, sia in incontri standard che attivando una serie di modificatori, mentre il grosso della ciccia per i giocatori solitari si annida in Episodes of South Town che altro non è che l’apprezzatissimo World Tour tanto amato nelle conversioni di Street Fighter Zero 3, rivisitato però in chiave SNK. Si sceglie un personaggio, si segue la sua personale storia e si affrontano una serie di combattimenti sulla mappa della città, scegliendo con cura quelli più abbordabili per salire di livello, diventare più forti e mettere le mani su una serie colossale di abilità da equipaggiare per ottenere importanti vantaggi in vista dei combattimenti più tosti.

I replay possono essere studiati nel dettaglio, ma anche utilizzati per addestrare cloni contro cui misurarsi. Una funzione potenzialmente interessante che vorrei vedere espansa in futuro.
Una volta terminata l’avventura si sblocca una seconda mappa popolata da avversari ancora più temibili, e la prospettiva di migliorare al massimo tutti i lottatori garantirà un bel po’ di divertimento a chi si lascerà conquistare, specie perché l’area di gioco è traboccante di richiami alle arene dei vecchi picchiaduro SNK per un viaggio nei ricordi memorabile. Del resto, il gioco è davvero bello da “vivere”, grazie a un cel-shading molto evocativo, a metà tra una graphic novel e un anime, che dona ai lottatori un carisma da vendere.
In generale, Fatal Fury: City of the Wolves è un’autentica gioia da giocare
Forse non raggiunge i livelli di dettaglio poligonale di Street Fighter 6, ma complessivamente la presentazione audiovisiva del gioco è inattaccabile: vanta un eccellente doppiaggio in giapponese (e su questo fronte la scuola Neo Geo non è mai stata seconda a nessuno!) e una colonna sonora ottima, che può persino essere personalizzata tramite la modalità Juke Box, attingendo a una marea di tracce provenienti dai più celebri giochi di combattimento SNK. Il roster è composto da 17 lottatori, un numero nella media considerando che Street Fighter 6 all’uscita ne annoverava 18. Nei prossimi mesi se ne aggiungeranno altri cinque, dai veterani Andy e Joe fino ad arrivare a ospiti come Ken e Chun-Li, per i quali non dovrete sborsare nulla: la prima stagione, infatti, è totalmente gratuita. Voglio sorvolare sulle polemiche riguardo l’inclusione di Salvatore Ganacci e Cristiano Ronaldo, le due celebrità (oddio, Salvatore non è certo David Guetta…) in carne e ossa che tanta rabbia hanno suscitato negli ultimi tempi.

Esclusi gli “ospiti” in carne e ossa, Preecha è l’unico personaggio originale assieme a Vox. Allieva di Joe, è parzialmente basata su schizzi preparatori destinati al seguito di Garou che non si materializzò mai su Neo Geo.
Mi limito a dire che preferisco un Fatal Fury con Ronaldo piuttosto che nessun Fatal Fury e chissà, magari il richiamo di un nome tanto importante – CR7 è sicuramente più famoso e riconoscibile di qualunque protagonista di picchiaduro – potrà davvero attirare nuovi giocatori. Solo, avrebbero avuto maggior senso (e attirato molto meno odio) come DLC, lasciando la gloria iniziale a veterani richiestissimi come Freeman o Kim Jae Hoon.
Fatal Fury riesce a essere al tempo stesso autentico e sorprendentemente fresco: dalla forte caratterizzazione dei personaggi fino alle meccaniche di gioco
Per quanto riguarda l’aspetto online, c’è una precisazione da fare: sebbene il matchmaking nell’ultima beta si sia rivelato nettamente più performante rispetto alle prove precedenti, stavolta non è stato facile trovare avversari, complice il ristretto bacino d’utenza composto dai soli pochi giornalisti. Quando sono riuscito a giocare, però, non ho avuto alcun problema e mi sono goduto match fluidi e appaganti. Credo che, tra rollback, crossplay e l’immancabile sistema di controllo semplificato (chiamato Smart), ci siano tutte le carte in regola per creare e cementare una community solida. Ma questo è un aspetto che andrà confermato dopo l’uscita del gioco, magari in occasione della recensione cartacea.
In Breve: Fatal Fury: City of the Wolves non è soltanto un ritorno riuscito: è una lettera d’amore ai fan di lunga data e, allo stesso tempo, un ottimo punto d’ingresso per i nuovi arrivati. Grazie a un gameplay profondo ma accessibile, una direzione artistica ispirata e una valanga di contenuti per tutte le modalità, SNK firma uno dei suoi lavori più convincenti dell’era moderna. C’è ancora da verificare la tenuta del comparto online e il peso di certe scelte impopolari nel roster iniziale, ma il cuore c’è, e batte forte. South Town è di nuovo viva.
Piattaforma di Prova: PC / Steam Deck
Configurazione di prova: Ryzen 7 5800X, RTX 4070 12Gb, RAM 32Gb 3600Mhz, SSD
Com’è, Come Gira: Con la configurazione iniziale ho giocato senza alcun problema, con le impostazioni grafiche settate su Ultra. City of the Wolves, del resto, compensa una conta poligonale discreta con tonnellate di stile. Anche su Steam Deck il gioco si comporta bene: lì ho dovuto abbassare la qualità su Alta, ma sullo schermo portatile non si percepiscono particolari perdite.