CAPO III.
Delle diverse specie di lussuria consumata contro natura.
La lussuria consumata, contro natura, è l'emissione del l'umore seminale, in modo non consentaneo alla generazione, avvenga poi esso all'infuori dell'accoppiamento carnale, ovvero nell'accoppiamento stesso. Tre sono le specie di codesta lussuria, cioè: la polluzione, la sodomia e la bestialità.
ARTICOLO I.
Della polluzione. La polluzione che chiamasi anche incontinenza secreta, o mollezza[5], è l'emissione del seme umano, all'infuori d'ogni accoppiamento carnale.
[5] Il testo latino ha mollities vocabolo che, in italiano, sarebbe forse meglio tradurre colle parole sensualità semi-libidine, ma che od ogni modo non renderebbero mai esattamente il significato della polluzione come non lo rendono affatto nè mollezza nè incontinenza secreta.
Il seme umano è un umore vischioso, destinato dal Creatore alle generazioni e alla conservazione della specie: differisce essenzialmente dall'orina' la quale è una secrezione degli alimenti, che si emette, a sollievo della natura, come gli escrementi.
La polluzione si divide in:
Semplice e qualificata;
Volontaria e involontaria;
Volontaria in sè stessa, e volontaria nella sua origine.
La polluzione semplice è quella a cui non si aggiunge una estranea malizia: vale a dire, è quella di chi, obbligato a nessun vincolo personale con altri, si abbandona al piacere venereo unicamente con sè stesso.
La polluzione dicesi qualificata quando, oltre la sua propria malizia, un'altra ve se ne aggiunge, o da parte d'un oggetto a cui si pensa, o da parte di chi è passivo nella polluzione, o da parte di chi è agente.
La polluzione acquista la peccaminosità dell'adulterio, dello incesto, dello stupro, del sacrilegio, della bestialità o della sodomia sè, nel compierla si pensa ad una donna maritata, ad una parente ecc., ecc. Così quegli che desiderando la Beata Vergine, si abbandonasse alla polluzione davanti alla sua statua od immagine, commetterebbe un orribile sacrilegio.
La stessa peccaminosità acquista se chi è l'oggetto passivo della polluzione è una persona coniugata, ovvero consacrata a Dio col voto o coll'Ordine sacro.
Egualmente, se chi opera la polluzione, è per esempio, un religioso o altro sacerdote.
Tutte queste circostanze è necessario rivelare in confessione, perchè fanno cambiare la specie del peccato.
La polluzione volontaria è quella che si compie in modo diretto o di cui si cerca volontariamente la causa. È involontaria, se avvenga senza la cooperazione della volontà, sia vegliando, sia dormendo.
Siccome la polluzione affatto involontaria non può essere un peccato noi qui non ne parleremo se non in quanto può aver relazione a un peccato.
Perciò noi tratteremo:
Della polluzione volontaria, in sè stessa;
Della polluzione volontaria, nella sua origine;
Della polluzione notturna;
Dei movimenti sregolati;
Norme del confessore verso coloro che hanno l'abitudine di darsi alla polluzione.
§. 1.
Della polluzione volontaria in sè stessa.
Molti probabilisti negarono seguendo Caramuel, che la polluzione fosse per diritto naturale proibita, imperocchè la emissione del seme umano puossi paragonare ad una emissione di sangue, di latte, di orina e di sudore, e per conseguenza, se non la proibisce la legge positiva divina, lecito sarebbe e necessario il compierla ogni qualvolta la natura lo richiedesse. Nessun teologo però è di questo parere.
PROPOSIZIONE.—La polluzione, considerata in sè stessa è un peccato contro natura.
Questa proposizione è provata dalla Sacra Scrittura, dalla autorità di Innocenzo XI, dal consenso dei teologi e dalla ragione.
1. Sacra Scrittura: I. ai Corint. 6. 9. «Sappiate che nè i fornicatori, nè gli adoratori d'idoli, nè gli adulteri, nè i segretamente incontinenti, nè i sodomisti possederanno il regno di Dio.» Ai Gal, 6. 19; «È certo che coloro i quali, come dissi e ripeto, si abbandonano a cose carnali, cioè alla fornicazione, all'impurità, alla impudicizia, alla lussuria e cose simili, non entreranno nel regno di Dio.
Colle parole segretamente incontinenti intendesi alludere a coloro che volontariamente si fanno, o si fanno fare da altri delle polluzioni manuali: questa vergogna va certamente collocata a livello delle impurità e delle impudicizie, l'Apostolo dichiarando, che questi peccati escludono dal regno dei Cieli, non li presenta solo come trasgressioni al diritto positivo, ma evidentemente come cose che deturpano la natura.
2. Innocenzo XI condannava, il 2 marzo 1679, la seguente proposizione di Caramuel: «La polluzione manuale non è vietata dal diritto naturale, e se Dio non la proibisse, spesso essa sarebbe conveniente e qualche volta obbligatoria.»
3. La ragione: E' certo che fu nella mente del Creatore che la destinazione dell'umore spermatico e d'ognì atto venereo fosse quella di provocare e perpetuare la specie umana. Se si permettesse la polluzione per una volta, non si saprebbe capire la ragione, per cui non si potesse permettere ulteriormente: è appunto per questo che non si può permetterla mai. Di più il piacere annesso alla polluzione volontaria espone al pericolo di contrarne l'abitudine; e noi dimostreremo che è un'abitudine questa gravemente colpevole imperocchè conduce a mali enormi: la polluzione dunque, che avviene all'infuori del naturale accoppiamento, è manifestamente contro natura; lo riconobbero gli stessi Pagani, come appare dalle seguenti parole di Marziale, Epig. 42: «Credimi, la stessa natura t'insegna il vero, o Ponticio; ciò che tu perdi colla polluzione manuale, è un uomo.»
Devesi quindi concludere, non essere mai lecito eccitare direttamente la polluzione, nemmeno collo scopo di conservare la salute e la vita; imperocchè non è egualmente lecito il fornicare, collo stesso scopo. Il paragone col sangue, col latte, coll'orina e col sudore, addotto da Caramuel non regge, imperocchè la destinazione di questi umori è ben diversa da quella dell'umore spermatico. Nè giova dire che è talora permesso cavar sangue dalle vene, o tagliar un membro del corpo ed anche i vasi dello sperma, imperciocchè il sangue e i membri sono parti del corpo, subordinate alla salute dell'individuo, e perciò, per salvarlo, possono benissimo essere lese; ma il seme umano non fu creato per la sanità del corpo, ma per la propagazione della specie. Non si va incontro ad alcun pericolo con una cavata di sangue o coll'amputazione d'un membro: ma non è così colla polluzione.
§. II
Della polluzione volontaria nella sua origine.
Si suole distinguere due cause di polluzione, una prossima, e l'altra remota.
La causa prossima è quella che porta per se stessa alla polluzione, come il palpeggiare le proprie o le altrui parti genitali il contemplarle, il parlare d'oscenità o amori, il volgere in mente turpi immagini, ecc., ecc.
E' causa remota quella che meno direttamente spinge alla polluzione, come sarebbe il bere e il mangiare smoderato, lo studio delle questioni veneree, l'ascoltare i peccati al confessionale[6] ecc., ecc.
[6] Preziosa concessione in bocca d'un vescovo: il Sacro Tribunale della Penitenza si schiera imperturbabilmente fra le cause delle polluzioni veneree. Che onore!
Queste cause possono essere lecite, venialmente cattive o mortalmente cattive: così, possono sedurre alla polluzione in modo prossimo o in modo remoto.
Egli è certo: 1° che quegli il quale volontariamente, anche per un istante, si abbandona al piacere della polluzione, sia pure senza un dato intendimento e per sola causa accidentale, pecca mortalmente: nessuno negherà ciò; 2° che pecca pure mortalmente quegli che dà motivo prossimo, diretto, alla polluzione, come sarebbe, per esempio, toccando o rimirando libidinosamente le proprie o le altrui parti vergognose in modo che sembri si voglia la polluzione, ancorchè ad eccitar questa veramente non si miri. Anche questo è evidente.
Esaminiamo ora se la polluzione prodotta da causa lecita, o solo venialmente cattiva, sia peccato e quale peccato.
Fare un'azione lecita in se stessa, ma senza necessità o utilità, e che si prevede ch'essa ecciterà una polluzione, è peccato mortale, perchè si coopera efficacemente ad un risultato mortale, senza alcuna ragione scusante.
Quegli che per vantaggio proprio o d'altrui fa una azione in sè lecita ma che, per ragione di sue particolari disposizioni, ha una prossima influenza sulla polluzione, pecca mortalmente, semprechè esso sia esposto a dare il suo consenso ad un pericolo prossimo di essa, imperocchè nessuno nega che l'esporsi a tale pericolo sia peccato mortale, a meno che ci sia la scusa di una grave necessità.
Se poi urge una grave necessità, e il fine a cui si tende è buono, non v'è peccato, imperocchè è permesso, per grave causa, fare la polluzione in guisa che ne conseguano due effetti, uno buono e l'altro no, e che si dia tutto il proprio assenso al primo, negandolo all'altro. Così un chirurgo, il quale guarda o tocca le parti genitali d'una donna, sia per curarne una infermità o per agevolare un parto, si espone certo all'occasione d'una polluzione, ma esso perciò non pecca, purchè non vi presti consenso alcuno, contuttochè si esponga ad un prossimo pericolo di acconsentirvi.
Non pecca colui il quale, per sua o per altrui utilità, fa una azione, dalla quale prevede che ne può seguire una polluzione, alla quale però egli non si mette nel pericolo prossimo di acconsentire, perchè si suppone ch'egli non provi nè secondi il male che ne può venire. Così S. Tommaso e in generale i teologi. E' permesso di studiare le cose veneree, per un fine onesto; di ascoltare le confessioni delle donne: di conversare con esse utilmente e onestamente; di far loro visite; di abbracciarle decentemente come se fossero parenti; di cavalcare; di usare moderatamente delle bibite riscaldanti, prescritte dalla salute; servire gli infermi; metterli nei bagni; esercitare la chirurgia, ecc., benchè si preveda che ne possa seguire polluzione; ma non ci si deve pensare se non col fermo proposito di non acconsentirvi e colla fondata speranza di perseverare in questo proposito.
Se però, per nessuna utilità o ben lieve, ci fossero da compiere azioni influenti sulla polluzione, bisogna astenersene; se no, si commetterebbe peccato veniale o mortale, a seconda della gravita o leggerezza della polluzione che si provocherebbe. Per esempio: se l'uso del caffè, dell'acquavite, del vino puro, ecc. non suggerito dalla salute come ordinariamente lo è, eccita in te polluzione, devi astenerti da esso, sotto pena di peccato veniale se l'eccitamento è soltanto probabile, e di peccato mortale se, per qualche causa a te particolare, l'eccitamento è diretto e l'effetto quasi moralmente certo.
È peccato mortale fare un'azione venialmente cattiva, la quale influisca in modo prossimo sulla polluzione: ciò risulta da quanto or si dirà. Se alcuno, per ragioni di sua particolare debolezza, è solito provare polluzione guardando voluttuosamente una donna in qualche parte sensuale del corpo; o toccandole una mano; premendole le dita; conversando con lei; abbracciandola onestamente, ma senza una ragione; assistendo a balli, ecc., deve astenersi da tutti codesti atti sotto pena di peccato mortale.
Se dei peccati veniali in materia di lussuria, e a più forte ragione in altra materia, influiscono sulla polluzione soltanto remotamente, come, per esempio, se negli atti or ora esposti essa non avvenga che di rado, la castità non si trova che venialmente lesa. Quanto al sapere se essa sarebbe mortalmente violata, o nella polluzione in sè stessa, o nella causa della polluzione medesima, si può rispondere con una duplice negazione: non nel primo caso, quando si suppone mancare qualsiasi assenso attuale; non nel secondo caso dell'ipotesi, se la causa è lieve, e quindi soltanto lievemente influisce sulla polluzione. Così pensano, con S. Tommaso, molti teologi contro pochi.
Un peccato mortale, diverso dalla lussuria, come, per esempio, l'ira, l'ubriachezza, che solo remotamente influisce sulla polluzione, non si considera che come un peccato veniale di lussuria, perchè l'influenza non dovendosi qui riferire che alla ragione, non può che supporsi essere una influenza lieve. Così S. Lig., l. 3, n. 484, e molti altri dopo di esso.
Evidentemente si dovrebbe dire il contrario, se questo peccato, per speciali circostanze annesse, per esempio la sua frequenza, lo si giudicasse influire sulla polluzione in modo prossimo.
§ III.
Della polluzione notturna.
Per polluzione notturna s'intende quella soltanto che avviene nel sonno. Se il sonno è imperfetto, la polluzione può essere semi-volontaria, e non ne conseguirebbe che un peccato veniale. Se poi il sonno è perfetto, la polluzione non è in modo alcuno volontaria, e non ne deriva peccato: non potrebbe essere peccaminosa se non nella sua origine.
E' certo che quegli il quale predispone una cosa colla intenzione che da essa derivi una polluzione durante il sonno, per esempio, giacendo in letto in un dato modo, coprendosi ben bene, palpeggiandosi, ecc., pecca mortalmente.
Eccettuati questi casi, si deve esaminare quale sia la causa della polluzione notturna e come essa influisca sulla polluzione stessa.
Triplice è la causa secondo S. Tommaso, 22, q. 154, art. 5, ed altri teologi: corporale, spirituale intrinseca e spirituale estrinseca.
I. Cause corporali sono:
La sovrabbondanza di materia seminale, della quale la natura, troppo gravata, si scarica colla emissione spontanea;
Le immagini della fantasia provenienti dalla stessa sovrabbondanza di materia seminale, o da altra disposizione di corpo;
L'intemperanza nel bere e nel mangiare, o le qualità eccitanti dei cibi e delle bevande;
I motivi che sciolgono il seme, come, per esempio, l'equitazione, la vista di cose lascive, o il pensare ad esse nella veglia;
Un certo prudore di umori, un sangue molto caldo, i nervi irritabili, i palpeggiamenti nei sogni, la morbidezza del letto, ecc.;
La debolezza degli organi, che può nascere da un difetto di costruzione, o dalla contratta abitudine alla polluzione; debolezza che frequentemente provoca uno spargimento di seme che spesso reca grave nocumento alla salute.
II. La causa spirituale intrinseca, che S. Tommaso chiama animale, perchè risiede nell'anima, è il pensiero, prima del sonno, di cose lascive; e vi si comprendono i desideri, le protratte fantasie voluttuose, i cattivi discorsi, il frequentar donne, l'assistere a spettacoli e a balli, la lettura di libri osceni, ecc.
III. La causa spirituale estrinseca è opera del Demonio, il quale—secondo S. Tommaso e tutti gli altri dottori—illudendo la immaginazione e commovendo gli spiriti genitali, eccita la polluzione. Questo genere di polluzioni, quando provengono da causa estranea alla volontà, e se vi manca il consenso attuale, non si possono imputare a peccato.
Similmente non sono peccati le polluzioni che avvengono nel sonno per naturale sovrabbondanza di umore simile, per debolezza di organi, per disposizione nervosa, o per il non soddisfacimento d'un'abitudine, semprechè non nascano con deliberato proposito e non sieno perciò in alcun modo acconsentite.
Nelle altre polluzioni è da esaminare se la loro origine sia lecita, se venialmente o mortalmente cattiva, se prossimamente o remotamente influente su di esso: per ciò si giudicherà prudentemente se vi sia peccato e quale peccato sia. Se una cosa, benchè lecita, influisca prossimamente sulla polluzione, non basta la sua utilità, ma richiedesi la necessità, affinchè possa la cosa essere scusata: ove poi l'influenza sia remota, basta una semplice scusa ragionevole.
Si domanda: 1. Cosa deve fare chi, svegliandosi, si avvede di aver compiuta una polluzione.
R. Deve elevare la mente a Dio, invocarlo, fare il segno della santa croce, non compiere cosa alcuna che provochi in seguito l'emissione del seme, rinunciare ad ogni voluttuoso diletto: così operando, può stare colla coscienza tranquilla: ma egli però non è obbligato a far resistenza all'impeto della natura, qualora ei senta che nei vasi spermatici la secrezione dell'umore è già avvenuta; in questo caso è una necessità che l'emissione, subito o no, abbia luogo, altrimenti il seme, già uscito dai reni, si corromperebbe internamente a detrimento della salute.
Si domanda: 2. Se sia permesso compiacersi della polluzione non colpevole, in quanto essa è di sollievo alla natura, o desiderarla sotto questo rispetto.
R. Generalmente i dottori insegnano essere lecito compiacersi dei buoni effetti della polluzione involontaria, sia avvenuta nel sonno, sia nella veglia, perchè sotto questo riguardo, essa non dà un risultato cattivo. E un maggior numero di dottori e con maggiori probabilità insegnano essere lecito per le stesse ragioni, compiacersi di un tale effetto, che la polluzione deve produrre.
Ma è lecito compiacersi della polluzione, volontariamente compiuta o da compiersi, considerandola come un sollievo della natura? Molti affermano, e dicono che da nessuna legge essa è proibita: così S. Tommaso, in 4, Sent. tit. 9, q. I, art. I, dice: «Se la polluzione si gradisce come una scarica o un sollievo della natura, non credesi che sia peccato.» Si avverta che non dice se si gradisce l'effetto della polluzione ma se si gradisce solo la polluzione. Questa opinione sembra a noi molto probabile in teoria, ma molto pericolosa in pratica, e non è quindi a tollerarsi.
Si domanda: 3. Che si deve dire del gocciolìo!
R. Il gocciolìo è una lenta emissione di seme imperfetto o di consimile umore vischioso, senza che vi siano movimenti gravi di concupiscenza. Se ha luogo senza piacere venereo, come se proviene da debolezza d'organi o dal diletto di un prurito insopportabile, lo si deve considerare come si considera l'emissione del sudore: così dicono Cajetanus e i teologi in generale. Ma se avviene volontariamente e copiosamente, o con una notevole commozione degli spiriti genitali, è peccato mortale, perchè implica il pericolo prossimo della polluzione. Così Sanchez, S. Liquori, ecc. Se poi avviene in modica quantità, senza piacere e senza commozione notevole dello spirito, o non è peccato, se la causa risiede nella ragione e nella utilità, o, tutt'al più, è peccato veniale. Ciò è conseguenza di quanto abbiam detto della polluzione indirettamente voluta.
Si domanda: 4. Se sia permesso, per opera di medicamenti prescritti dai medici, sciogliere ed espellere il seme morboso, già sciolto dai reni, e perciò implicante pericolo di vera polluzione.
R. Generalmente i dottori lo affermano, purchè ciò tenda solo a provvedere alla salute, e la polluzione non sia direttamente eccitata, nè desiderata, nè che vi si acconsenta allorchè avviene all'infuori del desiderio, e infine che il seme sia veramente diventato morboso. Così Sanchez, Layman, S. Liquori, ecc., contro P. Concina, Bonacina, La Croix, De Lugo, e molti altri.
§ IV.
Dei movimenti disordinati.
Questi movimenti sono certe commozioni delle parti genitali che più o meno dispongono alla polluzione. Possono essere gravi o lievi: sono gravi se inducono un pericolo prossimo di polluzione; lievi, se il contrario.
E' peccato mortale il compiacersi volontariamente in questi movimenti, ancorchè sieno lievi e nati involontariamente, imperocchè v'ha qui un piacere venereo che probabilmente non implica leggerezza di materia, ed induce nel grave pericolo di andare più oltre. A più forte ragione sarebbe peccato mortale l'eccitarli deliberatamente Vanno poi immuni da peccato, se essi non dipendono dalla volontà nè in se stessi, nè nella loro causa, come spesso avviene, e se non vi si acconsente menomamente. Ove poi la causa di essi sia stata deliberatamente predisposta, bisogna considerarli come polluzione indirettamente voluta, con questa differenza, che la polluzione è sempre una cosa grave, mentre i movimenti possono essere talmente leggeri e così lontani dal pericolo di polluzione, da doversi considerare come piccoli peccati, poco curandosi altresì della loro origine, purchè questa sia onesta.
Or si domanda specialmente, cosa si debba fare quando tali movimenti nascono senza colpa.
E' certo, come già dicemmo, che non si può acconsentire volontariamente ad essi se non peccando mortalmente. Ciononpertanto, non conviene opporre ad essi una forte resistenza, imperocchè in allora lo stesso ritegno infiamma la fantasia e per relazione simpatica, eccita maggiormente gli spiriti genitali. La cosa più sicura è dunque quella d'invocare con calma Iddio, pregare la Beata Vergine, l'Angelo custode, il proprio patrono egli altri santi, fuggire gli oggetti pericolosi, distogliere tranquillamente il pensiero da idee oscene e portarlo su altre cose, applicarsi seriamente ad affari diversi e in ispecial modo a quelli che maggiormente distraggono.
Si domanda se il rimanere indifferente ai movimenti di concupiscenza nati involontariamente, nè approvandoli, nè disapprovandoli, sia peccato e quale peccato.
R. 1. Tutti ritengono che tale indifferenza è almeno un peccato veniale, perchè il pensiero sarebbe obbligato di provare della ripugnanza pei movimenti disordinati della concupiscenza.
2. Sanchez, S. Liguori, l. 5, n, 6, e molti altri dicono che questo peccato, escluso il pericolo prossimo di polluzione, è solamente veniale, perchè—dicono—i movimenti disordinati devono essere respinti per la ragione che è a tenersi inducano alla polluzione o sveglino il consenso della volontà al piacere venereo Ora, se pericolo non esiste od è remoto, l'obbligo d'evitarlo non è grave: ma essi affermano che, sotto pena di peccato mortale, c'è l'obbligo di resistere positivamente non foss'altro per senso di rincrescimento, se vi ha pericolo prossimo o di cadere nella polluzione o di acconsentire al piacere venereo.
Altri generalmente insegnano che la indifferenza da un lato congiunta d'altro canto con una piena attenzione a questi movimenti disordinati, benchè sieno lievi, è peccato mortale, tanto per la loro disordinatezza, quanto pel pericolo che vi ha di acconsentirvi. Così Valentia, Lessius, Vasquez, Concina, Billuart, e nella pratica Habert, Collet, P. Antoine, Dens, ecc.
E' cosa pericolosa il trasgredire in pratica questa sentenza, benchè il parere contrario, considerato teoreticamente non manchi di probabilità: richiedesi dunque che un positivo rincrescimento, almeno virtuale risieda nel pensiero, verso questi movimenti disordinati, sorti all'infuori della volontà,
Questo rincrescimento si ha come sufficiente, quando la volontà opponesi con fermo proposito al piacere venereo, disdegna i movimenti voluttuosi e si rivolge ad altro.
Quanto or s'è detto, non lo intendiamo detto per coloro che scrupolosi per un nonnulla, sono troppo solleciti a tormentare la propria coscienza, affannosamente scrutando se abbiano o no prestato un consenso, molto più che, così operando, non fanno che esporsi viemaggiormente agli stimoli della carne e perpetuarne quasi la loro efficacia: abbiano costoro il fermo proposito di vivere sempre castamente, sdegnino i movimenti disordinati e non si preoccupino menomamente delle regole che soglionsi seguire negli esami di coscienza e nella confessione; l'esperienza prova essere questo il mezzo più sicuro e più breve per liberarsi da scrupoli mal fondati.
§ V.
Norme dei confessori verso coloro che si danno alla polluzione.
Non vi ha vizio più nocivo, sotto qualunque aspetto, ai giovani, e specialmente se maschi, di quello della polluzione, imperocchè, presi da questa prava consuetudine, indurano lo spirito, inebetiscono, dispregiano la virtù, disdegnano la religione; la loro indole diventa malinconiosa, incapace di energia, inetta a qualsiasi proposito tenace; le forze del corpo mancano, gravi infermità sopravvengono, si appalesa una caducità prematura, e spesso si muore di morte vergognosa.
Gli spaventosi effetti della masturbazione, descritti da Ippocrate, ce li riferisce Buchanan, t. 4, p. 567: «Questa malattia nasce dal midollo spinale; essa colpisce i giovani sposi ed i libidinosi; non hanno febbre, e, benchè mangino bene, dimagrano e si consumano; par loro di sentire come un formicolìo scendere dalla testa lungo la spina dorsale. Ogniqualvolta essi emettono gli escrementi ed orinano, perdono abbondantemente un umore seminale acquoso; sono inetti alla generazione; spesso, nei loro sogni, sono intenti all'atto venereo; le passeggiate, specialmente lungo le strade faticose, li scalmanano, li prostrano, e procacciano ad essi pesantezza di capo e susurrii nelle orecchie; infine una febbre acuta termina i loro giorni.»
Egualmente Aretes, medico greco, vivente al tempo di Trajano, dice, l. 2, c. I; «I giovani, dediti a questo vizio, vanno soggetti alle malattie e alle infermità dei vecchi; diventano pallidi, lascivi, cupidi, sfibrati, pigri, stupidi, ed anche imbecilli; il loro corpo s'incurva, le loro gambe più non li reggono; sono malcontenti di tutto, inabili a tutto, e molti cadono nella paralisia.»
Questi giudizii fondamentali, tramandatici da medici antichi, sono ammessi pure da tutti i medici più recenti, e vengono confermati da un'infinità di fatti, di cui noi ne riferiremo alcuni.
Hoffman, celebre professore di medicina in una università della Germania, nel suo Trattato Delle malattie provenienti dall'abuso dei piaceri dell'amore, riferisce «che un giovane di 18 anni, il quale amoreggiava carnalmente con una fantesca, fu colto tutto ad un tratto da debolezza e da fremito generale in tutti i suoi membri; aveva il viso rosso e i polsi debolissimi. In brev'ora si riuscì a toglierlo a questo stato, ma egli restò sempre afflitto da un languore generale.»
Tissot, Dell'onanismo, p. 33, così descrive un giovane, pel quale fu richiesta la sua cura:
«La prima volta ch'io vidi questo disgraziato, ne fui spaventato.
«Sentii più che mai allora la necessità di dimostrare ai giovani l'orrendo precipizio nel quale volontariamente si gettano, abbandonandosi a questo vizio vergognoso.
«L. D*, orologiaio, fu savio e prosperoso fino all'età di 17 anni. A quest'epoca si abbandonò alla masturbazione, ch'egli replicava consecutivamente perfino 3 volte; l'emissione del seme era sempre preceduta e accompagnata da un leggero offuscamento del pensiero e da un movimento convulsivo nei muscoli estensori della testa, i quali la tiravano indietro, mentre che il suo collo gonfiavasi straordinariamente
«Non era ancora trascorso un anno, ch'egli cominciò a sentire una grande debolezza dopo ogni polluzione; la sua immaginazione, tutta in balìa a queste oscenità, non era più capace d'altre idee; e la rinnovazione dei suoi atti colpevoli divenne ogni giorno più frequente, fino a che si trovò in uno stato che faceva temere che morisse.
«Troppo tardi egli se ne impensierì; il male era già andato troppo oltre, ed egli non poteva più essere guarito; le parti genitali eransi fatte così irritabili e così deboli che, anche senza l'azione sua personale, i vasi spermatici vuotavansi da sè. La menoma irritazione provoca all'istante il più completo eretismo, il quale era immediatamente seguito da un'emissione di seme, ciò che aumentava quotidianamente la sua debolezza.
«L'organo ch'egli, sulle prime, non provava che durante la polluzione, e che cessava con essa, divenne abituale, e ne era preso spesso senza alcuna causa apparente, in modo sì violento che, durante l'accesso, che talora durava 15 ore e non mai meno di 8, provava in tutta la parte posteriore del collo dei dolori così forti, che ordinariamente gli strappavano non dei gridi, ma degli urli; e in questo frattempo non gli era possibile mandar giù per bocca alcunchè di liquido o di solido.
«La sua voce era diventata rauca; la respirazione, impedita; le forze gli mancarono totalmente.
«Obbligato a rinunciare alla sua professione, inetto a tutto, oppresso dalla miseria, languì, quasi senza soccorso alcuno, per qualche mese: povero disgraziato! tanto più da compiangere, in quanto che, un resto di memoria (che non tardò però a svanire) era ancor là per rammentargli continuamente le cause del suo malore, accrescendolo con tutto l'orrore dei rimorsi!
«Informato del suo essere, mi recai presso di lui; più che un individuo vivente, trovai un cadavere sdraiato su un pagliariccio, magro, pallido, sudicio, puzzolente, quasi incapace d'ogni movimento: spesso gli colava dal naso un sangue smorto e acquoso; e continuamente gli usciva dalla bocca una bava. Colto da diarrea, egli emetteva gli escrementi in letto, senza addarsene. Lo spargimento dell'umore seminale era continuo; i suoi occhi caccolosi, torbidi e spenti, non avevano più la facoltà di girare; il polso era estremamente debole, ma pronto e frequente; la respirazione, molto imbarazzata; la magrezza, estrema, eccettuati i piedi, i quali cominciavano a diventare tumidi, molli e seriosi.
«Il disordine dello spirito non era minore: non aveva più idee, più memoria; inetto a leggere due frasi; senza riflessione, senza inquietudine sulla sua sorte; non aveva altra sensazione che quella del dolore, la quale lo assaliva penosamente, ogni tre giorni almeno. Era un essere molto al di sotto del bruto, ed offriva in sè uno spettacolo, di cui è difficile immaginare tutto l'orrore. Molto a stento si poteva riconoscere ch'egli una volta aveva appartenuto alla specie umana... Morì dopo poche settimane (giugno 1757) col corpo ch'era tutto un tumore molle e sieroso.»
E Buchan, t. 2, p. 202, dice: «La maggior parte dei giovani che si dànno alle donne e al vizio vergognoso della masturbazione, non vi rinunciano ordinariamente se non quando le forze ad essi più non lo permettono, ma allora la malattia è già diventata incurabile. Io ho visto di ciò un esempio eloquente in un giovane di 22 anni, il quale, malgrado i consigli di savie persone, e di persone che pareva esercitassero maggior autorità su di lui, perdurò costantemente nella mala abitudine, e vi si abbandonava perfino in quel tempo nel quale i medici lo sottoponevano ad una cura per guarirlo dalla malattia. Egli morì miseramente, senza che gli si sia potuto procurare un sollievo.»
I confessori dunque devono colle cure più sollecite tentare di prevenire questa pessima abitudine o di svellerla in coloro ch'essi stimano l'abbiano già contrata. Si guardino bene però, interrogando i giovani, e spcialmenmte le fanciulle, di non maliziare imprudentemente la loro immaginazione e di non essere causa, come spesso avviene,[7] di lussuria nei penitenti. Meglio sarebbe esporsi al pericolo di non ottenere una confessione intera, che contaminare delle anime od offenderla a scapito della religione.
[7] Si noti bene questo: come spesso avviene, confessato da un Monsignore.
Per scoprire, senza pericolo, se vi abbia polluzione, giova procedere in questo modo: interrogare dapprima il penitente sui pensieri, sui discorsi lascivi, sulle nudità al cospetto di altre persone, sui toccamenti compiuti sopra se stessi o sopra altri, ovvero compiuti da altri su noi con nostro assenso. Se il penitente non è ancor giunto alla pubertà, non dev'essere interrogato intorno alla polluzione, imperocchè è probabile ch'egli non la conosca, a meno che la di lui corruzione non appaia manifesta da evidenti indizî. Se egli è poi pubere, ed abbia avuto contatti impudichi con altre persone, specialment se questo avevano più anni di lui, ovvero se abbia giaciuto in letto con esse, è moralmente certo che avvenne spargimento di seme, ed è facile capire che ci fu polluzione. Non pertanto, il confessore può domandare, senza commetere imprudenza: «Avete voi provato dei movimenti nel corpo (o nella carne?) e un piacere giocondo nelle vostre parti segrete e una cessazione di quei movimenti appena cessato il piacere?» Se il penitente risponde affermativamente, è ragionevole l'ammettere che ci fu polluzione, imperocchè la vivacità di quei movimenti, congiunta a quel dato piacere, indica chiaramente che ci fu effusione di seme.
Nei maschi, l'effusione è sempre esterna: ma nelle femmine, se è vero—come sembra probabile—ch'esse non abbiano sperma, la polluzione si effettuerebbe in altro modo. Per causa di movimenti disordinati, si verifica spesso nelle donne un flusso interno e ben raramente esterno, di una specie di umore mucoso, che facilmente si spiega riflettendo che esse provano una sensazione vivamente voluttuosa. Peccano mortalmente le donne che eccitano in sè questo flusso o questi movimenti venerei, oppure volontariamente se ne compiacciono. Ma il confessore, saputi con discrezione da una penitente questi movimenti e contatti libidinosi, deve cautamente astenersi da ulteriori interrogazioni offensive al pudore.
Se si ascolta un maschio che abbia fatto delle oscenità con altri più in età di lui, siccome è probabilissimo ch'egli li abbia visti ad emettere l'umore seminale, così e permesso chiedergli se abbia provato qualche cosa di simile anch'esso.
Alla polluzione chiaramente verificata bisogna applicare convenienti rimedi: fisici e morali. I rimedi fisici possono essere utili per guarire dalle pulluzioni volontarie e involontarie; essi consistono in una grande temperanza, in un riguardoso metodo di vita, nell'astinenza da alimenti calorosi e da liquori molto spiritosi, nel far uso di acqua e di latte, giacere su letto non soffice e dormirvi poco, immergersi in bagni freddi, ed altri rimedi che i medici sogliono suggerire, ma che però raramente sono efficaci. I rimedi morali sono specialmente, il fuggire gli oggetti che sogliono indurre nella mente idee lascive, il vegliare sopra sè stessi; padroneggiare i sensi; mortificare la carne; meditare sui mali che provengono dall'abitudine delle polluzioni; pensare alla morte, al giudizio di Dio, all'inferno, all'eternità; fuggire l'ozio, la taciturnità, la solitudine; pregare e frequentare confessori, ecc., ecc.
I confessori possono anche prudentemente consigliare ai giovani molto corrotti la lettura di llbri, scritti su tale argomento da medici, come, per esempio, l'Onanismo del Tissot, e meglio ancora l'opuscolo del Doussin-Dubreoil, intitolato: Pericoli dell'Onanismo: quest'ultimo libro può essere indicato, come rimedio, ai giovani corrotti, senza pericolo alcuno.
L'esecranda abitudine della masturbazione, se è inveterata fa veramente disperare i confessori; ed è infatti assai difficile il giudicare prudentemente se possano o debbano essere ammessi al sacramento della Penitenza e della Eucaristia quei penitenti che si danno in balìa a questo vizio: è a temersi finalmente che, trattandoli severamente, non si accostino più ai sacramenti e si facciano peggiori: trattandoli d'altra parte con soverchia indulgenza, potrebbero addormentarsi placidamente nel fango di cotesto vizio. E' necessario per ciò usare somma prudenza e gran zelo, affinchè questi infelici penitenti s'accostino di frequente al sacro tribunale della penitenza per esempio, ogni settimana, si dolgano delle colpe commesse, e rinnovino sovente il buon proposito di non più peccare.
Bisogna star bene attenti se le ricadute avvengono: 1° per malizia, trascuranza o difetto di volontà; 2° ovvero per infermità o violenza di tentazione. Nel primo caso, si deve differire l'assoluzione fino che appaia una vera emenda; nel secondo, questi disgraziati penitenti, lottanti contro una tirannica libidine, e veramente contriti, devonsi soccorrere ammettendoli alla grazia dell'assoluzione e della sacra Eucaristia.
Con queste norme si diminuiranno a poco a poco le ricadute e si cancellerà l'abitudine. Diversamente, un soverchio rigore li allontanerebbe dai sacramenti, li getterebbe nel baratro della corruzione, e non splenderebbe più speranza alcuna di emendamento. Perciò sarebbe cosa eccessiva e spesso pericolosa una sospensione dei sacramenti per due mesi, senza una nuova ricaduta, come vogliono Juenin, Collet e pochi altri.—S. Liquori, t. 6, n. 463 e molti altri dopo di lui pensano che la sospensione anche di un solo mese è troppo lunga, e che per ciò l'assoluzione in questi casi non deve essere differita oltre gli otto, i dieci o, al sommo, i quindici giorni, semprechè v'abbiano segni di vero pentimento. Non si può tuttavia determinare, come norma generale, il tempo della dilazione: dipenderà dalla prudenza del confessore accorciarlo o allungarlo secondo che stimerà più conveniente alla correzione del penitente. Si avverta bene però, che quei poveri peccatori che desiderano sinceramente di salvarsi, non devono essere messi a fascio cogli induriti nella colpa, nè gettati nella disperazione da una intempestiva severità: a ciò devono star bene attenti i confessori e agire con somma prudenza.
Talvolta devesi consigliare il matrimonio a coloro che possono contrarlo, essendo esso l'unico rimedio, o almeno il più efficace.
Si deve procedere poi colla massima cautela quando si ha a fare con giovani che stanno per far voto di perpetua continenza. Coloro che sono ingolfati nel vizio della polluzione abbandonandovisi di frequente, ordinariamente prometterebbero di darsi alla castità emettendo un voto spensierato, non maturato, imprudente; essi devono per ciò essere dissuasi dalla professione religiosa e molto più dallo stato clericale, a meno che non dieno segni straordinari di conversione, e colla lunga prova di molti anni dimostrino fermezza di proposito ed offrano pegno di perseveranza.