Blood Omen, il capostipite della serie Legacy of Kain, è stato di recente ripubblicato a sorpresa sul mercato PC. Scopriamo come sono invecchiati i capitoli di Kain dopo più di 20 anni dall’origine della saga.
Il tempo è una cosa misteriosa. Lo sanno bene i protagonisti di questa storia, ma anche i videogiocatori talvolta ne sono sorpresi. Negli ultimi giorni di settembre 2021 un classico dal lontano 1996 è comparso dal nulla negli store PC, andando a completare finalmente la pentalogia di Legacy of Kain, fino a quel momento monca nei negozi digitali. I motivi di tale ritardo possono essere molteplici, ma non è un mistero che tra i 2 team di sviluppo che lavorarono al progetto, Silicon Knights e Crystal Dynamics, ci fossero delle divergenze. Un percorso di sviluppo e pubblicazione travagliato, che però almeno per noi giocatori si conclude con un lieto fine. Blood Omen: Legacy of Kain ha tanto da dire e merita di venire riesumato. Oggi abbiamo la possibilità di avere l’intera serie anche su PC, dunque quale migliore circostanza per ripercorrerla?
Legacy of Kain è una saga della quale è molto difficile isolare i singoli capitoli, in quanto la loro narrativa è estremamente interdipendente. Quando si nomina questa serie si tende ad avere l’immagine mentale dei due Soul Reaver. Di certo ne parleremo, Raziel è un personaggio iconico e immortale in più di un senso, ma questa epopea gotica e tragica non parte da lì. Parte nei primi anni ’90, quando lo studio canadese Silicon Knights inizia a lavorare sull’allora titolo provvisorio “Pillars of Nosgoth”. In un percorso di sviluppo durato 3 anni abbondanti, oggi la normalità ma allora indice di un progetto molto ambizioso, il gioco compie la sua evoluzione in quello che diventerà noto come Blood Omen: Legacy of Kain, a cui seguiranno nel 1996 e 2001 i due Soul Reaver e, nel 2002, Blood Omen 2. Parleremo più avanti di tutti i capitoli, compreso Defiance.
CHE SUCCEDE SE UN ELEMENTO FONDAMENTALE DELL’EQUILIBRIO DECIDE DI RIFIUTARE IL SUO RUOLO? PER QUANTO A LUNGO SI PUO INGANNARE IL FATO?
La narrazione di Legacy of Kain: Blood Omen era effettivamente insolita sotto molti punti di vista. Non era una storia di buoni contro cattivi, quanto piuttosto una storia di cattivi contro cattivi con altri interessi. La personalità e il codice morale del Kain umano non vengono esplorate, quindi tutto ciò che impariamo di lui avviene dopo quella fatidica notte. Ciò che abbiamo è un personaggio arrogante, vendicativo, moralmente discutibile; e nonostante il finale renda possibile scegliere un percorso di redenzione, i sequel rendono chiaro che la corretta sequenza di eventi è quella più cinica. In Blood Omen vestiamo i panni di un antieroe senza filtri, eppure comprensibile nella sua discesa nell’abisso. Ucciso in modo disonorevole, manipolato, usato per i diabolici scopi di qualcun altro. In narrativa non è insolito trovare personaggi con molti difetti, anzi, proprio le fragilità e il percorso per migliorarle permettono di empatizzare con un protagonista. Ma nel mondo di Nosgoth non ci sono molte speranze a cui aggrapparsi ed è ben difficile interpretare il ruolo dell’eroe se non c’è nulla da salvare in primo luogo.
L’ambientazione è un medioevo dark fantasy dove vampiri e mostri d’ogni sorta sono la normalità, in cui evidenti citazioni visive a Dracula si mischiano a una colonna sonora dal sapore antico, oscuro, mistico. Al netto di una vicenda di una certa complessità e che si ramificherà molto, i dialoghi e gli intermezzi sono brevi e concisi, permettendo al mondo di raccontarsi da solo attraverso l’ambientazione, caratterizzata in modo sagace malgrado le limitazioni tecnologiche dell’epoca. Ed è qui che subentra un gameplay a sua volta non immediato e raro a trovarsi nel mondo console di quegli anni. La visuale è isometrica e ci muoviamo più o meno liberamente in diverse macroaree. C’è sempre un obiettivo da seguire, ma la mappa concede deviazioni e, anzi, le incoraggia: molti sono i segreti da scoprire e molti hanno un ruolo attivo nel gameplay.
IL CICLO GIORNO/NOTTE NON È LÌ SOLO PER BELLEZZA

Le fasi di combattimento sono invece piuttosto semplici e dalle hitbox non chiarissime. Spesso la gittata delle armi dei personaggi non è evidente e questo porta a una gara tra chi si posiziona meglio per primo e inizia a picchiare fino a svuotare l’altrui barra dell’energia. Ma se il combattimento effettivo non è particolarmente entusiasmante, quanto viene prima lo compensa alla grande. La preparazione, intesa come la scelta di armi e difese, è un momento di pensiero strategico interessante. Ogni oggetto ha infatti un evidente bonus e un coerente malus: per esempio, una mazza chiodata permette di frantumare ostacoli e stordire avversari umani, ma risulta inefficace contro non-morti, spettri e simili. Una spada fiammeggiante può facilmente incenerire ogni avversario, ma precluderà la possibilità di nutrirsi di un corpo abbattuto. Il senso di potere che si respira in Legacy of Kain non è galvanizzante e adrenalinico, bensì metodico e creativo. Il gioco fornisce ostacoli, così come tutti gli strumenti per oltrepassarli e sta al giocatore prendere le decisioni più adatte alla circostanza.
Fino ad arrivare alla scelta finale. Scelta che, come abbiamo detto, è tale solo fino all’uscita dei successivi capitoli. Questi infatti mettono bene in chiaro che nella storia canon il mondo che segue quel dilemma non è particolarmente benevolo e illuminista.
LEGACY OF KAIN: BLOOD OMEN 2 E L’EVOLUZIONE DELLA SERIE
Questo sequel uscito nel 2002 si inserisce nella saga in modo strano. Da molti ritenuto la pecora nera della serie, è stato sviluppato pressoché in simultanea con il secondo Soul Reaver, con cui però condivide poco sia lato gameplay che narrativamente. Il che è interessante, considerando quanto questa saga sia pregnante sotto quell’aspetto.
Ciònondimeno, nonostante quanto sia disgiunto dal resto della serie, non ne contraddice gli elementi fondamentali, e vale quindi la pena dargli un’occhiata: ambientato un paio di secoli dopo gli eventi del primo Blood Omen, la vicenda si apre con un Kain conquistatore alle prese con una di tante battaglie. Una battaglia che lo vede, per la prima volta da dopo gli eventi del primo, perdente. Un’epica disfatta che si conclude con la perdita di conoscenza. Risvegliatosi dal torpore molto tempo dopo, Umah, la vampira che ha vegliato su di lui, lo ragguaglia sulla situazione: perduti i suoi poteri, la sua spada, il suo regno, ora le lande di Nosgoth sono dominate dagli umani e da una casta guerriera con strane capacità. Per Kain, diventa subito necessario porre rimedio a questo stato delle cose, e riconquistare la sua posizione. Questo è l’incipit, molto semplice e lineare, che si manterrà su questa linea fino ai titoli di coda. Che di per sé non è una colpa, ci sono storie che non hanno bisogno di complicarsi: ma non è il caso di Legacy of Kain. Quanto stabilito nel primo capitolo e dal contemporaneo Soul Reaver è una convoluta odissea che merita chiarimenti. Ed è un peccato non vederli in questa seconda possibilità di interpretare uno dei vampiri più carismatici di sempre.
Qualche aspetto positivo c’é. Il protagonista, per esempio, è reso bene nella sua potenza: le animazioni di parata cambiano a seconda della direzione dell’attacco nemico, contribuendo alla sensazione di controllare un combattente esperto. Inoltre diventa possibile utilizzare i poteri in modo più fluido, potendo planare da qualsiasi altezza, o saltare notevoli distanze. È inoltre possibile usare la forma di nebbia per approcciare un avversario alle spalle e finirlo con un singolo attacco, di nuovo funzionale all’arma equipaggiata e con animazioni dedicate. La volontà di mettere in scena un guerriero capace quale è Kain si vede, però l’incremento di spettacolarità risulta fine a sé stesso e diventa ripetitivo in fretta.
DAL PUNTO DI VISTA DELLE ANIMAZIONI BLOOD OMEN 2 È UN PASSO IN AVANTI, CHE PERÒ RISULTA FINE A SÈ STESSO
Nosgoth è a sua volta a malapena riconoscibile. Se nel primo Blood Omen e in Soul Reaver ci aggiravamo in un dark fantasy gotico, qui l’ambientazione si concede a ispirazioni steampunk, con condotti, leve e pulsanti, estraniandoci ancora di più dall’originale. Però è vero anche che nel mondo di gioco sono passati secoli, e d’altronde anche Soul Reaver si presta ad alcuni dungeon basati su improbabili ed enormi meccanismi (ma ci arriveremo). Non c’è una evidente continuità di ambientazioni, ma nemmeno un vero deragliamento dai concetti generali.
IL VERO PROBLEMA DI BLOOD OMEN 2 NON È LA MANCANZA DI ATMOSFERA, MA COME CONTESTUALIZZARLO NELLA PENTALOGIA DI CUI FA PARTE
E qui si conclude la nostra chiaccherata su Kain, vampiro semidivino forgiato nel fuoco. Conosceremo il suo opposto, l’altro lato della medaglia, nel prossimo articolo dedicato alla saga di Legacy of Kain.
Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.