Si chiude la nostra trilogia di aritcoli dedicata a Kain e Raziel: arriva il turno di dare sguardo a Legacy of Kain: Defiance, al suo valore come capitolo finale della saga, e al potenziale purtroppo incompiuto di quest’ultima.
Legacy of Kain: Defiance arriva nel 2004 su PC, Playstation 2 e Xbox e per alcuni aspetti si può considerare il capitolo finale di una trilogia dentro la pentalogia. Ancora una volta sono all’opera lo stesso team di sviluppo e di narrazione e ancora una volta la storia inizia poco dopo gli eventi del capitolo precedente, quel Soul Reaver 2 che dopo tante domande iniziava anche a dare qualche risposta. Spiego subito la particolare premessa: se passare dal primo Soul Reaver è essenziale per capire il secondo, entrambi sono essenziali per capire Defiance. A un giocatore che approccia la saga per la prima volta e si sente soverchiato dall’idea di recuperare 5 capitoli consiglio quindi come punto d’ingresso almeno il primo Soul Reaver, pena ritrovarsi con personaggi che fra loro si conoscono da tempo in situazioni che danno per scontata una grande conoscenza pregressa.
DEFIANCE SI PONE IL MONUMENTALE OBIETTIVO DI SCIOGLIERE TUTTI I NODI NARRATIVI RIMASTI
I primi passi ci aiutano a prendere confidenza con il sistema di gioco e sono immediatamente riconoscibili le capacità esplorative del nostro vampiro preferito. Kain può sin da subito arrampicarsi, varcare cancelli e pur senza ali, può planare leggero come una foglia per brevi tratti. Ben presto incrociamo le spade con i primi avversari, che verranno abbattuti con facilità. Non solo Kain non si fa alcun problema a combattere in modo disonorevole afferrando gli avversari con la telecinesi e scagliandoli nel vuoto, ma il gameplay si è raffinato molto nel suo combat system e pur non diventando un action, la citazione a Devil May Cry è evidente. Vi sono vari tipi di attacchi tra cui uno che prevede numerose rapide stoccate, nonché uno che lancia in aria un avversario e che rende possibile seguirlo per finirlo con una combo aerea. Ma non aspettatevi lunghi scontri finalizzati a un punteggio. Saranno più numerosi rispetto al passato, ma brevi e diretti, e come da tradizione, raramente pensati per mettere davvero in difficoltà i protagonisti.
l’ispirazione da Devil May Cry è evidente, anche se il combattimento resta vicino alle corde classiche della serie: raramente i due protagonisti si troveranno in difficoltà
Dal lato di Raziel invece, lo ritroviamo a subire una lavata di capo dall’Antico, infastidito dalla sua insubordinazione e dalle sue indagini a spasso nel tempo. Il nostro spettro preferito ha assaggiato troppa verità per stare a sentire il suo vecchio benefattore e il primo capitolo nei suoi usurati panni verte proprio sull’evasione dal regno spettrale. La differenza di giocabilità che emerge immediatamente è che Raziel è più agile e leggero del suo arcirivale e la sua sequenza, così come quelle che seguiranno, saranno più centrate su momenti esplorativi e platform, forti anche degli oramai consueti viaggi tra regno spettrale e materiale. Altre esclusive del personaggio sono la capacità di nuotare laddove Kain è ancora allergico all’acqua e uno stile di combattimento più rapido, sebbene strutturalmente questo mantenga basi identiche tra i due protagonisti. I puzzle invece saranno in generale meno frequenti e basati perlopiù sul trovare l’oggetto nel punto A e portarlo nel punto B, oppure su occasionali “cambi di elemento” della spada, ancora impregnabile di diverse energie come aria, fuoco, luce, oscurità. L’intento che ho percepito nel giocare Defiance subito dopo gli altri è la volontà di rispondere alle numerose domande lasciate dai predecessori e di non dilatare il viaggio del giocatore più del necessario.
Dopo aver giocato le missioni introduttive di entrambi i personaggi emerge invece una sostanziale differenza con il passato: la telecamera non segue più costantemente le spalle del protagonista, preferendo invece inquadrature semi-fisse dal gusto cinematografico. Il personaggio verrà seguito, ma attraverso prospettive precise. Gli sviluppatori volevano assicurarsi che il giocatore godesse della nuova veste grafica della serie, e va detto, alcuni scorci ambientali sono notevoli. Nosgoth è architettonicamente potente e maestosa, questo è sempre stato suggerito, ma qui possiamo vedere con i nostri occhi l’ambizione di questo mondo. Le ambientazioni sono ricche di dettagli e ornamenti che contribuiscono alla narrazione ambientale e persino i protagonisti spesso si soffermano a rimuginare sullo scopo di una stanza e un particolare dettaglio, vivendole assieme al giocatore.
LA TELECAMERA ADOTTA UNA PROSPETTIVA SEMI-FISSA: MOLTO SCENOGRAFICA, MA NON SEMPRE PRATICA
Il gioco proseguirà su questa linea, a missioni alternate fino a una conclusione che metterà finalmente dei punti esclamativi alla vicenda, rimanendo tuttavia vaga su alcuni punti, ma di questo parleremo più tardi. Anche la serie si prende una lunga pausa, con Crystal Dynamics che preferisce focalizzarsi sul rilancio di Tomb Raider, quel Legend che poi diede il via all’apprezzato remake del primo e a Underworld. La direttrice creativa Amy Hennig inizierà invece un nuovo percorso con Naughty Dog.
DEAD SUN, FUTURO INCOMPIUTO
Legacy of Kain continua a esistere a livello progettuale e in effetti sembrò che un sequel immediato, The Dark Prophecy, fosse in cantiere. Purtroppo non ne sappiamo nulla in più del titolo e nessun materiale promozionale venne rilasciato prima della sua cancellazione. Con lo studio focalizzato su Tomb Raider e la successiva acquisizione di Eidos da parte di Square Enix, la saga resta nel limbo sino al 2009, quando compaiono i primi rumor su Legacy of Kain: Dead Sun, assegnato al team britannico Climax Studios. Il materiale che è emerso è perlopiù frutto di congetture dei fan che misero insieme dichiarazioni degli sviluppatori con quanto mostrato nel trailer e in questo video di gameplay, che ci rivelano numerosi elementi.
Vediamo un nuovo protagonista, una aumentata mobilità e una Nosgoth che esprime aree molto più aperte. È possibile saltare molto più lontano, arrampicarsi più velocemente e non ultimo, il protagonista ha ancora le ali integre aprendo così la possibilità a sequenze aeree e l’accesso a un potere che fu negato a Kain e Raziel. Si percorrono notevoli distanze a grande velocità e quando si combatte la mobilità è tale da ricordare le fluide risse dei Batman Arkham, saltando da un avversario all’altro nell’arco di un secondo. Sicuramente le varie situazioni mostrate si presentano su una scala molto epica rispetto alla dimensione più tormentata e introspettiva che ha caratterizzato i precedenti protagonisti e anche il mondo di gioco si presenta più grande, aerato, maestoso. Infine, il progetto sembra aver preservato la possibilità di viaggiare tra due differenti dimensioni. Purtroppo non scopriremo mai se si sarebbe rivelato un degno capitolo della saga, in quanto venne cancellato a sua volta nel 2012.
dead sun continuò a vivere nell’esperimento multiplayer Nosgoth, anch’esso purtroppo non particolarmente fortunato
Dall’altro schieramento invece i mezzi a disposizione sono adatti proprio a dividere il gruppo avversario. I vampiri sono velocissimi, ma tranne una classe specifica, non proprio portati nel corpo a corpo e buttarsi in un gruppo di cacciatori sperando di averne ragione con le sole zampate è una strategia terribile. Se però un vampiro alato riuscisse ad afferrare l’arciere e portarlo via, già sarebbe un’azione disgregante e il velocissimo reaver potrebbe sfruttare il momento disorganizzato per coprire la distanza con pochi balzi e sorprendere alle spalle il cacciatore, mentre il tyrant parte alla carica verso chi è rimasto. Il gameplay è veloce, frenetico e adatto anche a brevi partite. Sto per usare di nuovo quella frase: “è un gioco difficile da contestualizzare nella saga di cui fa parte”, ma devo dare atto che per quel primo approccio che gli ho concesso, mi aveva intrattenuto.
LEGACY OF KAIN: DEFIANCE, O IL MIGLIOR FINALE POSSIBILE
Ora, volendo si potrebbe considerare la ricomparsa del Blood Omen originale su PC come un tentativo di sondare l’interesse del pubblico verso la saga, ma a prescindere da se e come proseguirà penso che faremmo meglio a considerare Defiance il capitolo finale, quantomeno per quel che concerne Kain e Raziel. È vero che non tutte le risposte vengono date ed è assolutamente comprensibile sentirsi insoddisfatti dagli ultimi momenti che precedono i titoli di coda. C’è una sensazione di incompiuto persino rigiocando la serie oggi, quindi empatizzo facilmente con chi giocò questo capitolo illo tempore e attese invano anni per avere un nuovo capitolo. Ma è altrettanto vero che offre dei punti esclamativi importanti a molte storyline. Rimangono principalmente le domande verso il futuro, del tipo “cosa farà adesso il nostro eroe”, ma personalmente trovo poetico e appropriato che la storia si chiuda in quel modo, con un protagonista fermo a riflettere su cosa fare della libertà appena acquisita.
legacy of kain: defiance non chiude del tutto la serie, ma allo stesso tempo risolve abbastanza quesiti da poter essere considerato un buon capitolo conclusivo
Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.