Pandemonium: quando Crystal Dynamics faceva platform 3D

A metà degli anni ’90 il panorama videoludico era solcato da vari esperimenti di platform 3D, proponendoci avventure a dir poco particolari. Andiamo a riesplorare i due Pandemonium, una coppia di giochi che riuscì a essere ancora più bizzarra della media.

pandemonium crystal dynamics

È notizia di questi ultimi mesi che Crystal Dynamics, dopo la parentesi con Square Enix, sta per tornare sotto l’ala di un publisher occidentale, Embracer Group. Il periodo dei team ex-Eidos sotto l’ala di Square Enix si è rivelato altalenante: tra una nuova trilogia di Tomb Raider che ha convinto a fasi alterne, gli sviluppatori di Deus Ex ritrovatisi a produrre un gioco sui Guardiani della Galassia e una IO Interactive rimessa in vendita pochi anni dopo l’acquisizione, ho spesso avuto la sensazione che publisher e vari team di sviluppo non si comprendessero a fondo. Non sapremo mai i dettagli.

Quello che sappiamo però è che il publisher è nuovamente cambiato ed è in questi momenti che un giocatore affezionato a uno studio scrive la letterina all’universo nella speranza di far tornare giochi dal passato. Tomb Raider? No, quello non ha mai smesso di esserci, seppur in diverse forme. Legacy of Kain? Capisco il desiderio, certo, e qualche rumor al riguardo c’è. Ma come Tomb Raider è stato “ereditato” da Core Design, Legacy of Kain nasce da Silicon Knights. Al di là dei meriti di aver proseguito i franchise con idee e competenza, sono comunque passaggi di consegne, non progetti nati e forgiati dentro lo studio.

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Cos’é che invece è tipicamente in stile Crystal Dynamics? Non sta a me dirlo e non sappiamo quanto ricambo ci sia stato all’interno del team negli anni, però possiamo dare un’occhiata ai giochi sviluppati. Intanto parliamo un po’ del contesto: questo studio nasce nel 1992, la decade in cui si cominciò a esplorare il potenziale dei mondi 3D, con vari risultati. Da un lato venne moltiplicata l’illusione di esplorare un mondo alternativo in tutta la sua profondità, dall’altro l’esperienza si scontrava con sistemi di controllo e di gestione delle telecamere ancora acerbi e impreparati ad affrontare le nuove sfide proposte dalle 3 dimensioni. Cionondimeno in quella decade cambiò qualcosa per sempre.

oggi può forse sembrare strano, ma c’è stato un periodo in cui il cavallo di battaglia di Crystal Dynamics erano i platform 3D

Crystal Dynamics diede il suo contributo a questa sperimentazione collettiva con Gex: Enter the Gecko. Sequel dell’originale Gex uscito su 3DO nel 1995, questo platform ci mette nuovamente nel ruolo di Gex, un geco antropomorfo con problemi di teledipendenza e in grado di viaggiare nei mondi della televisione. Cosa c’entrano le due cose? Sshhh, non fare domande, caro lettore. Non è questo l’articolo giusto, goditi il viaggio. Sta il fatto che nei panni…ehm, nelle squame di questo geco viaggeremo nei mondi dei generi televisivi, dai cartoni animati, alla fantascienza, passando per l’horror, cercando di salvarli dal malvagio Rez, intenzionato a corromperli e a trasformare lo stesso Gex da eroe a modesta mascotte. Crystal Dynamics si era particolarmente affezionata a questo geco, tanto che ha beneficiato di un terzo episodio e per un certo periodo è stato parte del logo dello studio.

Anni più tardi, in piena era PS2, Crystal Dynamics ci consegna un altro platform dalle idee assurde e in questo caso, anche discusse animosamente da parte di alcune associazioni animaliste: Whiplash. I protagonisti sono una donnola di nome Spanx e il coniglio Redmond, legati insieme da una catena e imprigionati in un centro di sperimentazione animale. Uno dei suddetti esperimenti rende Redmond indistruttibile ed ecco che Spanx ha un’idea: usarlo come mazza, come rampino, come oggetto incendiario, come ogni cosa necessaria per riguadagnarsi la libertà. Comprensibile il disagio nel vedere il povero coniglio immortale venire usato in ogni modo possibile sfruttando la sua nuova condizione. Il gioco non ottenne nemmeno particolare successo, ma quello che volevo sottolineare con questi esempi è la vena creativa che scorreva in Crystal Dynamics e la stravaganza dei concept che sono usciti da quello studio. E questo è stato l’aperitivo. Stiamo per andare in terreni molto più strani.

Pandemonium! (sì, il punto esclamativo fa parte del titolo, va pronunciato) arriva nel 1996 e si inserisce nel filone dei platform assurdi, quelli che non solo non cercano un vero filo conduttore, ma anzi, spingono l’acceleratore sul loro eclettismo per consegnarci il più immaginifico dei mondi possibili. Questa filosofia si è un po’ persa con gli anni. Al netto di intramontabili classici quali Mario e Crash Bandicoot, in generale si cerca spesso una consistenza nel mondo di gioco, se non addirittura un aspetto narrativo, persino in un genere così creativo come il platform. Ne é un esempio la pentalogia di Jak & Daxter [Non è vero, di Jak ce ne sono solo tre, TRE TI DICO – NdR], che parte da premesse semplici per poi proseguire in un’epica tipica del viaggio dell’eroe, con pure momenti malinconici/drammatici e un’ambientazione che fa il verso a mondi distopici. Oppure Psychonauts, dove se è vero che non sappiamo mai cosa aspettarci nel minuto successivo, è vero anche che il tema del gioco è visitare menti altrui, dove sogni, traumi e desideri si trovano tutti assieme nello stesso momento e luogo. In qualche modo ciò che succede è “normale”, giustificato dal setting.

IL MIGLIORAMENTO DELLE TECNICHE VISIVE HA PURTROPPO PORTATO A UN OFFUSCAMENTO DELL’ASPETTO ONIRICO, DEL NON DETTO

Da lato grafico invece, l’aspetto onirico perde inevitabilmente un po’ di spinta grazie al livello di definizione che la grafica contemporanea concede. Oggetti e architetture in lontananza, necessariamente poco definiti negli anni ’90 perché il motore grafico si doveva concentrare sull’indispensabile, oggi sono più comprensibili, meno equivocabili. D’altro canto se sappiamo di avere un’ambientazione spettacolare, perché non estenderla il più in là possibile e nel modo più dettagliato possibile, giusto? Di per sé non c’è niente di male, ma si perde un po’ di quel fascino del mistero quando nei vecchi platform 3D il lontano orizzonte ci offriva solo oscurità o scenari abbozzati.

Ma torniamo a Pandemonium! e a ciò che possiamo imparare da questo assurdo viaggio dal passato: siamo nell’immaginario magico regno di Lyr, dove Nikki e Fargus, niente di più che intrattenitori di corte, si stanno esercitando con i fuochi d’artificio da una torre tramite un libro di magia. Dopo qualche timido successo e preda dell’ambizione, decidono di provare incantesimi più avanzati ed eccoli alle prese con una formula trovata nelle ultime pagine. Cose per esperti, insomma. Qualcosa non va per il verso giusto e al termine dell’enunciato una titanica rana volante inizia a divorare il loro villaggio a gran bocconi. Fortunatamente il libro spiega anche un metodo per invertire l’evocazione, ma può mai essere una soluzione semplice? Il viaggio verso la Macchina dei Desideri sarà lungo. E strano.

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Vale la pena farsi accompagnare dalla traccia musicale del primo livello mentre ce la raccontiamo un po’. Dopo l’introduzione e all’inizio di ogni livello possiamo scegliere quale dei due protagonisti impersonare. Ci sono Nikki, l’agile acrobata in grado di effettuare salti doppi, e Fargus, un giullare dotato di pupazzo parlante capace di attaccare direttamente i nemici. E che indossa un paio di scarpe che somigliano tantissimo a delle Converse rosse. Il gameplay si presenta in 2,5D, ma i frequenti cambi di prospettiva aiutano a dare un gran respiro al mondo di gioco e capita spesso che un indizio sullo sfondo ci anticipi dove ci ritroveremo a giocare nella successiva porzione di livello. Buona parte dei nemici può essere evitata o facilmente sconfitta con il classico salto sopra la loro testa rendendo effettivamente il platforming la vera sfida. Melma maleodorante in bizzarre foreste, lava bollente in deserti, razzi in antiche città volanti o semplicemente profondissime voragini la faranno da padrone, mentre esploreremo i più classici archetipi fantasy. Però li percorreremo con una tale rapidità che non faremo in tempo ad abituarci ad uno scenario che ecco che verremo catapultati nel prossimo. A volte capiterà anche di raccogliere basilari incantesimi, come ad esempio il fuoco d’artificio, il raggio congelante e quello rimpicciolente, che ridurrà il nemico puntato ai minimi termini per pochi secondi, giusto il tempo necessario per correrci sopra e calpestarlo (c’è della crudeltà intrinseca in questi platform degli anni ’90, eh…). Infine, può capitare di venire trasformati in rane, tartarughe, rinoceronti e draghi e di dover trarre il meglio da queste forme alternative per superare precise parti di livello. Ora immaginate buona parte di questi elementi assieme nell’arco di 8-10 minuti, la durata tipica di un livello.

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Ma è con il secondo capitolo che raggiungiamo un’apoteosi ancora più assurda. Si è rivelato meno popolare negli anni, principalmente a causa del cambio di tono. Le ambientazioni sono più punk, i personaggi più edgy, i colori più acidi. Erano gli anni in cui Lara Croft, ai tempi ancora in mano a Core Design, era l’icona femminile del mondo videludico, ispirando altri personaggi del periodo. Nikki appare più matura e decisa mentre Fargus… Fargus è ancora più pazzo. Strutturalmente il gioco non si distanzia moltissimo dal predecessore. Ci sono un paio di abilità esplorative in più, come una maggiore verticalità sfruttabile aggrappandosi a sporgenze e corde e c’è una maggiore differenza tra i 2 personaggi. Nikki ha ancora il suo doppio salto, la palla di fuoco e un nuovo incantesimo di tipo elettrico. Fargus può ora attaccare a distanza con la sua marionetta, stavolta direzionabile in modo da fargli raccogliere gettoni dalla distanza, gonfiare i nemici come palloncini in modo da trasformarli in piattaforme provvisorie, oppure essere invulnerabile per pochi secondi. Al netto di queste nuove potenzialità il resto è praticamente uguale, ma Pandemonium 2 è un gioco che reputo speciale tanto quanto, se non addirittura più del predecessore perché è qui che la creatività esplode senza alcun freno.

PANDEMONIUM 2 FA UN SALTO IN AVANTI ANCHE NEL CAMPO DELL’AMBIENTAZIONE, QUI PIÙ MATURA

Tanto per cominciare il setting è più… per adulti. La trama non è mai stata veramente essenziale in un platform, tuttavia di solito fornisce almeno una cornice. Nel primo capitolo i protagonisti combinano un guaio e intendono risolverlo, nella più classica missione salvifica e di redenzione. Nel secondo si tratta sempre di esaudire desideri, ma con un’altra intenzione dietro. I cieli di Lyr sono solcati dalla Cometa delle Infinite Possibilità che può rendere reale qualsiasi cosa e i nostri protagonisti intendono arrivarci prima di chiunque altro. Stop, la trama è questa. Sì, in teoria c’è una malvagia regina in competizione per raggiungerla, ma tra ghigni malefici e allusioni a grandi piani viene implicato che anche i nostri due beniamini stavolta potrebbero essere moralmente discutibili. L’ambientazione si fa più bizzarra a sua volta in quanto sin dall’introduzione viene mostrata l’esistenza di razzi spaziali (???), in contrasto agli archetipi del fantasy classico usati nel predecessore.

Il primo livello è in realtà il classico momento iniziale di molti platform. Vengono introdotte le nuove meccaniche e la rinnovata verticalità in modo molto morbido e l’ambientazione non si distacca poi molto dagli archetipi fantasy di cui sopra. Ci sono un villaggio, un bosco, le mura di un castello e i nemici tipici già visti nel primo. Purtroppo viene mantenuto anche un difetto, ossia che nel tentativo di dare un gusto dinamico e cinematografico, spesso la telecamera fa zoom eccessivi sui nostri protagonisti togliendo visibilità su ciò che è a pochi passi di distanza. Dal momento che a un nemico basta toccarci per toglierci energia è ben comprensibile la frustrazione nel ritrovarci vittime di game over che non potevamo umanamente prevenire. Dall’altro lato ciò invoglia ad affrontare i livelli con maggiori riflessi e spirito di osservazione, in quanto anche ricchi di segreti per i giocatori più curiosi. Il “collectathon”, la disciplina implicita dei platform che porta a voler collezionare ogni oggetto raccoglibile nel corso di un livello, è qui spinta al massimo.

Tempo di arrivare al quarto livello e ciò che rimane delle già influenzate vibrazioni fantasy fa una derapata verso un universo difficile da definire. La musica si fa più minacciosa e industrial, il mondo letteralmente alieno. Il villaggio lascia spazio a meduse volanti e superfici in stile fantascienza anni ’80, quella con i colori vivacissimi, con tanto di miniboss finale che sembra un prototipo dello Slenderman. Siamo sulla superficie della Cometa, dopotutto. Qui ogni cosa è possibile, per definizione.

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Non voglio proporre un listone delle assurdità che si incontrano da qui in poi per il semplice motivo che sarebbe lungo altre due pagine e già sento sul collo il fiato dei colleghi che si occupano dell’impaginazione. Ma vi basti sapere che capiterà anche, per esempio, di pilotare un futuristico carro armato e bombardare strutture sullo sfondo, o di doversi difendere da un robot maligno dalla torretta di un veicolo in fuga, in situazioni che mancherebbero soltanto di un mirino a schermo per venire serenamente scambiate per shooter. “Se vabé, mancano solo i mech a questo punto.” No, caro lettore. Non mancano. Chiude il cerchio un ultimo livello che proponeva addirittura una mappa e dei momenti di backtracking man mano che si sbloccavano nuovi segmenti, finendo per durare qualcosa come mezz’ora. Una sfida finale che introduce un nuovo elemento di gioco e mette alla prova il giocatore con una longevità anomala rispetto a quanto visto fino a quel punto.

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Pandemonium 2 è un diverso eppur degno successore del capostipite, che nella sua lucida follia sa benissimo cosa vuole fare ed evolve il mondo di gioco e i suoi personaggi verso infinite possibilità. Nella nostra realtà invece, queste sono limitate e non sappiamo cosa ci porterà Crystal Dynamics da qui in poi, se cambierà e in quale direzione. Ma è uno studio videoludico ricco di storie e idee e chissà che in questo periodo di revival del passato non si inseriscano anche il geco o i due aspiranti stregoni.


Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.

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