Aloy: storia della Cercatrice dei Nora – Parte 1

Pochi personaggi nel corso della storia videoludica sono riusciti a emergere per notorietà davanti al grande pubblico, riuscendo anche a divenire più popolari e importanti del brand di riferimento. Questo è il caso certamente di Aloy, protagonista dei due episodi di Horizon per PlayStation, che nel giro di cinque anni è riuscita a prendere la ribalta e a imprimersi nei cuori dei giocatori. La sua importanza come icona femminile, in un settore dove protagonisti maschili, stereotipi del macho, l’avevano fatta da padrone fin dalla sua nascita, è stata talmente importante che il marketing di Sony per il lancio di Horizon Forbidden West ha celebrato Aloy con una statua a Firenze, chiamata “The Placeholder” proprio a sottolineare come la nostra eroina, per i valori e le tematiche trattate nel gioco, tenga il posto a tutte le donne della storia che, come lei, hanno portato avanti le loro battaglia e i loro valori e meriterebbero una statua.

A corollario di tutto questo, però, non sono mancate critiche, rivolte a Guerrilla, sulla scrittura ed evoluzione del personaggio, sul suo essere monotematico e perfino sul fatto che durante l’avventura “parla troppo”. Ecco che questo approfondimento ha il compito di raccontare chi è Aloy e quali sono state le cause che l’hanno portata a essere l’eroina che – quasi – tutti ormai conosciamo.

ALOY, EMARGINATA E SENZA MADRE

Aloy nasce ma non può avere ricordo dei suoi genitori. Aloy è un clone della celebre scienziata Elisabet Sobeck, che durante la Piaga di Faro ha sviluppato il progetto Zero Dawn e permesso a una serie di I.A. con al centro Gaia di assicurare un futuro “biologico” alla Terra, sacrificando la propria vita. Ma questo Aloy non lo sa, è una bambina come tutte le altre e si ritrova, ben prima di capire perché, emarginata dalla propria terra senza motivazione e con il solo Rost a farle da tutore. La storia di Rost è altrettanto bella ma, per quello che riguarda questo articolo, mi limito a dire che è un vero guerriero della tribù dei Nora, emarginato anche lui e ben consapevole che l’unica possibilità per Aloy di avere una casa, una patria e un luogo in cui vivere è superare la prova da Audace ed essere accolta come un membro della tribù. Il loro rapporto è quello tipico del maestro e dell’allievo ma è evidente come per Aloy, Rost sia la figura più vicina a un padre che possa avere.

UNA DELLE CARATTERISTICHE PIÙ IMPORTANTI DI ALOY È LA SUA CURIOSITÀ, LA VOGLIA DI SCOPRIRE IL MONDO INTORNO A LEI

La bambina non è proprio il discepolo modello, è ribelle e si getta a capofitto in situazioni più pericolose di lei, ma soprattutto è curiosa. La curiosità per le particolarità del mondo e il suo funzionamento è uno dei temi centrali di Horizon e Aloy incarna perfettamente il modello di ricerca positivo, volto a fare il bene. È così che per caso finisce in uno dei luoghi dei precursori e trova un Focus, un dispositivo olografico multifunzione simile a un futuristico smartwatch, che le apre le porte della comprensione. Il focus le permette non solo di accedere alla conoscenza perduta dei precursori ma anche di avere una visione migliore e aumentata della realtà circostante. È ovvio che un uomo come Rost, legato al suo spirito guerriero e alle usanze della tribù, non può comprendere il significato di quell’oggetto ma le permette di tenerlo. Come scopriremo ben presto, Aloy non è l’unica a utilizzare un focus ma è l’unica ad andare oltre le semplici immagini e la sua utilità pratica, lei comprende il significato delle informazioni e, come la scienziata con cui condivide il DNA, è l’unica a utilizzarle con lo scopo di fare del bene. Non è un caso però che le immagini che le rimarranno per sempre impresse e che nel tempo riguarderà come si fa con ciò che sentiamo appartenerci in un vincolo emotivo intenso, saranno quelle del primo filmato che ha mai riprodotto: gli auguri di compleanno di un padre al proprio figlio. Padre che Aloy non ha mai avuto se non con Rost e che gli eventi del gioco le porteranno via per sempre.

Aloy storia

CERCATRICE DEI NORA, SALVATRICE DEL MONDO

Grazie all’addestramento di Rost, Aloy supera la prova da Audace e viene accolta nella tribù. Tuttavia le amicizie e le prime conoscenze durano poco e le verranno sottratte da uomini intenzionati a trovare e a uccidere proprio lei. In questo modo, narrativamente parlando, Aloy diventa consapevole del suo ruolo di “prescelta” e che la sua esistenza è su un piano leggermente superiore rispetto agli altri mortali. È così che, nominata Cercatrice dei Nora dalle matriarche alle quali sta più a cuore, può partire alla ricerca di chi vuole eliminarla e del motivo per cui le macchine sono diventate corrotte e hanno iniziato ad attaccare l’uomo. È, come in alcuni stilemi tipici delle avventure, una missione che può compiere solo lei e tuttavia, in questa fase della trama, lei percepisce che lo sia perché qualcuno vuole eliminarla e non perché dotata di abilità soprannaturali o altro. Nel corso del viaggio e man mano che acquisisce conoscenze inaccessibili e incomprensibili agli altri si accorge della differenza di percezioni tra lei e il resto del mondo. Fanatismi religiosi, sistemi politici tribali, rituali strani, nessuno comprende e vede quello che vede lei e se anche ha la volontà di aiutare si sente costretta a fornire una versione semplificata della realtà, una mezza bugia a fin di bene. Per ogni aiuto fornito a donne e uomini in difficoltà diventa più facile fornire la spiegazione che essi possono capire, quella legata alle loro credenze e alle loro tradizioni.

NELLO SPIEGARE CIÒ CHE INCONTRA ALLE TRIBÙ, ALOY DEVE ADOPERARE MEZZE VERITÀ E SEMPLIFICAZIONI. UNA SCELTA NECESSARIA, MA CHE FA CRESCERE SEMPRE PIÙ LA SUA ESTRANEITÀ

Ma ogni volta che avviene Aloy sente di prostituire la verità e la realtà allo scopo di aiutare gli altri. Questo non può far altro che pian piano separarla dalla dimensione “terrena” in cui vivono tutti in favore di un solipsismo che però la rende estranea al mondo degli altri. Poi ci chiediamo perché parla da sola mentre si muove per il mondo: tutti i suoi discorsi sono rivolti a se stessa perché solo lei può comprenderli. La sua eccezionalità è anche fonte di un’immensa tristezza. Se con il superamento della prova da Audace era riuscita a non essere più un’emarginata, ora si sente emarginata intellettualmente dal resto dell’umanità che, forse, è una situazione ancora peggiore. In questo contesto non c’è spazio per gli amori o le passioni frivole, la sua missione è vitale per tutta l’umanità e può compierla solo lei. Tutti i rapporti con i comprimari più importanti sono permeati da questa tematica. Erend, un omaccione Oseram burbero ma buono, forse fin troppo dedito all’alcool ma sicuramente un ottimo amico, si innamora di lei chiaramente per la sua bellezza (è un uomo pratico lui, tipico degli Oseram), salvo poi rendersi conto della discrepanza che c’è fra con Aloy e pronunciare una delle frasi più belle di Zero Dawn: «Ero convinto di aver fatto colpo con una bellissima ragazza, ora capisco che sono fortunato ad avere cinque minuti del suo tempo». Ciò riassume perfettamente la dimensione in cui si trova Aloy: Erend pronuncia una frase bellissima ma al contempo abbassa se stesso e per un uomo come lui non deve essere facile rinunciare all’orgoglio e alla sua forza. Aloy sembra insensibile ma è implicito che dentro di lei si chieda: “Sono questo? Una specie di divinità estranea col solo scopo di salvare tutti, senza legami e senza potermi legare a nessuno?” Ed è altrettanto ovvio che la risposta prende la forma di due proposizioni assolute: “Non capirebbero” e “La missione è la cosa più importante”. Perfino il Re Sole Avad, dopo alcune parole con lei, la vorrebbe vicino come regina, una donna brillante, dotata di intelligenza, forte e combattiva sarebbe la consorte perfetta, ma di nuovo è una costrizione che non può accettare: anche il grande Re Sole dei Carja è un uomo piccolo piccolo di fronte alla salvezza dell’umanità.

Erend è uno dei personaggi più interessanti della saga di Horizon.

La sua solitudine è ancora più evidente nei monologhi sulla tomba di Rost (opzionali, quindi non ho dubbi che alcuni li avranno saltati). C’è la ricerca del legame con il proprio padre, ma il racconto che fa di ciò che le avviene non solo è inutile perché lui non può risponderle, ma anche vano perché non capirebbe comunque la mole di verità e di eventi straordinari che Aloy ha compreso e che cambiano tutto ciò che si credeva prima. Stranamente poi, questo suo rivolgersi allo spirito di Rost la riporta in una dimensione rituale che lei ha sempre evitato e visto con altezzosità se non con pietismo, ma dimostra, di nuovo, l’umanità di Aloy e la sua fragilità di fronte alla solitudine. Ho accennato alla dimensione quasi “divina” di Aloy e non è un caso perché nel momento in cui riesce a entrare nel “Ventre della Madre” dalla quale era uscita al momento della nascita, tutti i Nora si inginocchiano di fronte a lei devoti come erano devoti all’idea di “Madre” che avevano fino a quel momento. È una devozione che Aloy rifiuta con rabbia, indice di ignoranza, prostrazione e bassa autostima. Lei non vuole essere il leader di nessuno, tantomeno un leader religioso che ammanta la sua autorità di parole auliche, vuote e senza significato. Aloy vuole combattere per il bene dell’umanità, perché la forza e l’amore per le sue radici è ciò che le ha lasciato suo padre, l’intelligenza e l’amore per tutto il mondo è ciò che le ha lasciato sua madre. Questo lo vedremo meglio nel paragrafo finale di questa prima parte.

SYLENS, CONOSCENZA E POTERE

Ho mostrato come una delle tematiche principali della saga di Horizon sia la grande differenza intellettuale che c’è tra Aloy e gli altri personaggi, con i quali non riesce davvero mai a dialogare profondamente né a far comprendere l’importanza e il valore delle sue conoscenze. Una sola figura appare legata ad Aloy da questo stretto tema della conoscenza: Sylens. Sylens è un uomo misterioso e dal passato sconosciuto, dotato di una vastissima conoscenza sul mondo e sulle tribù che ne fanno parte, e che sembra sempre essere un passo avanti ad Aloy. Nonostante aiuti la nostra Nora in più di un’occasione le sue motivazioni sembrano profondamente diverse da quelle che animano l’eroina del gioco.

SYLENS FA DA CONTRALTARE PSICOLOGICO DI ALOY

Come alcuni dei migliori villain nella letteratura, non è sempre immediato comprendere se Sylens sia spinto da ideali positivi o negativi e, proprio come suggerisce il nome, la sua scarsa loquacità non permette né ad Aloy né al giocatore di carpire i suoi pensieri.

Il ruolo di questo silente personaggio nella strutturazione tematica di Horizon è quello di contraltare psicologico di Aloy rispetto alla curiosità e al tema della conoscenza. Mentre per Aloy fin da subito appare chiaro che la sua capacità investigativa, la sua intelligenza e le conoscenze acquisite debbano essere messe al servizio del benessere del mondo e della salvezza dei suoi popoli e creature, per Sylens tutto questo non ha particolare rilevanza, anzi farsi scrupoli ideali o ingenui è solo un modo per rallentare la possibilità di acquisire nuove conoscenze. Questo si evince più chiaramente nel filmato dopo i titoli di coda di Horizon Zero Dawn, nel quale vediamo Sylens riuscire a imbrigliare la ADE all’interno di un dispositivo che ricorda precisamente una lanterna. Qui possiamo vedere un parallelo con Diogene il Cinico, il filosofo che con la lanterna girava nelle piazze cercando “l’uomo”. Il parallelo qui è solo estetico e al massimo legato al concetto stesso di ricerca della conoscenza come luce che illumina l’oscurità dell’ignoranza, ma non è escluso che l’evoluzione del personaggio possa riservare qualche sorpresa in questo senso. È chiaro quindi che il rapporto fra Sylens e Aloy sia contrassegnato da due diversi modi di vedere la conoscenza, il primo legato alla ricerca sfrenata di maggiori risposti che possano fornire maggiore potere e controllo sul mondo circostante, il secondo, quello della nostra eroina, come mezzo per capire il mondo e salvarlo dal suo terribile destino.

STORIA DI PADRI E MADRI

Aloy è una “senza madre” e, per i motivi che ho spiegato nei primi paragrafi, non possiede nemmeno un padre biologico. Tuttavia la storia di Horizon fra i suoi temi annovera anche quello della genitorialità come accudimento e trasmissione di valori positivi per i propri figli. Se analizziamo la genesi di Aloy possiamo risalire a ritroso in tutti i rapporti “genitoriali” che hanno portato alla sua esistenza e l’hanno caratterizzata. Come parte del progetto Zero Dawn, Elisabet Sobeck crea GAIA, un’intelligenza artificiale potentissima in grado di gestire altre sotto I.A. in modo da ricreare le condizioni della vita sulla terra. Dunque possiamo vedere come GAIA sia “figlia” di Elisabet sia in senso materiale che in senso “psicologico”, avendone prodotto i tratti caratteriali proprio grazie al costante dialogo fra le due. Ma GAIA è anche la madre di tutta la vita sulla Terra una volta avviato il processo di terraformazione dopo la Piaga di Faro. Questa sua natura di madre totale per tutte le forme di esistenza sul pianeta e le riflessioni effettuate con quella che riconosce essere la propria madre Elisabet, la portano a scegliere di ricreare una versione di Elisabet nel futuro che possa salvare il mondo dal risveglio di ADE e dalla distruzione. Questa sua ultima figlia è proprio Aloy, che una volta presa coscienza del suo ruolo e della sua genesi ritroverà in GAIA e in Elisabet la madre che non ha mai avuto e i loro insegnamenti le daranno la sapienza e la conoscenza per la sua missione.

Aloy storia

Horizon però è anche una storia di padri, come Rost, che insegnano come sopravvivere in un mondo ostile, insegnano il valore della natura e delle piccole, della fatica e dei sacrifici necessari a ottenere i propri obiettivi. Del valore di Rost parleremo anche nella seconda parte di questo approfondimento. Per concludere, sia Rost che Elisabet mostrano ad Aloy cosa significa sacrificarsi per chi si ama e per il mondo intero e nella risposta che Elisabet fornisce a GAIA alla domanda “Se avessi una figlia, come vorresti che fosse” che possiamo capire chi è Aloy e chi sarà in Horizon Forbidden West:

«Se avessi avuto una figlia avrei voluto che lei fosse… curiosa. E ostinata. Inarrestabile, anche. Ma con abbastanza compassione da guarire il mondo. Solo un po’»


Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.

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