La storia di Obsidian, parte II: Pillars e l’era Microsoft

Continua la nostra retrospettiva su Obsidian Entertainment, in cui ripercorriamo i passi dello studio californiano ripartendo da dove eravamo rimasti: le difficoltà finanziarie dello scorso decennio. È tempo di riprendere e terminare il nostro racconto con le ultime pagine della storia di Obsidian.

obsidian

La scorsa settimana abbiamo iniziato il nostro viaggio nel passato di Obsidian Entertainment, software house specializzata in giochi di ruolo per computer che da qualche anno è entrata a far parte del nutrito gruppo di studi della famiglia Xbox Game Studios e che è conosciuta da tanti appassionati per aver realizzato videogiochi come Fallout: New Vegas, Pillars of Eternity, The Outer Worlds, o più di recente Grounded e l’ormai imminente Pentiment. La scorsa volta ci eravamo concentrati soprattutto sugli inizi della compagnia fondata da Feargus Urquhart, Chris Avellone, Chris Parker, Darren Monahan e Chris Jones, ripercorrendo i primi lavori dello studio come Star Wars: Knights of the Old Republic II e Neverwinter Nights 2, fino ad arrivare ai primi anni 2010, segnati non solo dal successo di New Vegas ma anche da momenti decisamente più amari e da grandi difficoltà finanziarie che rischiavano di mettere la parola fine all’esistenza di Obsidian. Fortunatamente le cose non sono andate proprio così e la software house con sede a Irvine, California è riuscita a rimettersi in sesto, creando nel frattempo altri videogame di qualità. Dopo aver conosciuto le origini dello studio, è tempo ora di continuare il nostro percorso e riesaminare assieme anche le pagine più recenti della storia del gruppo capitanato da Feargus Urquhart. Ripartendo proprio dal gioco che ha contribuito a rimetterla in piedi: Pillars of Eternity.

PILLARS, TYRANNY E ANCORA PILLARS

Nello scorso articolo accennavo a come Pillars of Eternity sia stato fondamentale per rilanciare Obsidian nel suo momento più difficile, e in effetti la sua campagna di finanziamento su Kickstarter nel settembre del 2012 si rivelò immediatamente un grande successo presso il pubblico, superando in poche ore l’obiettivo minimo prefissato dagli sviluppatori e stabilendo il record per la cifra più elevata raccolta fino a quel momento sulla piattaforma di crowdfunding da parte di un videogioco, record che gli verrà però sottratto in seguito da altri progetti.

Pillars of Eternity omaggia i classici del genere e ci porta in un altro high fantasy medievaleggiante, anche se non manca no alcune sorprese.

oltre alla cifra raccolta, la campagna Kickstarter diede un’iniezione di fiducia allo studio

Oltre alla cifra raccolta, consistente in circa quattro milioni di dollari e non particolarmente alta per uno studio come Obsidian da sempre impegnato su videogame decisamente più costosi, l’importanza della raccolta fondi su Kickstarter fu quella di ridare morale al gruppo e indicare una nuova e interessante strada da seguire, con la software house decisa a mettere almeno momentaneamente da parte le aspirazioni di sviluppare nuove produzioni a tripla A per tornare alle proprie origini e dar vita a una sorta di erede spirituale di giochi come Baldur’s Gate, Planescape: Torment e Icewind Dale, provando a fonderne le diverse anime in un nuovo GDR con visuale isometrica e dal gameplay marcatamente “old-school”. In realtà poi Pillars of Eternity si rivelerà essere soprattutto un omaggio a Baldur’s Gate piuttosto che agli altri due giochi sopracitati, ma il risultato fu comunque un grande successo, di pubblico e di critica, riuscendo così a dimostrare che esiste ancora un mercato per prodotti di questo tipo e aprendo quindi la strada pure ad altri sviluppatori, indipendenti e non, che ne seguiranno l’esempio e daranno vita a tanti altri giochi di ruolo ispirati ai classici e molto interessanti.

Lasciando un attimo da parte le software house influenzate da Pillars of Eternity e tornando invece a Obsidian, c’è anche da dire che è più o meno in questo momento che lo studio californiano riesce finalmente a liberarsi della nomea che l’aveva accompagnata fin dagli esordi e che la vedeva come una software house senz’altro ambiziosa e talentuosa ma anche incapace di pubblicare prodotti completi o con un impianto tecnico solido. Già The Stick of Truth era arrivato senza essere piagato da troppi problemi, ma pure le produzioni successive rientrano più nella norma in fatto di glitch e bug vari.

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Con Tyranny esploriamo un altro genere di fantasy, che questa volta trae ispirazione dall’età del bronzo.

In ogni caso, i lavori su Pillars of Eternity non si fermano con la pubblicazione della versione 1.0, perché il team produce numerosi aggiornamenti che rimettono mano al bilanciamento di gioco e soprattutto dà vita a due DLC, che espandono l’avventura con nuove missioni e contenuti. Obsidian si dimostra nuovamente uno studio piuttosto prolifico e nel 2016, solamente un anno dopo l’esordio di Pillars, è la volta di Tyranny, gioco che ne riprende in parte alcune meccaniche del gameplay e la visuale isometrica ma che non viene finanziato tramite il crowdfunding quanto invece grazie alla collaborazione di Paradox.

TYRANNY E DEADFIRE SONO OTTIMI TITOLI, MA NON VENDONO QUANTO PILLARS OF ETERNITY

Tyranny ottiene un buon riscontro presso la critica, che ne apprezza l’ambientazione fantasy originale che per una volta ci vede al servizio dei cattivi in un mondo in cui il Signore Oscuro ha vinto la sua battaglia contro le forze della Luce. Anche le numerose scelte da compiere durante la partita (e che possono cambiarne l’andamento) vengono lodate da molti recensori, ma il responso del pubblico è un po’ più tiepido e Tyranny non riesce a replicare le ottime vendite fatte registrare dalla precedente produzione dello studio. Poco dopo, Obsidian rimette mano a Pillars of Eternity per realizzarne un sequel, che passa ancora una volta da una campagna di raccolti fondi tramite il crowdfunding (sebbene non su Kickstarter) ma abbandona i paesaggi medievaleggianti e mitteleuropei del predecessore per spostarsi in un arcipelago di ispirazione polinesiana, introducendo nel frattempo pure qualche novità nel gameplay, per esempio mettendo il giocatore al comando di un vascello e permettendogli di navigare per la regione, scontrandosi anche con numerosi pirati.

Questa volta si fa tappa in un arcipelago che propone paesaggi molto differenti da quelli a cui lo scorso capitolo ci aveva abituato.

Nonostante alcuni cambiamenti non siano andati nella direzione migliore, e in particolare la storia non sia stata apprezzata come in altri lavori della software house, Pillars of Eternity II: Deadfire è un altro gioco di qualità dello studio e ancora una volta viene celebrato dalla critica, oltre che apprezzato dai giocatori. Quelli che decidono di avventurarsi nei suoi mari, almeno, perché effettivamente il sequel non riesce a ripetere le ottime vendite del precedente capitolo, ottenendo numeri un po’ più modesti.

L’ACQUISIZIONE DI MICROSOFT E LE ULTIME PRODUZIONI

Dopo alcuni DLC, i lavori sul secondo capitolo della serie (e sulla saga stessa) vengono almeno momentaneamente interrotti e Obsidian annuncia un nuovo progetto, che presenta diverse novità significative rispetto agli ultimi giochi dello studio: prima di tutto non si tratta di un GDR con visuale isometrica e un gameplay ispirato ai classici come Baldur’s Gate, né di un’altra produzione a budget medio-basso ma di un gioco che punta a offrire un’esperienza non troppo dissimile da quella di Fallout: New Vegas, pur se posta in un’ambientazione molto differente, con visuale in prima persona, combattimenti più vicini a quelli di un FPS e valori produttivi non proprio da tripla A ma comunque più in linea con quelli di altre produzioni moderne. Nasce così The Outer Worlds, ma prima che il nuovo GDR venga pubblicato c’è un’altra grande novità per Obsidian, anzi si può parlare a tutti gli effetti di un vero e proprio stravolgimento: la compagnia californiana viene infatti acquisita da Microsoft, intenzionata a espandere la propria batteria di studi first-party, mossa che dovrebbe avere assicurato almeno nel breve e medio periodo la salute finanziaria della compagine ma che ovviamente ha comportato la perdita dell’indipendenza per la software house americana.

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L’ispirazione di New Vegas è piuttosto evidente fin dai primi istanti di gioco, a parte per l’ambientazione che va invece in una direzione decisamente diversa.

Una svolta epocale e una a cui i fan di lunga data potrebbero legittimamente guardare con un po’ di preoccupazione, perché non sarebbe la prima volta che una simile operazione finisca per avere un forte impatto sull’identità dell’azienda rilevata; finora, comunque, è anche giusto dire che i segnali non sembrano puntare esattamente in quella direzione e i progetti annunciati a seguito dell’acquisizione sembrano per lo più in linea con quanto ci si potrebbe aspettare da Obsidian. Il resto ce lo dirà solo il tempo.

l’acquisizione da parte di Microsoft solleva qualche preoccupazione, per ora non fondata, sull’indipendenza creativa dello studio

Chiudendo un attimo la parentesi relativa all’ingresso nella famiglia di Xbox Game Studios e tornando ai giochi dello studio californiano, The Outer Worlds debutta con successo nel 2019, grazie alla sua ambientazione fantascientifica interessante e piuttosto originale, che non si fa mancare un certo gusto per l’ironia (sfociando più volte nella parodia vera e propria) nel suo ritratto di una colonia spaziale dove i peggiori aspetti del capitalismo hanno corrotto completamente e forse irrimediabilmente la società. Oltre alla sua ambientazione, il GDR si fa apprezzare per alcuni scorci molto gradevoli ma soprattutto per le numerose missioni che possono essere affrontate e risolte in più modi, la narrazione interessante e i dialoghi e i personaggi spesso sopra le righe. Il paragone con Fallout: New Vegas è senz’altro appropriato (oltre che ricercato e più volte sottolineato dagli stessi autori) viste le numerose similitudini fra i due giochi, ma pur non riuscendo a raggiungere gli stessi picchi di qualità di New Vegas, The Outer Worlds si rivela comunque un prodotto convincente. Anche il gioco di ruolo sci-fi di Obsidian viene arricchito da un paio di DLC, ma per tornare a esplorare lo spazio profondo in un’avventura un po’ più corposa bisognerà attendere ancora un po’: The Outer Worlds 2 è in effetti stato annunciato ed è attualmente in sviluppo, ma la fine dei lavori appare ancora piuttosto lontana ed è improbabile che possa fare capolino sui nostri monitor prima del 2024.

Grounded è un progetto sicuramente inedito per Obsidian ma sembra essere comunque riuscito a incontrare il favore del pubblico.

Nel frattempo la software house californiana si è tenuta impegnata soprattutto con Grounded, un progetto che si è da subito fatto notare per le tante differenze con le passate opere dello studio: innanzitutto perché non si tratta di un gioco di ruolo come ci si aspetterebbe da una produzione targata Obsidian ma di un survival che può essere giocato in solitaria oppure in modalità cooperativa, oltre che per l’atmosfera meno “matura”, o forse sarebbe più giusto definirla adatta a tutte le età. Un’altra novità è dovuta alla modalità con cui ha fatto il suo esordio, cioè in Early Access, rimanendovi per circa due anni e debuttando con la 1.0 lo scorso settembre. Nonostante rappresenti un nuovo esperimento per i suoi autori, comunque, Grounded ha ottenuto un sorprendente successo che l’ha portato a essere giocato da oltre 13 milioni di giocatori.

CON LE SUE ULTIME PRODUZIONI, OBSIDIAN HA CERCATO DI ALLONTANARSI DAI SUOI CANONI

E adesso è la volta di Pentiment, che a sua volta presenta qualche significativa differenza rispetto ai canoni a cui Obsidian ci ha abituato in passato: in questo caso parlo più che altro della mancanza di un sistema di combattimento vero e proprio e dell’enfasi che è posta esclusivamente sulla narrazione, elementi che hanno portato il team a descriverlo quasi più come un’avventura che non come un gioco di ruolo, per quanto apparentemente non manchino altri elementi da sempre importanti per le produzioni dello studio californiano, come la possibilità di plasmare la propria storia ma anche di scegliere alcuni dettagli del passato del proprio protagonista (come le sue origini o dove ha compiuto i suoi studi), dettagli che dovrebbero poi influenzare l’andamento stesso della partita. Al momento della stesura di questo pezzo mi è impossibile dire se riesca nel suo obiettivo, ma a giudicare dalla recensione che troviamo qui su TGM sembra che il gioco non se la cavi niente male. L’attesa, in ogni caso, sta per finire anche per i comuni mortali!


Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.

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