Ci siamo. Il remake di Silent Hill 2 è in arrivo, portandosi appresso aspettative, timori e diversi “ma perché?” Tra tutte le comprensibili critiche tuttavia, ce n’è una in particolare che invece non ho capito.

Ho un deja-vu. Bazzicavo per casa con la mia tazzona di té mattutino, scorro le pagine del forum di fiducia e vedo un thread su Silent Hill 2 Remake macinare post su post. Ci sono molte opinioni a dir poco infastidite, poche entusiastiche, tante discussioni su questo o quel gioco pregresso del team di sviluppo. Perché anche questa volta, il team che tenterà di riportare in auge il franchise non solo non è interno al publisher originale, ma non è nemmeno giapponese. Anche stavolta, invece che dal mondo del Sol Levante si riparte dalla nostra vecchia Europa. Da quella centrale, nientemeno. C’è però qualcosa di diverso da quanto accadde con DmC: chi aveva orecchie per intendere, lo aveva visto arrivare. Tra tutti i team di sviluppo nel mondo, Bloober Team era più vicino di altri all’universo di Silent Hill, per motivi che andremo a vedere.
NON SORPRENDE CHE BLOOBER TEAM SIA STATO SCELTO PER PORTARE AVANTI LA FIAMMA DI SILENT HILL
La cosa per me interessante è che mi ritrovo quasi nella stessa situazione di 10 anni fa: non amavo particolarmente Ninja Theory, né posso dirmi superfan di Bloober, però sono entrambi tra quei team di sviluppo che mi piace seguire, che tra un gioco figo e uno meno li trovo comunque sempre ricchi di personalità. Da un giorno all’altro li ritrovo sulla bocca di tutti, spesso in termini non lusinghieri e oggi come allora sento la spinta di raccontare un po’ chi sono queste persone a chi vuole almeno dare una possibilità al remake. Bloober Team ha avuto un’impennata di popolarità abbastanza rapida negli ultimi anni, pur avendo prodotto soltanto giochi classificabili come AA: valori qualitativi più alti di una produzione indie, ma non così alti da raggiungere il livello dei tripla A. Io approcciai questo team abbastanza presto, quando ancora ai tempi di Wii mi stavo interessando a
Sadness, ambizioso gioco horror in sviluppo presso
lo studio polacco Nibris. Non ne venne mai rivelato molto, ma i costumi storici e un uso intensivo del wiimote erano sufficienti a stimolare la mia curiosità. Di Sadness e altri giochi in sviluppo presso Nibris non ne sapremo più niente, tanto che lo studio venne chiuso. Si venne però anche a sapere che
molti sviluppatori migrarono proprio verso Bloober Team. Che a quel punto, per proprietà transitiva, iniziai a seguire a sua volta.

Ma perché Bloober Team gode di una reputazione così controversa? Beh, dopo una fase di giochi modesti e senza particolari ambizioni, emerge sul mercato nel 2016 con il primo Layers of Fear. Gioco che, per molti aspetti e per stessa ammissione degli sviluppatori, deve molto a Silent Hill Playable Teaser, quella demo rilasciata nel 2014 esclusivamente su PS4 e che avrebbe dovuto dare la spinta promozionale a Silent Hills. E spinta promozionale diede, moltissima.
Layers of Fear deve molto a Silent Hill Playable Teaser
La demo in sé era solida, e sapere del coinvolgimento di Hideo Kojima, Guillermo del Toro, nonché della performance attoriale di Norman Reedus, aveva chiamato a raccolta tutti, dai fan degli horror, a quelli della serie originale, finanche a quelli di The Walking Dead, in quanto il solitario cacciatore interpretato da Reedus diventò rapidamente l’icona dello show. Fu quindi una doccia gelida quando, soltanto un anno dopo
, il progetto venne cancellato in seguito alla separazione tra Kojima e il publisher Konami, dopo tanti anni di collaborazione. Cosa ne fu di Kojima Productions è ormai storia giocabile con Death Stranding, in cui riconosciamo anche il protagonista, mentre di Silent Hills si persero le tracce. Anche il Playable Teaser venne rimosso dagli store, lasciandolo ai posteri come leggenda videoludica, fra chi c’era e chi può invece solo sentirne parlare o vedere i giocati di altri su YouTube.

Ma quella demo lasciò qualcosa di indelebile. Possiamo forse considerare come coincidenza che il successivo Resident Evil si propose con l’inquadratura in prima persona, primo della serie principale ad adottarla. Ma non è certo coincidenza il successivo progetto di Bloober Team, il primo Layers of Fear.
anche se il progetto fu cancellato, l’influenza di PT sul mercato fu tutt’altro che trascurabile
Un’abitazione i cui spazi si allungano e si modificano fino all’impossibile, un’inquietante inquilina che ci tiene d’occhio,
un uso della paura e del jumpscare diverso dal solito. Un horror che non è un survival. Tanto Silent Hill P.T. quanto Layers of Fear volevano proporre una situazione esperienziale, più che videoludica, in modo che non vi fossero sensazioni di urgenza connesse alle risorse disponibili, ma che il giocatore avesse modo di assorbire l’ambientazione ed esplorarla con i propri tempi. Ovviamente non sappiamo, né sapremo mai quale fosse l’idea intera dietro Silent Hills, ma quella demo già contribuì a influenzare i colleghi di altri studi in diversi modi.
L’omaggio dello studio polacco è evidente, nella loro scelta di prenderne i punti focali e costruirci attorno non solo un gioco intero, ma come scopriremo, un’intera serie il cui terzo capitolo è in dirittura d’arrivo.
LA PRODUZIONE DEL TEAM E UN‘OMBRA COSTANTE
Beh, Silent Hills alla fine non si farà mai, ma ha comunque lasciato il segno, no? Siamo contenti, no? Io individualmente sì, ma Bloober Team è spesso stato vittima di odio che tuttora non mi spiego e viene visto da una buona parte dell’utenza come erede non adatto a gestire Silent Hill.
Nel caso di Layers of Fear il nomignolo si allargava a “simulatore di porte“
In parte perché sarebbe il loro primo horror a dover implementare anche una componente di combattimento, laddove tutti i precedenti rientravano nella poco lusinghiera definizione di “Walking Simulator Horror“. Nel caso di Layers of Fear il nomignolo si allargava a “simulatore di porte“. Ma l’altro motivo è che
una frequente critica nei loro confronti è quella di non riuscire ad avere uno stile proprio, quando non direttamente di plagio. Che è il vero argomento di questo articolo. Non ci vuole una lunga ricerca su YouTube per trovare utenti diciamo non particolarmente entusiasti passare al setaccio i loro giochi in cerca di riferimenti più o meno palesi da altre produzioni. Si va dai quadri di Layers of Fear che sono foto reali di altre opere alle quali è stato applicato qualche filtro Photoshop, fino al lamentarsi che Observer è figlio di Blade Runner o che The Medium abusa dello stile di Beksinki.

Ehm… Buongiorno? Sì, alcuni prestiti stilistici sono evidenti. Ma li trovo utilizzati con sufficiente cognizione di causa. Layers of Fear, ad esempio, è accusato di aver utilizzato come oggetti d’arredo per le ambientazioni immagini realmente esistenti ritoccate con filtri grafici. Il protagonista è un pittore e la vicenda si sviluppa attorno al suo sentirsi un fallimento e a una serie di eventi passati per i quali continua a tormentarsi.
Il sequel di Layers of Fear propone una struttura simile, ispirandosi però al mondo del cinema
Lo scenario circostante rifletterà questa discesa nell’abisso attraverso frequenti visite nei cosiddetti “spazi impossibili“: corridoi troppo lunghi per avere un senso architettonico, successioni di stanze troppo assurde per essere reali, decorazioni interne troppo astratte per essere frutto di una mente a posto con sé stessa. Si poteva ottenere questo effetto anche con immagini autoriali? Io direi: è irrilevante. Il protagonista è un pittore che possiede, tra gli altri, famosi quadri ritoccati. Quindi? Il sequel propone una struttura simile,
ispirandosi però stavolta al mondo del cinema. Anche qui citazioni più o meno evidenti si sprecano, ma anche qui mi viene da dire che l’argomento è esattamente questo e trovo più che ragionevole citare momenti iconici della settima arte.

Il catalogo di Bloober prosegue con Observer, che si è arricchito recentemente di una remaster chiamata System Redux. Stavolta siamo in un mondo cyberpunk ispirato dichiaratamente a Blade Runner, tanto da aver chiesto a Rutger Hauer, leggendario interprete di Roy Batty scomparso nel 2019, di prestare la voce al protagonista, un agente senior ormai stanco e disilluso che si ritrova a dover rispondere a una chiamata d’emergenza presso il condominio dove vive suo figlio. Observer rinuncia all’epica di un Deus Ex o di un Cyberpunk 2077 per concentrarsi invece su un’ambientazione piccola e circoscritta, che ci racconta il suo universo narrativo attraverso i dettagli.
per me, che Observer sia così apertamente ispirato a Blade Runner è un pregio
Appartamento dopo appartamento e per mezzo di un gadget che permette di esplorare i ricordi di persone in fin di vita o decedute da poco, questo cyber-thriller andrà fino alla sua conclusione in un colpo di scena non banale.
È un problema che fuori piova sempre, che ci sia un’estetica opprimente, desolante, piena di cavi di varie misure e che il tutto somigli alla distopia rappresentata da Ridley Scott? Punti di vista. Per me è un pregio, e non piccolo. Per il semplice motivo che, se volessi chiedere un’esperienza videoludica simile, dove vado?

Arriviamo poi a Blair Witch, ispirato all’omonima serie di film. Qui l’ispirazione è abbastanza blanda, fornendo perlopiù il setting. Il resto è un ormai convenzionale walking sim horror, con l’unico punto specifico di essere ambientato in un bosco. Ma le ambientazioni in apparenza più vaste non cambiano la sua natura esplorativa con qualche puzzle e mostro da eludere. Simile concettualmente a Observer, ma non altrettanto ispirato. Anche l’interazione con il compagno quadrupede si è rivelata più lineare di quanto potesse sembrare in un primo momento.
L’AVVICINAMENTO A SILENT HILL
The Medium… che dire, raga? Alle parole “horror con dimensione alternativa“, quale gioco viene in mente? A maggior ragione se viene annunciato come compositore della colonna sonora, assieme a Arkadiusz Reikowski, anche il celebre Akira Yamaoka? Possono esserci stati numerosi studi interessati a mettere mano a Silent Hill, ma negli scorsi anni Bloober ci era effettivamente più vicina di altri.
in The Medium ci si trova in entrambi i piani esistenziali, la cui esistenza è già nota alla protagonista
Questa reputazione di vicinanza a Silent Hill è in realtà abbastanza equivoca perché nei toni non è che i due giochi si somiglino granché. Prima di tutto non c’è nemmeno qui un vero sistema di combattimento. Al massimo ci si difende/nasconde tramite abilità psichiche in alcuni momenti, ma siamo ben lontani dall’approccio frontale tipico degli avventori della cittadina lacustre. Ma in secondo luogo, la narrazione porta forme e contenuti ben differenti con soltanto la cornice delle note malinconiche di Yamaoka, dei due mondi visitabili e ambientazioni desolate abitate da fantasmi del passato a fare da collante. Infine, in The Medium ci si trova in entrambi i piani esistenziali simultaneamente e la loro esistenza è cosa già nota e accettata per la protagonista.

IL DRAMMA DELL’ORIGINALITÀ
E ok, affrontiamo il gorilla nella stanza: l’accusa “Bloober non ha prodotto niente di originale“ ha il suo fondamento. Quando quattro giochi si fanno istintivamente accostare ad altrettante celebri opere preesistenti, qualche cosa significa. Ironicamente, proprio questa critica garantisce un punto in più al remake, in quanto è un classico dal contenuto narrativo complesso e dal quale sarebbe meglio non deviare. Devono solo copiare al dettaglio, insomma. Va detto che a questo proposito già il primo trailer ha sollevato perplessità, ma stiamo a vedere.
LA CREAZIONE DAL NULLA NON ESISTE: IN ARTE TUTTO È DERIVATIVO
Ma il nocciolo della questione è un altro:
l’originalità, la creazione dal nulla, non esiste. In arte tutto è derivativo da qualcos’altro e mi ha stupito vedere riservati a Bloober commenti che si possono rivolgere a molti altri studi, e in astratto, a praticamente chiunque lavori nel settore artistico. Fruire di altre opere e farsene influenzare fa parte dell’inevitabile percorso accademico degli operatori del settore. Uno degli esercizi più tipici che mi sono stati proposti nelle Accademie di Belle Arti che ho frequentato fu proprio “scegliete un’immagine e reinterpretatela nello stile di…“. Poi per carenza di tecnica o perché l’ispirazione prendeva il volo lungo il percorso, finivo per ottenere un risultato ben diverso da quanto vedevo inizialmente nella mia testa, ma è proprio questo l’esito più desiderabile. Farsi contaminare dai maestri per poi aggiungere sé stessi, con la propria cultura, le proprie intenzioni, le proprie capacità a questo grande iperuranio collettivo che è l’arte.

Di sicuro il mio percorso accademico mi ha esposto più di altri a forme d’arte di ogni genere, ma personalmente non conosco nessun videogioco, nessuno, che non posso assimilare visivamente a qualche altra produzione di artisti, pittori, fotografi, scultori, cineasti. A volte in modo diretto, a volte alla lontana, altre volte non devo andare a scomodare differenti media quando la palese ispirazione viene già da un altro gioco. Proprio in questo periodo è per esempio diffuso tra diversi giocatori il sentore che ben pochi “soulslike“ siano veramente riusciti a distanziarsi dal loro maestro e camminare con le proprie gambe. Quel Lies of P tanto suggestivo nelle ambientazioni rischia di essere in tutto il resto troppo derivativo per emergere, ma ehi, stiamo a vedere. Alla peggio ci ritroveremo con un Soulslike Steamkpunk Edition starring Pinocchio.
Farsi contaminare dai maestri per poi aggiungere sé stessi, la propria cultura, le proprie intenzioni a questo grande iperuranio collettivo che è l’arte
Nel frattempo qualcuno ha soddisfatto il mio desiderio di visitare un mondo pesantemente ispirato a H.R. Giger. Si dice che un vero artista sa nascondere le sue fonti, ma non sono sicuro sia un automatismo applicabile sempre.
Parte del fascino di Scorn è proprio il suo rendere così palese da dove proviene. E per me non è assolutamente un problema. Il giorno che qualcuno farà un action-adventure ambientato nei mondi di Gustav Klimt, o un immersive sim nei variopinti e simmetrici luoghi di Wes Anderson, chiamatemi.
Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.