Tutto questo parlare di Six Days in Fallujah mi ha fatto tornare in mente una serie di sparatutto che si è distinta per essere riuscita a fornire una visione più personale della guerra, rispetto a quanto fatto dai suoi contemporanei: i tre Brothers in Arms.
La guerra è un tema onnipresente nei videogiochi. Non è certo una scoperta che io per primo ho compiuto, né una realizzazione a cui sono arrivato oggi: anzi, del tema avevo già parlato qualche tempo fa, cercando di riflettere sul perché il conflitto armato fosse un tema così comune all’interno dei videogiochi e se per caso questa cosa finisce per dire qualcosa di noi. La presenza così pregnante di fatti bellici nei videogiochi non significa che manchino casi in cui essi sono il punto di partenza per una riflessione su quali conseguenze la guerra ha su chi ne è coinvolto; l’esempio più famoso, in non poca misura per la sua brutale efficacia nel trasmettere la disperazione di chi deve subire le conseguenze di un conflitto, è sicuramente This War of Mine.
THIS WAR OF MINE È SICURAMENTE L’ESEMPIO PIÙ FAMOSO DI VIDEOGIOCO CHE RITRAE LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA
QUANDO TUTTI ANDAVANO A OMAHA BEACH
Forniamo un po’ di contesto. Brothers in Arms: Road to Hill 30, primo della trilogia, esce nel marzo del 2005 (e tra l’altro sta a due lire, anzi, euro su Steam). Sono anni in cui i videogiochi hanno la Seconda Guerra Mondiale fra i loro temi prediletti (Call of Duty, Medal of Honor, Battlefield 1942 e Hidden & Dangerous sono tutti di poco precedenti, e l’anno dopo uscirà Company of Heroes), che si cerca di rappresentare in un modo che ricalchi la rappresentazione cinematografica resa iconica dalle scene di Salvate il soldato Ryan; pensate solo a quante volte, nei segmenti di apertura dei giochi sopra citati, abbiamo assaltato Omaha Beach.
LE PRODUZIONI VIDEOLUDICHE DI QUEL PERIODO SI ISPIRANO MOLTO A CINEMA E TELEVISIONE
La storia, oltre a portarci a conoscere alcuni episodi cruciali avvenuti nei giorni seguenti al D-Day come per esempio la carica del tenente colonnello Robert Cole, si concentra parecchio sul rapporto fraterno che viene a crearsi fra i membri della squadra Easy. Chiaramente non mancano i momenti drammatici. Alla fine di uno dei primi livelli, una squadriglia di Stuka prenderà di mira la squadra, e una delle loro bombe stordirà Baker.
DESOLA È SOLO IL PRIMO DI UNA LUNGA SERIE DI COMPAGNI CHE CADRANNO NEL CORSO DELLA GUERRA
Brothers in Arms: Hell’s Highway, uscito nel 2008, cambia leggermente l’approccio di gameplay. È piuttosto evidente, e non incomprensibile, il tentativo di Gearbox di catturare l’interesse di un pubblico più ampio, mantenendo sì l’elemento di gestione tattica della squadra ma rendendo più fattibile l’azione in solitaria. Il gioco presenta alti e bassi, con sezioni al controllo di un carro armato britannico francamente terrificanti, ma la linea narrativa si mantiene sui canoni che ormai hanno assicurato a Brothers in Arms una forse non enorme, ma di sicuro appassionata fanbase.
HELL’S HIGHWAY MOSTRA COME GLI EVENTI BELLICI NON COLPISCONO SOLO IL CORPO MA ANCHE LA PSICHE
FRATELLI IN ARMI, FINO ALLA FINE
Anche se sono passati anni da quando li ho giocati, i tre Brothers in Arms mi sono rimasti molto impressi. A livello di gioco, per quanto abbiano sicuramente delle buone idee, sono tutti un po’ ruvidi e sicuramente meno riusciti, meno “giocosi” di altri FPS contemporanei. Ma i loro personaggi, e gli eventi che affrontano, hanno lasciato il segno in me. Certo, quelli descritti sono in larga parte accadimenti di fantasia, ma inseriti in un contesto realmente accaduto e plausibili; per la ricostruzione, Gearbox si è spesso avvalsa delle testimonianze di veterani e del contributo di storici del periodo. E il risultato è una storia che ti entra dentro, che riesce a sembrare genuina, che ti mostra un volto duro della guerra lasciando spazio ai momenti eroici. Un peccato che, dopo aver chiuso Hell’s Highway con la chiara indicazione che per Baker e i suoi era giunto il momento di dirigersi nelle Ardenne, Gearbox abbia deciso di mettere in soffitta la serie.
Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.