La parabola del James Bond di Daniel Craig si chiude definitivamente con No Time To Die, ulteriore capitolo, una chiosa a quello che era stato già Spectre, per poi trovare un nuovo accordo tra le parti (produzione e Craig) e chiudere con un crescendo di emozioni una piccola rivoluzione dell’agente doppio 0.
Lo avevamo lasciato in pensione, accompagnato dalla bella Madeleine a scorrazzare nella bassa Italia, godendosi lussuose stanze di alberghi, calici di vino con la sua donna e interminabili notti di passione tra le lenzuola, ma una cosa l’abbiamo capita: non esiste la parola vacanza, tanto meno pensionamento, ed ecco che la Spectre torna a reclamare la pelle dell’agente al servizio di sua maestà. Oltre alla nota organizzazione criminale, farà capolino anche un nuovo nemico proveniente nel passato, che dopo anni torna a reclamare la sua vendetta, sia contro Bond che la Spectre stessa, mentre il globo subisce l’ennesima minaccia terroristica.
No Time To Die è stato tanto atteso quanto rimandato. Assieme a Dune, è stato un film per il quale, senza mezza termini, la Universal si è detta non disponibile a una release in streaming, chiudendo le porte anche a proposte milionarie da parte di Amazon. Il risultato è stato un lavoro titanico per preservare la narrativa del film e, vera causa di preoccupazione, evitare ogni possibile forma di spoiler.
Sono seduto sulla poltroncina, gadget stilossisimo in mano. La proiezione inizia. Lo stesso Daniel Craig ci saluta con un videomessaggio. Questo film deve essere vissuto in sala. Ci credo e ci crediamo Daniel, perché anche una manciata di secondi ad anticipare la proiezione servono a insinuare una piacevole sensazione: proprio la parabola di Craig è forse quella che più ha cercato di modificare la figura di James Bond, toccando bassi comunque sempre piacevoli (Quantum of Solace) e picchi di qualità impressionanti (Skyfall), dando vita a una vera e propria rivoluzione narrativa.
Laddove i capitoli di James Bond erano film slegati, autoconclusivi e senza la necessità di collegarsi davvero ai sequel, gli ultimi cinque film hanno invece ribaltato questa idea, con Daniel Craig che si è fatto crociato di un conflitto non tanto al terrorismo internazionale, bensì di una guerra interiore, che si origina proprio con Casino Royale e chiude il cerchio in No Time To Die.
NO TIME TO DIE, IL SALUTO DI DANIEL CRAIG
Ed è proprio con l’ampio prologo, di un altrettanto lunghissimo film che supera i 160 minuti di durata, che il nuovo regista Cory Fukunaga si diverte a mostrare subito le carte in suo possesso: sia per chi ha sempre posto al vertice l’azione di Casino Royale o Quantum of Solace, sia per chi, invece, era rimasto ammaliato dalla raffinatezza stilistica di Skyfall e Spectre, No Time To Die è una spaccatura netta, un’opera che rimane in bilico tra queste esigenze e richieste di pubblico e critica. Il corpo pesante, martoriato e stanco di 007 ha bisogno di un aiuto, dunque ben venga l’azione senza sosta, adrenalinica, supportata dal ritorno di gadget esagerati e fantascientifici e una trama che sfocia nel facile terrorista che, dotato di armi chimiche, vuole annientare tutte le forme di vita presenti sul globo.
esattamente come per Dune, anche No Time To Die è uno spettacolo audiovisivo da vivere esclusivamente in sala
Partiamo proprio dal nemico, giacché le più facili e consigliate regole d’oro indicano la costruzione – e diretta motivazioni nelle azioni – di quest’ultimo come fondamentale per poi tratteggiare le risposte del nostro eroe. Il Lyutsifer Safin di Rami Malek è introdotto nel migliore dei modi, con soluzioni visive e narrative addirittura horror, per di più con gran finezza. Una maschera sul viso nasconde le deformità e un urlo di odio per la vendetta che lo sta consumando. Il problema è che le sue azioni, folli e scellerate, non hanno un minimo di contestualizzazione o tesi a supporto. Safin è cattivo perché sì, insomma, sta mettendo in azione il suo piano perché il mondo merita l’estinzione. Fine.
Nonostante i movimenti soppesati e il suo modo di esprimersi a monologhi per risultare più etereo possibile, questo villan non ha mai l’occasione di sfondare lo schermo, non arriva più di tanto allo spettatore e non riusciamo a fare nostra la sua sofferenza.
Al contrario, i grandi sentimenti, quelli di pancia, strettamente viscerali, Fukunaga li dedica tutti a Bond, perché un po’ come già successo con Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno di Nolan prima e Avengers: Endgame dopo, la chiusura di una storia che vuole avere il sapore di forte epicità deve passare anche dal cuore, dalla necessità di smuovere qualche emozione, di contrapporre a quel Die del titolo un sentimento primordiale quale l’amore.
Ecco dunque che si raccolgono tutti i pezzi dei capitoli precedenti, la Vesper di Eva Green, l’onnipresente M di Judi Dench che guarda tutto l’MI6 dal quadro commemorativo posto fuori dall’ufficio di Ralph Fiennes, ora nuovo M; insomma, il passato è sempre lì a tormentare non solo Bond, ma tutto l’MI6.
No time to die non lascia nulla incompiuto, chiudendo ogni parentesi riguardo bond, la spectre e l’mi6
Purtroppo No Time To Die non manca solo di un nemico all’altezza, ma anche di una narrativa che riesca ad essere efficiente per quanto, concretamente, poco vada a raccontare. La chiusura totale di ogni sottotrama o parentesi lasciata aperta forza il racconto anche quando non dovrebbe; non mancherà occasione in cui si potrebbe allegramente fermare tutto e chiedersi il perché di determinate azioni, ma lo sforzo produttivo riesce comunque a camuffare le tante criticità. In qualche modo continua ad aleggiare il profumo della rivoluzione di Bond, giacché, come scritto in apertura, niente e nessuno aveva mai osato tanto con il franchise di 007.
Ad uscirne vincitore, ancora una volta, accanto alla bellezza disarmante di Lea Seydoux e Ana de Armas, è Daniel Craig, che può raccogliere detrattori storici o convinti supporter, ma mai come in questo capitolo, per ovvie ragioni, riesce a confezionare proprio nelle fasi finali un saluto corale, a pieni polmoni, a coronare un arco interpretativo non perfetto, ma capace di regalare più di una semplice emozione.
Dunque un inciampo proprio all’ultimo film? Non proprio, e penso che No Time To Die sia la perfetta via di mezzo tra le voci che volevano questo e quello dal franchise di 007, attingendo e guardando al futuro, ma senza dimenticare il passato. In fondo, è proprio in un cruciale faccia a faccia di Bond con Blofeld che quest’ultimo avrà cura di sottolineare quanto, mentre il mondo cambia, la loro pelle invecchi. Il passato è testimonianza di ciò che ha regalato Craig al personaggio, il futuro è il classico Toto-Bond che già infiamma la rete.
VOTO 7
Genere: avventura, azione
Publisher: Universal Pictures
Regia: Cary Fukunaga
Colonna Sonora: Hans Zimmer
Interpreti: Daniel Craig, Rami Malek, Léa Seydoux, Lashana Lynch, Christoph Waltz, Ralph Fiennes, Jeffrey Wright
Durata: 163 min