Che ruolo ingrato quello del giornalista – o peggio critico, termine che mal digerisco – videoludico, dispensatore di ‘saggezza universale’ e giudizi aspri verso quello o l’altro prodotto, con parole gravi, taglienti e, quando queste vengono meno, sproloquio su quella o l’altra esperienza personale pur di sopperire una temporanea mancanza di vocaboli.
Di solito queste losche figure si aggirano nelle fiere indossando la maglietta brandizzata di qualche videogioco, alcune volte quello che gli piace davvero, altre invece indossando un indumento arraffato in un evento di presentazione. Poi magari la lavatrice è ancora ferma e dunque via, quella maglietta di No One Lives Forever 2 la posso mettere, figurarsi se qualcuno mi chiederà qualcosa.
losche figure si aggirano nelle fiere indossando la maglietta brandizzata di qualche videogioco

ti parlano di Kubrick, Malick e Bergman mentre sono in fila per il nuovo cinefumetto Marvel
Prendo in esempio proprio l’ultima creatura di casa Santa Monica Studio in quanto, oltre alla recensione del sempre ottimo Dan Hero qui sulle pagine di TGM, che condivido fino all’ultima virgola, anche io ho avuto modo modo di curare e seguire il titolo in esclusiva Sony in queste settimane e, alla pubblicazione del pezzo e relativo giudizio, arriva quel commento che ti spiazza: “ma voi della stampa non vi vergognate a dare voti così alti?”.
Commento sterile, da ignorare, però spesso non si riesce: perché mai una persona, che sia del settore o meno, a seguito di pagine e pagine di analisi, dovrebbe vergognarsi di un 9 e mezzo dato ad un gioco meritevole di tale giudizio o comunque di andarci molto vicino? Gran gioco, al netto di un comprensibile ma maestoso more of the same, c’è poco da ridire.
tanti commenti sterili, da ignorare, eppure spesso non ci si riesce
Evidentemente God of War Ragnarok, come il remake di The Last of Us o Halo Infinite o qualunque altro titolo a cui è stato assegnato un voto alto, forse lo meritava. Forse.
se alcuni ‘bestioni’ meritano una valutazione alta, chi siamo noi per negarla?
Il confronto oggi è con quella tensione palpabile che si accumula vicini all’embargo di un titolo grosso, grossissimo; siamo ampiamente consapevoli che raccoglierà voti e consensi oltre il 9, eppure c’è sempre una bella fetta di utenza che indicherà quel voto come mancanza di sincerità, un contentino da dare in pasto ad un pubblico tendenzialmente analfabeta verso il medium di riferimento, giusto per stare all’interno di una comfort zone di aspettative e non spostare troppo l’ago della bilancia.
Ma in questi contesti si potrebbe anche dire il contrario. Talvolta chi critica a prescindere un ottimo gioco – senza portare quasi mai analisi contestualizzate – si crogiola nella (presunta, spesso solo nella sua testa) appartenenza a un vero atteggiamento sovversivo, uno sguardo da alternativo, spocchiosetto intellettualoide per il quale i voti alti si danno solo agli indie, i giochi liberi da vincoli, macchine produttrici di marketing e strategie comunicative, di soldi, crunch, puntando tutto su aspirazioni autoriali. Questi meriti possono pure essere veri, intendiamoci, ma in molti, decisamente troppi, hanno trasformato simili considerazioni in una misura sistematica, costante e praticamente priva di eccezioni.
Io stesso arrivo sovente, spero in modo meno monotono e preconcettuale, a premiare le piccole grandi gemme