Party Hard 2 - Recensione

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Quando hai vent’anni non puoi immaginare che il declino sia dietro l’angolo. A quell’età, la serata migliore della settimana è il martedì. Perché sono bravi tutti a fare tardi nel weekend, qualche spavaldo prova a considerare il giovedì come il nuovo sabato, ma il martedì è una cartina tornasole: ci sono in giro solo i ventenni. Poi, piano piano, le uscite si diradano, aumentano le cene tra amici, e di colpo ti ritrovi di sabato sera a chiederti se alle 21:37 non sia un po’ troppo tardi per mettere su un film, visto che l’indomani mattina hai un sacco di cose da fare. Meglio dormire, forse. Non fosse per i vicini ventenni che stanno approfittando della casa libera per fare festa, invitando in casa qualunque essere umano sotto i trent’anni nel raggio di 150 km usando un muro di decibel come richiamo. Ora, io non dico che mi stia passando per la mente di indossare la maschera di Jason e uscire a fare un po’ di silenzio, però…

L’ANIMA DELLA FESTA

La trama del primo Party Hard, pubblicato nel 2016, era riassumibile grosso modo con la manciata di righe del paragrafo precedente. Il Party Killer era protagonista di un gioco che ibridava stealth e strategia attraverso una serie di feste sempre più esagerate e apocalittiche. La sua voglia di vendetta da matusa verso i rumorosi supergiovani trovava sfogo nella completa eliminazione di ogni singolo animale da festa sparso nel livello, possibilmente senza attirare troppe attenzione su di sé. A dieci anni di distanza dalla sua scomparsa dalle scene del crimine, però, un altro misterioso serial killer si aggira per i party degli Stati Uniti. Si tratta di un clamoroso ritorno, o di un emulo mosso dai medesimi moventi?

Per scoprirlo è necessario attraversare i 14 capitoli del gioco, ma il modus operandi raccontato dagli stralci di telegiornale che intervallano i livelli sembra differire rispetto a quelli del killer originale. In Party Hard 2, sempre realizzato di Pinokl e distribuito dagli specialisti dell’indie di TinyBuild, l’obiettivo non è più quello di estirpare definitivamente ogni possibile disturbatore, o meglio, questo è solo uno dei modi con cui si può arrivare a ritrovare la serenità notturna. Il Party Killer questa volta infatti non è mosso semplicemente dalla volontà di dormire serenamente anche di martedì sera, ma è convinto di essere in possesso di informazioni fondamentali che riguardano un misterioso complotto che parte dai vertici di una casa farmaceutica e arriva fino a una imminente invasione aliena. Messo così sembrerebbe il complottista tipo, ma questo è un altro discorso. Quel che ci interessa, piuttosto, è che le sue missioni ora prevedono l’eliminazione primaria di obiettivi specifici, e spesso anche in grado di difendersi, da privilegiare al semplice sterminio di massa. Perché tutti i membri di questo complotto intergalattico decidano di ritrovarsi nel mezzo di affollati party in cui scorrono fiumi di alcol e droghe resta un mistero, o forse no a ben pensarci.

L’obiettivo non è più quello di estirpare definitivamente ogni possibile disturbatore

Ad ogni modo questa bizzarra coincidenza consente al Party Killer di portare a compimento anche una serie di obiettivi secondari collegati agli scenari in cui si svolgono le feste. L’azione stealth era premiata già nel primo capitolo: essere colti sul fatto, o notati in compagnia di un cadavere fresco, allerta i festaioli che tenderanno a chiamare le forze dell’ordine, il cui arrivo quasi sempre coincide con una ben poco nobile conclusione della carriera del nostro serial killer. In questo secondo episodio, tuttavia, le sfide opzionali aggiungono profondità e richiedono uno studio attento dello scenario per essere portate a compimento: ad esempio, per aprire una cassaforte non basta infiltrarsi nella giusta stanza, ma se necessario anche entrare in possesso della combinazione. Di contro, anche gli strumenti a disposizione nel maniaco in nostro controllo si sono fatti più sofisticati. Oltre al classico coltello e alle diverse trappole attivabili nei livelli (consiglio, mai ballare vicino alle casse!), è ora possibile raccogliere armi e strumenti, alcuni dei quali possono persino essere utilizzati in combinazione. La benzina si può spargere per aumentare gli effetti di un’esplosione, o addirittura concatenarne diverse, mentre l’alcol può essere offerto alla vittima per stordirla. Unendo la benzina alla bottiglia di birra si può creare una molotov con cui innescare un’esplosione, le cui fiamme viaggeranno sulla benzina sparsa al suolo in precedenza fino a carbonizzare la vittima stordita dall’alcol, che al mercato mio padre comprò.

MI SI NOTA DI PIÙ SE NON VENGO?

Party Hard 2 rappresenta una diretta, e gradita, evoluzione del primo capitolo sotto ogni punto di vista. A partire dalla grafica che ha mantenuto l’elegante stile in pixel art anche nel passaggio al 3D, migliorando sia la facilità di lettura degli eventi sia la spettacolarità della messa in scena grazie alle luci e agli effetti. Un upgrade che valorizza i nuovi scenari ben più ampi rispetto al passato, ideali per esaltare l’aumento nella complessità concessa alle azioni dello psicopatico mosso dal giocatore, le cui azioni possono causare reazioni a diversi metri o minuti di distanza. Ironicamente, il principale pregio di Party Hard 2 si tramuta in diverse occasioni anche nel suo più grosso limite. Se da un lato infatti l’imprevedibilità garantita da una generazione semi-procedurale dei livelli – in cui la disposizione di personaggi e oggetti muta a ogni riavvio – rende ogni partita diversa dalla precedente, questi cambiamenti influiscono anche in maniera casuale sul livello di difficoltà della missione, costringendo spesso a una deviazione repentina dal piano originario in favore dell’improvvisazione.

L’insorgere di momenti di frustrazione dovuti al caso è un’eventualità da tenere in considerazione

Aggiungiamoci, poi, che può capitare di morire o essere arrestati senza aver compiuto alcun passo falso, ma solamente come conseguenza degli eventi scatenati dagli altri partecipanti alle feste, in un gioco in cui comunque ogni mossa va ponderata con attenzione, e si può comprendere come l’insorgere di momenti di frustrazione sia un’eventualità da tenere in considerazione. Consapevoli di questa evenienza, gli sviluppatori di Pinokl Games hanno introdotto la possibilità di scegliere tra un roster di quattro diversi personaggi, ciascuno dotato di caratteristiche proprie che vanno a influire sulla difficoltà generale, privando eventualmente il giocatore della soddisfazione di vedere “poppare” gli achievement sbloccati qualora si decida di indossare i panni del Wannabe che gode di maggiori facilitazioni. Un’altra novità la cui introduzioni si può leggere – anche – in questo senso è la Party Vision, ovvero la capacità di visualizzare con quali elementi dello scenario sia possibile interagire, mutuata da diversi altri titoli stealth. Il filotto di ottime intuizioni collezionate da Pinokl nel tentativo in larga parte riuscito di migliorare Party Hard si infrange purtroppo su un’ultima novità: gli scontri con i boss. Dei 14 livelli complessivi, infatti, due di questi sono dedicati alle battaglie con dei boss, e si rivelano purtroppo i peggiori del mazzo. Non è tanto una questione di difficoltà, tarata comunque verso l’alto, ma soprattutto di leggibilità delle dinamiche. Per quanto questo elemento pesi nella valutazione complessiva, non si può ignorare come Pinokl Games sia riuscita a migliorare in toto un gioco che già funzionava andando a toccare le giuste corde in quasi ogni occasione, senza intaccare lo spirito del precedente episodio, capace di trasformare in uno sterminatore spietato e calcolatore anche il più indolente dei pantofolai.

Il salto in avanti rispetto al già apprezzabile primo capitolo compiuto da Party Hard 2 è evidente. A partire della grafica, più chiara e spettacolare, fino alle nuove meccaniche che aumentano complessità e varietà. Non tutte le ciambelle purtroppo riescono col buco e i boss fight poco intriganti sono qui a dimostrarlo, Ma nel complesso, il gioco di Pinokl si conferma una più che interessante variazione sul tema del genere stealth declinata in salsa indie.

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Pro

  • Varietà di situazioni.
  • Pixel art più bella in 3D.
  • L’imprevedibilità è una risorsa…

Contro

  • …ma a tratti anche un limite.
  • Boss fight da rivedere.
7.6

Buono

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