La grande epopea di Persona 3, storico titolo sviluppato da ATLUS, è ora pubblicata da SEGA nella sua forma definitiva dopo la FES (2008) e il porting di Persona 3 Portable, tornato recentemente ma pubblicato, al tempo, nel 2010. Pronti a entrare nell’Ora Buia?
Sviluppatore/Publisher: ATLUS / SEGA Prezzo: 79,99 euro Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile su: PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox One, Xbox Series X|S e PC Data d’uscita: 2 febbraio 2024
Voglio essere chiaro: non aspettatevi Persona 3 Portable. Non aspettatevi neppure Persona 3 FES, bensì abbracciate l’idea che avrete davanti un videogioco alla sua forma migliore, alla formula che lo ha elevato rispetto al titolo del 2006 e che diede una bella sferzata, in modo concreto, all’approccio dei JRPG nell’intero medium. No, qui si è davanti ad altro, a qualcosa di più elaborato, a qualcosa che si avvicina al mito di Persona 5 Royal, sebbene sia divergente. Diverso perché riprende i grandi, intensi e fenomenali temi di Persona 3, dalla depressione alla consapevolezza della morte, a vivere la propria vita intensamente. Un anno per viverla, insomma, e un anno per forgiare legami indissolubili, distruggerli, metterli alle strette, mentre si scopre il bello dell’esistenza, anche quando, purtroppo, la tragedia è inevitabile.
Persona 3 Reload è un titolo che non si accontenta solamente di rivedere la forma e il suo passato, ma che riscrive parte del suo stesso mito e forgia in modo deciso un nuovo momento per ATLUS. Sarebbe estremamente semplice concludere questa recensione, dicendo che è un remake fantastico. Potrei dire che, qualora aveste amato la versione originale dell’opera, allora potreste trovarvi a vostro agio, non potendo desiderare di meglio. Potrei farlo, ma no: Persona 3 Reload è un involucro di tante, tantissime caratteristiche positive e direi pure inedite, una concreta rivisitazione dell’opera originale. Dimenticate, quindi, il personaggio femminile all’interno del tessuto narrativo che fece tanto piacere alle giocatrici nel 2010 e che ha strizzato l’occhio l’anno scorso, con il ritorno di una versione che, forse, meritava maggiore attenzione. Approcciatevi a un videogioco che, senza mezzi termini, si avvicina a una ristrutturazione parziale, che segue un approccio diverso.
All’anagrafe, se ben ricordate, si chiamava Shin Megami Tensei: Persona 3, lo stesso nome che si portò anche nel 2010. Al tempo c’era la sensazione che la serie Persona non potesse diventare una serie a sé stante: era più importante Shin Megami Tensei. I primi tre capitoli del franchise, in patria, ebbero un grande successo, ma fu Persona 3 che diede ampio margine al genere. E resto dell’avviso che con Persona 4, invece, il franchise dimostrò di essere pronto a separarsi dal padre.
La storia più oscura di ATLUS che torna per dire al mondo che “Sì, c’è ancora l’Ora Buia da distruggere”
PERSONA 3 RELOAD RIELABORA IL PASSATO
Ben prima che impersonare uno studente diventasse una moda come in Persona 5 – come si era peraltro visto con Revelations: Persona e Persona 2: Innocent Sin – il titolo, all’epoca, buttava il giocatore nel contesto di Port Island, un’isola a Kobe, in Giappone, in cui un ragazzo, proveniente dalla grande città, si trasferiva in un nuovo liceo. Questo è ovviamente ripreso a piene mani, ma il benvenuto, però, assume un significato completamente opposto: se in Persona 3 Portable si è preferito seguire un altro tipo di approccio, voltato più alla visual novel con scene che mostravano un susseguirsi di immagini, in Persona 3 Reload si segue un’animazione con video nuovi e rivistati con le scene della versione Portable, a sua volta collegate con quelle del passato, dalla versione originale del 2006 a quella FES del 2008. La scelta è stata chiaramente intelligente perché, in questo modo, si è preferito interfacciarsi con uno sviluppo similare a Persona 5. In tal senso, molte delle scene all’interno dell’opera sono state completamente rivisitate e migliorate, definendo in modo più preciso l’intero contesto di gioco.
Come accennavo prima, il ragazzo, che al tempo si chiamava Makoto Yuki, è possibile rinominarlo proprio come in Persona 3 Portable con il proprio nome, che ho impostato immediatamente. Una scelta interessante che si scollega poi molto dai recenti capitoli del franchise e che abbraccia, inoltre, le filosofie di Persona 4 e Persona 5. Il colore scelto per l’occasione, per rappresentare il titolo, è il blu: nella psicologia dei colori, rappresenta la tristezza o la depressione. Non facendo esagerati spoiler sul titolo, il collante reale della produzione è la consapevolezza che la morte, alla fine, fa parte della vita. È qualcosa per cui si deve essere pronti e che è necessario affrontare, accettandola e non rigettandola. A rendere ancora più definito il titolo, inoltre, è l’aggiunta delle attività con i personaggi all’interno del Dormitorio per rinforzare i legami, reale novità di Persona 3 Reload.
I legami delineano soprattutto il miglioramento delle Personae e i loro approcci. Meglio non dimenticarseli affatto
TRA IL TARTARO, LA VITA COMUNE E LE PERSONAE
Se Persona 3 Portable si avvicina alle comunissime visual novel, con un’interazione basata unicamente sul movimento della visuale e l’assenza del protagonista su schermo, il remake rivede interamente il suo approccio, abbracciando l’idea del titolo originale, facendo muovere il protagonista per l’intero mondo di gioco. C’è un viaggio rapido che può condurre alle varie località di Port Island e, soprattutto, una realtà interconnessa che permette di esplorare la cittadina.
Rispetto al passato, tutto è stato completamente ingigantito, con una cura del Social Link e del Reverse Link estremamente attenta e particolareggiata, con legami ancora più marcati e linee di dialogo che portano la narrazione al suo meglio, dando uno spessore ulteriore all’intero world building messo in piedi per l’occasione. I Social Link e il Reverse Link, per chi non lo sapesse, sono quei momenti d’interazione con i personaggi che accrescono o, nel caso del Reverse Link, incrinano i legami. Rispetto agli altri capitoli della serie, Persona 3 è sempre stato il capitolo più cupo, quello buio e spento, specie per le tematiche; me ne sono reso conto ancora di più stringendo i legami, strappandoli, e ritrovandomi poi a recuperarli in un secondo momento. È un videogioco con una storia commovente e coinvolgente, che colpisce sia nel mondo reale che nel Tartaro, non molto diverso dal passato ma arricchito di attività ulteriori, anche se già viste in passato, come le Porte della Monade, luoghi aggiuntivi che offrono scontri complessi contro avversari temibili, che rilasciano, in seguito, oggetti rari e utili, oltre a materiali da usare dall’antiquariato a Port Island, per creare così armi più potenti.
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Il Tartaro, insomma, mantiene il suo stesso fascino e lo amplifica con un modellamento mirato ma una ristrutturazione analoga al passato, fra colori e vivacità nell’oscurità che trovano spazio e regalano ore di coinvolgimento ulteriore. Certo, non si sta parlando dei dungeon à la Persona 5, ma ciò non significa che il Tartaro sia da buttare: è efficace, è ricco di oggetti e di scrigni. E alcuni di essi possono solo essere aperti con i Frammenti del Crepuscolo, ottenibili completando le richieste o, in alternativa, esplorando il Tartaro e l’intera Tatsumi Port Island. Certo, è un peccato che all’interno del gioco manchi The Answer, considerando che questa è la versione migliore di Persona 3.
RENDERE INCREDIBILE UN MITO
Poi c’è il combattimento a turni, completamente svecchiato, che è ben diverso da quello che si è vissuto in passato con le altre versioni. Nella sua architettura, è più vicino – e scusate il parallelismo – con Persona 5. È stato eseguito, infatti, un totale lavoro di restyling anche sull’approccio ai combattimenti, ora resi più coinvolgenti e ammodernati, con pregevoli aggiunte, come la Teurgia, un’opzione che consente ai personaggi di abbattere rapidamente le Ombre, così che i personaggi possano concatenare attacchi sempre diversi. Inoltre, ogni combattimento non è mai uguale al precedente: serve usare l’arguzia e pensare accuratamente a ogni mossa, dedicarsi all’analisi dei nemici attraverso le abilità di Fuuka, o provando alla cieca finché non si azzecca la debolezza nemica.

Questo piatto aumenta la perspicacia. Certo, adoro quando il protagonista racconta le sue sensazioni sul piatto che sta gustando; c’era lo stesso su Persona 5.
In tal senso, le debolezze hanno ruolo rilevante all’interno della produzione. Ogni elemento, attacco critico o status alterato, consente di concatenare attacchi di gruppo in veri e propri assalti, devastando le difese nemiche e, infine, arrivare all’obiettivo. È un sistema di combattimento, dinamico, preciso e ottimamente implementato, ora reso più fluido e aggiornato, così come il resto dell’intera produzione, che l’unico difetto che può avere verte sul level design del Tartaro, non così complesso e intricato come in Persona 5, anche se è chiaro che la decisione di non renderlo su troppi binari è stata la scelta più a fuoco. Inoltre, il remake non vede più i protagonisti stancarsi all’interno del Tartaro: è una scelta utile per agevolare i giocatori meno pazienti.
L’intero roster torna per dettare legge nel Tartaro
BEN OLTRE IL SEMPLICE REMAKE: PERSONA 3 RELOAD SUPERA LE ASPETTATIVE
Persona 3 Reload è un videogioco sorprendente, pulito e animato dalla grande passione per ATLUS per le sue creature, oltre che per le sue grandi epopee create nel corso degli anni. Considerando che qui non si tratta solamente del miglioramento visivo, esperienziale e di game design dell’opera, l’ammodernamento grafico regala scorci meravigliosi. Un dettaglio che per qualcuno potrebbe apparire ininfluente, e che mi ha colpito in modo inaspettato, riguarda l’oscillazione del personaggio mentre corre, con i capelli che si muovono assieme ai vestiti. Questa è tutta la cura per i dettagli messa da ATLUS per la sua opera più tenebrosa e, al tempo stesso, migliore sotto ogni punto di vista. Impossibile non citare la colonna sonora, già apprezzata molto in passato e, ancora oggi, nonostante le differenze, estremamente coinvolgente.
È un racconto truce, quello di Persona 3 Reload. Un racconto che spinge a domandarsi quanto la vita sia sottile e veloce, impossibile da frenare sul momento ma assolutamente utile per chi sta cercando altro, qualcosa di meglio, che non scolleghi dalla realtà. È un racconto intenso, quello di Persona 3 Reload.
Mai sottovalutare il tempo
In Breve: Persona 3 Reload è un’opera sensazionale che non si accontenta soltanto di essere un remake ma è, di conseguenza, qualcosa che riformula lo sviluppo dei videogiochi ATLUS per un pubblico ancora più vasto. Scegliere una delle opere più grandi e potenti del genere JRPG, forgiando così un titolo va a migliorare e a rivisitare un’opera del genere, non era affatto un compito facile e immeditato. Anzi, era qualcosa di estremamente complesso. Un grande ritorno che si riassume nel termine “Capolavoro”.
Piattaforma di prova: PlayStation 5
Com’è, Come gira: Ottimamente su PlayStation 5. Fluidissimo, bello da vedere, un ottimo anime in movimento. Nessun problema tecnico riscontrato.