Realpolitik è un concetto che ha radici molto profonde nella storia dell’umanità: indica la messa in atto di politiche prive di qualsivoglia visione ideologica per il bene dello Stato e l’ottenimento di risultati concreti, il tutto al fine di mantenere e accumulare potere. Realpolitiks (con la “esse” finale), l’ultima fatica del team polacco Jujubee, parte proprio da questa definizione per imbastire un’opera che vorrebbe strizzare l’occhio ai grand strategy targati Paradox Interactive e dare vita a una simulazione geopolitica del mondo moderno. Ci riesce? Lo metto subito in chiaro: no, fallisce in maniera clamorosa in ogni singolo ambito, dando vita a situazioni talmente surreali che arrivano ad essere a dir poco esilaranti.
IL SALVATORE DELLA PATRIA
Dopo aver completato i brevi tutorial che spiegano in maniera piuttosto accurata le varie dinamiche di gioco, ho avviato la mia prima partita nello scenario classico che permette di scegliere uno dei numerosi paesi della Terra per portarlo alla gloria nel corso di ottant’anni, dal 2020 al 2100.
Realpolitiks utilizza un impianto di regole niente affatto chiaro
A questo punto, Realpolitiks dimentica completamente quello che è stato spiegato nei tutorial introduttivi per utilizzare un substrato di regole niente affatto chiaro circa la gestione delle risorse nazionali e dei rapporti con il resto del mondo. Non che destreggiarsi con questi parametri serva a qualcosa, in ogni caso: in pochi anni di governo, senza alcuno sforzo particolare, avevo già accumulato così tanto denaro da riuscire a ripagare circa la metà del debito pubblico, il tutto abbattendo la disoccupazione e facendo crescere a dismisura il PIL. Dopo appena un decennio, ho addirittura avuto modo di scalzare gli Stati Uniti d’America, diventando così la prima potenza economica mondiale! (urca… se ti candidi, ti voto! ndKikko)
LA TERRA BRUCIA
In Realpolitks, dunque, non esiste strategia, basta saper gestire le risorse per attuare le varie politiche disponibili, quali e in quale ordine è completamente irrilevante. Abbiamo a che fare con un gioco fondamentalmente “rotto”, perché fa partire tutti più o meno ad armi pari: basti pensare che dopo aver stravinto la prima campagna con l’Italia ne ho iniziata un’altra con la Corea del Nord, giusto per capire se l’estrema facilità derivasse dall’aver scelto un paese ricco e sviluppato. La differenze sono state davvero minime, tanto che – in pochi anni – sono riuscito a riunificare le due Coree e a riappacificarmi con l’intera comunità internazionale, imponendomi come punto di riferimento economico e politico dell’intera regione orientale.
Realpolitiks tenta di dare vita a una simulazione geopolitica del mondo moderno
Manca inoltre tutta la componente di bilanciamento degli eventi casuali che possono verificarsi di mese in mese. Durante la prima campagna, per esempio, l’Italia è stata attaccata da un gruppo terroristico di matrice islamista. Nulla di improbabile, direte voi: magari c’è stato un attacco kamikaze o un altro tipo di attentato come quelli che, purtroppo, si sono verificati di recente a Berlino o a Parigi. Assolutamente, no: gli aggressori sono entrati in Lombardia con quattordici distaccamenti di fanteria, undici divisioni corazzate e la bellezza di otto caccia bombardieri! A questo punto, gli sviluppatori dovrebbero spiegarmi come dei terroristi non solo potessero avere a disposizione più unità militari di quelle in mio possesso, ma come abbiano fatto a entrare nei confini nazionali con quell’esercito senza che nessuno se ne accorgesse. Inutile dire che – prima, durante e dopo quest’attacco – il resto del mondo è rimasto alla finestra.
PICCOLI DITTATORI CRESCONO
Il completo sfascio, tuttavia, viene raggiunto nelle fasi avanzate della partita, quando per motivi poco chiari la stragrande maggioranza dei paesi decide di trasformare la propria forma di governo in un regime totalitario. È un cambiamento repentino che coinvolge contemporaneamente tutte le nazioni, si ha quindi l’impressione che non sia tanto il frutto di una serie di eventi casuali, quanto la conseguenza di una precisa scelta da parte degli sviluppatori, forse nel disperato tentativo di non far addormentare il giocatore.
E così, mentre ci si avvia verso le battute finali della campagna, si viene attaccati su più fronti, anche da potenze insospettabili come gli USA o il Regno Unito. Azioni del tutto inutili, perché dopo aver sconfitto il cancro e conquistato la Luna, Marte e i satelliti di Giove, il prode popolo italico non si fa di certo intimorire da qualche carro armato mandato allo sbaraglio da nazioni “inferiori”! Battute a parte, l’immotivato e insensato picco di difficoltà non può far nulla per risvegliare l’interesse, dato che per ore non è stata offerta una sfida degna di questo nome ed è stato possibile accumulare talmente tante risorse da superare – almeno un centinaio di volte – il prodotto interno lordo del resto del mondo. Questi attacchi si rivelano dunque un semplice fastidio e contribuiscono ad agevolare l’inevitabile disinstallazione di Realpolitiks.
Realpolitiks è realizzato così male che fa il giro e diventa un gioco dal tenore tragicomico. L’intera formula del gameplay fa acqua da tutte le parti: la diplomazia non è pervenuta, le regole economiche funzionano in maniera del tutto aleatoria e la guerra viene affrontata in modo approssimativo, mentre gli eventi generati casualmente danno vita a situazioni talmente campate in aria da strappare più di qualche sorriso. Dei grand strategy targati Paradox, da cui Jujubee ha chiaramente preso ispirazione, ci sono solo l’interfaccia e l’ombra più sbiadita possibile della struttura ludica: tutto il resto è interamente da rifare.