In questa ventunesima puntata della VR Machine ci prendiamo una pausa per le recensioni, dopo un paio di settimane passate in compagnia di Oculus Go e, quindi, con il nostro giudizio pronto ad articolarsi nelle prossime righe. Questo non vuol dire che abbiamo appeso realmente al chiodo HTC Vive, PS VR o il fratello maggiore di Oculus; al contrario, in queste ore ho personalmente giubilato per l’arrivo dell’attesa beta di The Forest in realtà virtuale, nella quale sono sono già immerso e di cui vi parleremo diffusamente nel prossimo appuntamento, insieme ad altri titoli pronti per una vera e propria review.
Oculus Go è quasi un ospite in questi lidi, sicuramente gradito ma ben lontano da videogiochi e visori che, almeno qui, siamo soliti aver per le mani o sulla testa
TECNOLOGIA TIMIDA, MA EFFICACE
Come dovreste già sapere, Oculus Go è un visore totalmente autonomo e, come tale, si pone quasi perfettamente a metà strada tra Gear VR e la CV1 di Oculus Rift.

Quasi dimenticavo: nella confezione è compreso il laccetto per il controller e un distanziatore per chi fruisce di Oculus Go con gli occhiali.
Sotto la struttura esterna (leggerissima, il peso percepito è connesso anche al comfort delle morbide cinghie) non c’è un processore all’ultimo grido, bensì un Qualcomm Snapdragon 821 SoC associabile a un livello medio-alto di performance, almeno se paragonato agli standard della telefonia mobile; pure lo schermo non è un OLED, bensì un LCD con un singolo schermo a 2,560*1,440 pixel, dunque con una risoluzione non lontana da quella dei colleghi per il gaming su PC (e un filo superiore alla definizione di PS VR, sostanzialmente un full HD ripartito per i due occhi). Due invisibili speaker si trovano nelle lingue esterne che trattengono i due rami della cinghia, con l’ovvia e opzionale aggiunta di un ingresso standard per cuffie/auricolari con microfono (non compresi). Al di là della qualità audio, decisamente buona per la forma con cui viene proposta, e di un’apertura della visuale ancora una volta corrispondente a una media ragionata, ha sicuramente spiccato l’impressione sulle lenti e la percezione visiva in generale, ben netta anche sulle realizzazioni poligonali e molto “abile” (almeno, lo sono stati gli optical engineer di Oculus) nel mimetizzare la griglia delle cellette LCD, difficili da percepire e, così, quasi al livello del gran lavoro svolto da Sony sul suo sistema VR.
A fronte, poi, del rapidissimo setup con connessione alla vostra rete wireless e all’apposita applicazione su un qualsiasi cellulare Android o iOS, vi troverete quasi immediatamente immersi nell’offerta VR di Oculus Go, dalle applicazioni gratuite (meno di quante avrei voluto, ma tantè) e poco più un migliaio di possibilità tra video (più o meno) interattivi a 360 gradi e veri e propri software dedicati un po’ a tutto, dall’arte allo sport, oppure dall’avventura all’horror su un lato moderatamente gaming. Qualsiasi esperienza vi troviate a sperimentare, soprattutto in merito alle piccole creazioni videoludiche, vi dovrete giocoforza confrontare con un sistema di rilevamento interno che restituisce sensazioni molto lontane dai vari Vive, Oculus Rift e PS VR: in tutti i casi, infatti, per il visore stand alone come per il piccolo telecomando – dotato di trackpad, grilletto e due pulsanti frontali – avrete a che fare con un tipo di movimento relativo, calcolato sui propri assi ma, per ovvie ragioni (ovvero, l’assenza di scanner esterni), non nello spazio in cui ci troviamo.
Oculus Go costa meno di qualsiasi prodotto VR attualmente sul mercato, ed è dedicato a chi vuole fruire di applicazioni e video VR senza troppo impegno fisico e concettuale