Time Machine Reloaded #6 – Computer Horror parte 1: Arriva Elvira

Nonostante non sia un vero e proprio amante del genere horror, ci sono alcune cose che dovete sapere di me: ululo sul tetto nelle notti di luna piena, finisco sempre Splatterhouse con un credito durante ogni venerdì 13 e, quando accendo il Commodore 64, il pensiero non va subito a Slimey’s Mine o Space Taxi come nel caso delle persone normali, ma alle vecchie avventure CRL. Una delle precedenti dichiarazioni, peraltro, è falsa, ma non vi dirò quale. In un momento di anarchia, dichiaro che la Time Machine si tingerà di rosso per un paio di mesi, ché la bella stagione riporta alla mente le serate in compagnia dello Zio Tibia (per i più giovani: l’italianizzazione del grottesco personaggio Uncle Creepy, fido compagno del venerdì sera di ogni nerd che si rispetti nel 1989) e questo numero l’abbiamo praticamente dedicato a sangue e frattaglie grazie a Mortal Kombat. Rimanendo fedeli all’originale vocazione della rivista tratteremo una manciata di singolari casi nati esclusivamente su home computer, quindi non troverete fiumi di parole dedicate a Sweet Home, ma neppure a Project Firestart: quello lo tengo da parte per uno speciale dedicato a Dynamix. Ordunque, nel primo appuntamento torneremo alle origini, andando a scomodare la folta chioma di Scott Adams, ovvero l’uomo che la storia ama ricordare come il primo sviluppatore di avventure testuali per home computer con il leggendario Adventureland: prima di lui solo il fondamentale Colossal Cave Adventure (1976) di Will Crowther, scritto tuttavia per gli ingombranti mainframe universitari.

Scott Adams, ovvero l’uomo che la storia ama ricordare come il primo sviluppatore di avventure testuali per home computer

Scott diventa una delle prime personalità di spicco nell’emergente mercato dei videogiochi, tanto che il suo volto diventa riconoscibilissimo tra le pagine delle riviste dell’epoca e il suo nome viene presto riconosciuto come sinonimo di giochi di qualità, al punto da apparire spesso sulle copertine delle sue creazioni come nel caso della serie Questprobe, basata su personaggi Marvel come l’Uomo Ragno, Hulk e i Fantastici Quattro. La sua etichetta Adventure International viene distribuita in Europa dall’omonima Adventure International (U.K.) con sede a Birmingham, che si occupa anche di convertire i giochi per le piattaforme popolari nel vecchio continente: un meccanismo talmente ben oliato che i distributori imparano i rudimenti del mestiere direttamente dalle opere del maestro e, capitanati dal fondatore Mike Woodroffe, decidono di creare un’offerta nuova di zecca partendo in pompa magna con il gioco su licenza Gremlins The Adventure, scritto nel 1985 da Brian Howarth. Fu un’idea decisamente propizia, dato che l’azienda di Scott andò in bancarotta l’anno successivo, lasciando nelle mani dell’Adventure International inglese una bella gatta da pelare; con il bisogno di battere cassa e privo della principale fonte di reddito, la squadra messa assieme dalla famiglia Woodroffe (Mike, la moglie Tricia e il figlio Simon) ottenne la licenza della prestigiosa serie di libri gioco Fighting Fantasy di Steve Jackson e Ian Livingstone, creando adattamenti dei volumi Temple of Terror, Rebel Planet e Seas of Blood per i computer a otto bit. Con il successo delle avventure grafiche di Lucasfilm Games e Sierra, i vecchi parser testuali divennero obsoleti da un giorno all’altro; per evitare di rimanere vittima di un mercato morente, Adventure International volse lo sguardo alle nuove tecnologie a sedici bit, cambiando il nome in Horror Soft nel 1989 e pubblicando il suo primo titolo per Amiga, Atari ST, MAC e MS-DOS, ovvero Personal Nightmare. computer horror

Con il successo delle avventure grafiche di Lucasfilm Games e Sierra, i vecchi parser testuali divennero obsoleti da un giorno all’altro

Si tratta di un gioco affascinante, che abbina alla classica impostazione da avventura testuale un’interfaccia punta e clicca a finestre assai simile a quanto visto nella pionieristica serie MacVenture di ICOM Simulations, debuttata con successo sui computer della mela nel 1985 con il classico Déja Vu. Purtroppo una gestione macchinosa dell’inventario fa coppia con lo svolgimento degli eventi in tempo reale, flagello di molti esponenti del genere come il secondo Leisure Suit Larry e capace di evocare più orrore di un paletto di frassino, visto che si vive costantemente con il dubbio che importanti eventi stiano accadendo altrove, potenzialmente vanificando una partita ritenuta perfetta. A questo si aggiunge una trama scritta sostanzialmente in due righe, che vede il nostro protagonista intento a scacciare il male da un paese letteralmente popolato da peccatori dopo la morte del padre, il vicario locale. Non vi consiglierei di giocarlo oggigiorno senza una soluzione sotto mano, ma va detto che all’epoca l’impatto grafico era sorprendente: certo, anche Gremlins The Adventure mostrava timide quanto ambiziose animazioni nelle sue schermate, ma i fantasiosi modi con cui si moriva in Personal Nightmare erano davvero un valore aggiunto notevole, rigorosamente seguiti da un primo piano del protagonista opportunamente massacrato a seconda del decesso, sia esso dovuto all’indesiderato tuffo in un rogo, al morso alla giugulare da parte di un segugio delle tenebre o a un improbabile plotone d’esecuzione formato da soldatini giocattolo, per la cronaca da rimettere in riga al suono di una tromba! Personal Nightmare è anche il primo gioco della software house a vantare la presenza di Elvira, alter ego dark della bellissima Cassandra Peterson, presente nelle pubblicità apparse sulle testate d’Oltremanica e durante la gestione dei salvataggi. La tenebrosa vamp sarebbe diventata una vera e propria mascotte per la Horror Soft, ma il motivo è fumoso: interrogato sull’argomento in una rarissima intervista, Mike Woodroffe replicò che avevano “ereditato i diritti del personaggio”. Sicuramente avrebbe goduto di una presenza più determinante nelle successive produzioni, partendo per l’appunto da Elvira, Mistress of the Dark (1990). Qui Elvira eredita il castello di Killbragant che risulta logicamente stregato da cima a fondo; nei panni di un investigatore del paranormale, il giocatore deve recuperare sei chiavi per mettere le mani su una pergamena destinata a purificare il maniero dal maleficio della strega Emelda, ricorrendo occasionalmente all’aiuto di Elvira, strega straordinaria e profonda conoscitrice delle arti occulte. Il motore di gioco è la quinta versione dell’AberMud, scritto originariamente da un gruppo di programmatori (tra cui Alan Cox, vero VIP tra i cultori di Linux) nell’Università del Galles, e si presenta come una versione tirata a lucido di quanto visto in Personal Nightmare, privo dell’interfaccia testuale e arricchito da leggeri quanto intriganti elementi RPG. Si gioca molto bene e il rozzo sistema di combattimento in tempo reale fa il suo lavoro; come extra, la qualità grafica è veramente notevole, con sequenze di morte (indimenticabile quella riguardante il falconiere) realmente d’impatto.computer horror

Il motore di gioco è la quinta versione dell’AberMud, scritto originariamente da un gruppo di programmatori nell’Università del Galles

La seconda avventura di Elvira (da non confondere con The Arcade Game, un gioco di piattafome decisamente dozzinale creato da Flair Software) arriva due anni dopo e migliora notevolmente l’apprezzato elemento ruolistico presentando la scelta di diversi archetipi con cui personalizzare il protagonista, ovvero il fidanzato della vamp, rapita da Cerbero in persona! Che si decida di intepretare uno stuntman o un lanciatore di coltelli, è impossibile restare indifferenti davanti alla varietà del gioco, diviso in tre set cinematografici dotati di grande personalità e nemici drasticamente differenti dalle solite guardie armate viste nell’episodio precedente; con una vasta gamma di incantesimi (il programmatore qui eccelle, essendo l’equivalente di un mago fantasy) a disposizione e una piacevole dose di humor ripartita tra le battute di Elvira e le citazioni nascoste nei finti poster cinematografici, Jaws of Cerberus si conferma un titolo davvero interessante, nonché l’unico gioco di Horror Soft scritto anche per l’oramai vetusto Commodore 64 assieme a Mistress of the Dark. L’ultimo titolo della software house è Waxworks (1992), un dungeon crawler che ho mappato davvero tanto ai tempi, sacrificando un quaderno a quadretti tra griglie e soluzione! Esce lo stesso anno su Amiga e MS-DOS e non presenta alcun cameo di Elvira, probabilmente a causa dei diritti scaduti. Non è un problema, perché l’avventura si regge perfettamente da sola grazie a un pratico museo delle cere infestato e ai suoi quattro diorami che spalancheranno l’ingresso su altrettante dimensioni, rispettivamente dedicate all’antico Egitto, a una miniera infestata da vegetali assassini, a un cimitero popolato da zombi e alla Londra vittoriana di Jack lo Squartatore. Grande tensione e parecchia diversità nelle violentissime morti rendono il gioco decisamente intrigante nonostante la mancanza degli incantesimi, ma la formula iniziava a stancare e la casa dei Woodroffe decise di cambiare genere sotto il nuovo marchio Adventure Soft, dedicandosi all’umorismo (e al fortunato template delle avventure punta e clicca) con la serie Simon the Sorcerer. L’orrore però sarebbe rimasto in attesa tra le tenebre, pronto a spuntare nel 2005 con il controverso Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth, pubblicato sotto il nuovo stendardo Headfirst Productions.

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