Metro: il non sopravvivere all’Olocausto nucleare – Speciale

Il freddo, fuori dalla Metro, è pungente. Pizzica le guance e le labbra, insinuandosi nei polpastrelli tra le fessure dei guanti sgualciti. È un gelo insopportabile, equiparabile a quello della brezza fredda che colpisce le gambe quando si è in bicicletta, disperdendosi ovunque, dalle ginocchia alle cosce. Batte costantemente, non dà segno di smettere, è una costante. Anche se indosso abiti pesanti e una maschera che mi protegge dalle radiazioni, là fuori tutto è un’incognita: nel silenzio, in un assordante stridio proveniente da una casa distrutta, c’è un orsacchiotto bagnato di neve. È adagiato su un lenzuolo sporco di sangue. Quel sangue, però, è secco: sembra passato del tempo, molto tempo, da quando è stato versato. Gioco con l’immaginazione, e mi accorgo che è di una bambina.

Chissà quanti anni avrà avuto, prima di essere strappata alla vita. Delle mensole sono rimaste intatte, nonostante la deflagrazione delle bombe nucleari, cadute su Mosca vent’anni fa, magari quando ero un bambino. O meglio, quando Artyom, il protagonista di Metro, fece il suo primo ingresso nella metropolitana di Mosca, l’unico luogo sicuro in tutta la Russia, isolata dal mondo intero. O forse, invece, non è affatto così? Non ne ho idea. Comunque, il mondo di prima non esiste più: tutto è stato dimenticato e passato, con un inverno nucleare ormai persistente che rappresenta la fine di tutto e l’inizio di un’era dominata dalle creature generate dalle radiazioni.

Un’era dominata dalle radiazioni e dall’oscurità: l’inizio di un nuovo percorso per l’umanità intera

I Tetri, chiamati così nei libri dello scrittore Dmitrij Gluchovskij, dominano ora la catena alimentare di cosa resta della Terra, abitando nell’oscurità di una Mosca silente, fredda e immobile. Quella guerra nucleare, generata dall’odio fra i popoli, ha dato vita a ciò che l’uomo non avrebbe mai immaginato: creature della notte e del giorno che seminano morte, nascondendosi negli angoli più angusti e remoti della metro.

Un tempo, però, la Piazza Rossa di Mosca era dominata da un via vai di gente che proveniva da tutto il mondo, propensa a imparare le arti, la letteratura e la cultura russa, non dando poi così tanto valore alle disgrazie del mondo, alla povertà e, chissà, a una crescente crisi climatica, infischiandosene degli ultimi e dei disperati. È un mondo brutale, quello della serie Metro, che è divenuta una realtà tonante nel bel mondo del videoludo nel 2010, facendo appassionare i giocatori a una storia truculenta e brutale, ambientata all’interno di una realtà ostile, in un’ambientazione originalissima, sia per la letteratura russa e mondiale, sia per il panorama videoludico del tempo, ancorato a quel tempo in una ricerca spasmodica di questo tenore.

Entrare dentro la metro è come perdersi negli abissi dell’oblio

Il ritorno di S.T.A.L.K.E.R, d’altronde, è assolutamente gradito e inaspettato, e il recente annuncio di un capitolo VR dedicato a Metro, insomma, è esattamente un buon motivo per acquistare un dispositivo in realtà virtuale, per vivere una storia prequel della saga principale scritta dall’autore russo, che ha coniugato il dolore, la privazione, le macchie tipiche dell’umanità e un concentrato di rivalità tipiche del mondo moderno, sospeso in una attuale lotta fra i comunisti, i fascisti e i capitalisti. Una realtà che, per quanto diversa, ha davvero ben poco di divergente rispetto al mondo attuale. Ancora oggi, la serie Metro getta in faccia la verità. Una verità talvolta scomoda, insistente e reale, esattamente com’è vero il dolore all’interno della Metro.

VIVERE NEL BUIO DELLA METRO

Ben prima di giocare a This War of Mine, altro incredibile videogioco pubblicato nel corso degli anni, ho vissuto Metro 2033 e Metro 2034. Le premesse rispetto al contesto, oltre a essere mature, sono state realmente ottime, divenendo qualcosa in più. In una metro possono vivere così tante persone? E se litigano? Cosa succede se qualcuno muore? E se qualcuno ha la febbre? Sono domande che, mentre muovevo Artyom all’interno della sua casa sotterranea, mi domandavo sovente. Le risposte, però, arrivavano in un modo inaspettato: la regia di entrambe le produzioni si concentrava sul vissuto dei comprimari e degli sconosciuti che, vivendo quotidianamente le dinamiche della Metro, davano spessore a chi si addormentava e risvegliava circondato da pareti fredde e inospitali.

Dmitrij Gluchovskij, oltre a descrivere la metro come una zona sicura, rappresenta in realtà una prigione da preservare, da proteggere, da tenere lontano sia dagli uomini che dalle creature e dalle bestialità che le radiazioni hanno generato. Artyom è un personaggio silenzioso per tutta la durata dell’esperienza, anche se la voce narrante di Oliviero Corbetta, doppiatore nostrano, ha dato spessore al personaggio. Nel primo capitolo del franchise, il protagonista – Artyom, ovviamente – ha da poco compiuto vent’anni. La sua intera vita l’ha passata all’interno della metro, vedendo poco del mondo passato, se non macerie su macerie, testimoni del passaggio devastanti delle bombe e dei missili nucleari sulla città russa, a testimonianza che sì, neanche la Russia è invincibile, anche se i casi storici di Napoleone e Hitler ancora suonano tonanti all’interno della società russa.

Una Russia perduta nel tempo, che ha messo fine a tutto

Immaginate come questo, però, coinvolga l’intera popolazione della metro, abituata a vivere al gelo, in una costante bolgia infernale in cui ciò che accade è definito solo dal lento mutare dal tempo. Un lento mutare del tempo che infrange i sogni e le speranze di una vita diversa da parte dei bambini cresciuti nel buio, in attesa di una parola dolce, o di una carezza. Ricordo che, nel primo capitolo, erano presenti dei bordelli e un numero esagerato di attrazioni, nonché una sala da ballo e dei negozietti, con ognuno di essi che vendeva cianfrusaglie e oggetti del genere. Cosa non si è per nulla realizzato, né all’interno della metro come altrove, è la consapevolezza che si era letteralmente dentro a una trappola per topi.

metro 2033

In una misura personale, addirittura inaspettata e sorprendente, Artyom decide di vivere con il sogno di vedere ben oltre il mondo in cui è cresciuto. Fuori dalla metro i raggi del Sole colpiscono i pezzi di vetri infranti dalle esplosioni, mentre il cammino conduce a una nuova area, dominata da altrettante creature. È un mondo svuotato e privato della sua anima: di Mosca è rimasto soltanto un vecchio che racconta dell’U.R.S.S e degli Stati Uniti, del capitalismo che si è infranto contro il comunismo e del dominio di entrambi che ha creato dei mostri ignobili, grondanti ancora di sangue. Come spesso molte opere insegnano, specie quelle così estreme, in cui un rifugio diventa anche una tomba, i più pericolosi tra gli esseri sono proprio gli umani.

LE CREATURE PEGGIORI SONO GLI UOMINI

Non c’è bisogno di dirlo, ma è utile farlo: l’uomo non impara dai suoi errori. È spesso tipico che li commetta nuovamente, arrivando spesso a nuovi livelli di terrore, talvolta facendo lo stesso male che, in passato, ha vissuto sulla propria pelle. Sta accadendo in Palestina, per esempio, con un genocidio che sta costando la vita a bambini, donne e anziani, mentre il mondo intero resta in silenzio, distaccato dalla pace. È ciò che accade, in una misura ancora più diretta, all’interno della metro di questo franchise brillante e, purtroppo, terribilmente sottovalutato dai giocatori come dai lettori.

A dare ulteriore enfasi, infatti, è la vita vissuta all’interno della stessa

A dare ulteriore enfasi, infatti, è la vita vissuta all’interno della stessa. Ci sono fazioni, non esistono unità di sorta e neppure qualcuno predisposto a sognare, come invece accade ad Artyom nel terzo capitolo del franchise, in quell’esodo che lo conduce a bordo dell’Aurora e lontano da Mosca. Un treno passeggeri che trasporta un manipolo di persone inconsapevoli della realtà: c’è ancora vita, là fuori; esiste ancora un mondo che respira, ma non è tanto diverso da quello che si è conosciuto nella capitale russa. È analogo, è brutale, è stagnante ed è desolante. È il sangue dappertutto, è la vita spezzata di una bambina che spera un futuro migliore e, nel frattempo, è il dramma di due amanti alla ricerca di un loro futuro, mentre gli uomini non si rendono conto cosa hanno perso realmente, nel corso della loro truculenta storia, non imparando alcunché di realmente significativo, ma di trucidarsi a vicenda, con l’obiettivo di avere più danaro, oro e ricchezze di vario genere per darsi un tono, nonché una possibilità futura per dimostrarsi rilevanti rispetto agli altri, con un potere maggiore.

All’interno della metro, come nel mondo al di fuori di quest’ultima, esiste ancora la legge del più forte, senza alcuna regola che determini la pace e neppure cosa spetti di diritto a qualcuno. Intanto che le fazioni si fanno la guerra a vicenda, mancando accordi e disgregandosi completamente, alla povera gente resta solo la possibilità di vedere un’altra luce, l’ennesima per non scomparire nel nulla per sostentarsi, dandosi forza. Se però la povertà ha insegnato qualcosa al mondo, è che nella disperazione, a seguito di una bomba atomica che ha devastato il mondo intero, a restare intatto è il calore di un abbraccio. Ma anche nella sofferenza, però, c’è la crudeltà: ce lo dice una madre nel film “Il Pianista”, che ha premuto la mano sulla bocca del figlioletto perché nessuno sentisse il suo pianto durante una retata nazista.

ESPLORARE LA METRO E IL MONDO ESTERNO

Metro espande il concetto di coinvolgimento e dà spessore a ogni istante attraverso momenti di tensione e realismo. È un messaggio chiaro, forte e potente, a dimostrazione che per creare un ottimo game design, oltre a dare forza e potenza a un messaggio finale, serve che si discenda ulteriormente nell’inverno nucleare, a stretto contatto con le creature e le brutalità di un mondo che cambia e si disgrega, pronto a dimostrare al mondo la brutalità in ogni sua parte. All’interno dell’opera, infatti, s’indossa una maschera per proteggersi dal freddo, muovendosi in una crudeltà che si esprime in modo sanguinario, con pugnali, denti e ferro, con le armi che eseguono perfettamente il loro alto compito.

metro 2033

Un fucile a pompa, un Kalashnikov al fianco, dei proiettili e delle bottiglie con liquore infiammabile; un orologio per misurare le radiazioni e un numero incalcolabile di oggetti contundenti sempre utili allo scopo. Insegnare alle bestie il loro posto, d’altronde, è il primo obiettivo di uno Spartan. Il franchise, nel corso del tempo, ha inoltre espanso il proprio raggio d’azione. Uccidere o essere uccisi: è questa la legge del più forte. Le opere, cambiando prospettiva, dimostrano che il mondo al di fuori della metro non è tanto diverso da quello vissuto in quest’ultima, con il sangue grondante che cola copioso dalle fessure, dalle pareti e dal soffitto.

Un gameplay brillante e appagante, fatto di scelte di ogni tipo

Manca il respiro e si cambia filtro, mirando a un nemico, a un altro nemico e a un altro nemico ancora. Si finiscono le cartucce, la tensione aumenta, fa freddo, la maschera è bagnata d’acqua e al suo interno è intrisa di sudore. La morte è ovunque, ma la metro, in realtà, non è mai stata dimenticata nell’esodo di Artyom nella sua ricerca di una vita migliore. È la perenne protagonista di questa sofferenza, ormai onnipresente. Non esiste più pace, per chi ha vissuto nel buio.

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