7 marzo 2017, il giorno dell’ennesimo colpo firmato Nintendo.
8 anni fa, ben più di una normale generazione di console. Quel giorno iniziò la scommessa di Nintendo dopo il tonfo sordo di Wii U e quell’aria da “ultima spiaggia” per rimanere tra i leader del mercato, probabilmente più alimentata da pubblico e stampa che reale, rimanendo tuttavia un’ingombrante nuvola sull’allora futuro della major di Kyoto. Tra meno di una settimana verrà trasmesso il Direct dedicato a Switch 2, già uno degli eventi videoludici dell’anno, con data di lancio e line-up; sembra passata un secolo, Switch è diventata negli anni una compagna di vita per decine di milioni di giocatori. Una console nata prematura, lanciata in una situazione d’emergenza, quasi un prototipo alimentato da un’idea geniale e da un hardware essenziale, eppure così efficace da aver creato dal nulla un nuovo stile di vita, una nuova quotidianità, per tutti i giocatori del mondo.
La terza rivoluzione portatile
Il contesto attorno a quel 7 marzo 2017 era innanzitutto quello di un mercato videoludico dove la console portatile non era più un oggetto essenziale nella vita di molti appassionati. Dalla prima rivoluzione portatile dell’89, anno di lancio del Game Boy e del videogioco “ovunque, per tutti” (a patto di avere una buona scorta di pile AA), passando per la seconda rivoluzione portatile, multimediale, capace di avvicinarsi all’apparentemente inarrivabile qualità casalinga, di PSP e dell’attacco di Sony al monopolio Nintendo, ma anche della “Touch Generation”, innovativa e trasversale, 0-99, di DS. Multimedialità e touch screen che sarebbero diventati punti di forza dell’avvento epocale di iPhone e degli smartphone tout court che, dal 2007, avrebbero divorato la fetta di mercato dedicata alle console portatili, con software dedicati, modelli di business totalmente diversi e una praticità ineguagliabile.
la console portatile non era più un oggetto essenziale nella vita di molti appassionati
Una nuova realtà che stroncò PS Vita e non permise a 3DS di replicare i numeri clamorosi di DS. Nel mentre il mercato PC faceva registrare numeri record e, dopo l’exploit di Wii e Xbox 360, che divisero il mercato console in una trinità quasi sacra, una Triforza stranamente equilibrata che, infatti, durò giusto una generazione, PlayStation 4 tornò a divorarsi il mercato quasi in una replica dell’era PS2, con Nintendo che pagò il prezzo più salato. Wii U vendette 13 milioni di unità in 5 anni, numeri che all’epoca ricordarono in maniera inquietante Dreamcast e la last dance di SEGA sul mercato hardware. In quel contesto, quando nel 2014 ormai si sapeva che la situazione di Wii U era ormai irrecuperabile, Satoru Iwata, allora presidente di Nintendo, aveva cominciato a rilasciare dichiarazioni (tradizionalmente molto sobrie e assolutamente stringate) sul prossimo progetto dell’azienda, scatenando un vortice di rumor e speculazioni quasi spasmodico, quotidiano, con brevetti che facevano capolino e sedicenti insider esaltati a nuovi Messia dell’hype, alimentando una sorta di leggenda metropolitana su “NX”, nome in codice di Switch durante lo sviluppo.
Anni convulsi, mentre sull’ammiraglia continuavano ad arrivare giochi di ottimo livello, azzoppati però da un marketing che, fin dal lancio, non aveva la spinta dei competitor e nemmeno la forza comunicativa dell’epoca Wii, mentre il gioco che tutti aspettavano davvero, The Legend of Zelda: Breath of the Wild, continuava ad essere rimandato, di anno in anno, dopo la prima, essenziale e pur immaginifica presentazione di Eiji Aonuma all’E3 2014, latitando poi per i successivi 2 anni, quando all’edizione 2016 della fiera losangelina, venne finalmente mostrato il gameplay, in seguito alla conferma della natura cross-gen dell’opera. Una mossa che, col senno di poi, si rivelò l’ariete che permise a Switch di sfondare le porte del mercato videoludico quando, il 13 gennaio 2017, passato il caos delle festività natalizie, la console di rivelò al mondo. Fu il primo giorno della terza rivoluzione portatile.
L’anno da sogno di Switch
Quel trailer, di per sé, non era un capolavoro di regia né particolarmente innovativo a livello comunicativo, eppure riusciva, in poco più di 3 minuti e con quel “clack” iconico dei Joy-Con, a raccontare, con chiarezza cristallina, quali fossero le potenzialità di Switch nel migliorare lo stile di vita dei suoi futuri acquirenti. Una console che non sfigurava in salotto nonostante non potesse mai raggiungere le vette tecniche della concorrenza (men che meno del gaming PC, ovviamente), la più potente portatile sul mercato, che permetteva di giocare titoli prettamente casalinghi ovunque (la scelta di dare ampio spazio a Skyrim, in quel reveal, batteva proprio su quel tasto, nonostante molti l’avessero trovata una presenza bizzarra), una ibrida modulare che permetteva la co-op locale by design, semplicemente scollegando i Joy-Con dal corpo della macchina (per carità, non il modo più comodo e ergonomico di giocare con gli amici, ma comunque una cosa che non faceva nessun altro). Switch è stata la prima console che potesse accompagnare il giocatore in ogni attimo di relax della sua giornata. Una macchina da serata, da pausa pranzo, da vacanza, da viaggio, da bagno, da compagnia: all-terrain, come una 4X4, perché la vita è accidentata, piena di impegni, e non sempre asfaltata, ma il desiderio di tornare alla bellezza e spensieratezza del gioco è una costante, anche nel marasma degli sbattimenti quotidiani. Sistema operativo ridotto all’osso, pronta all’uso in pochi secondi, BAM, trasportati in un altro mondo in tempo record.
creare un hardware che si adattasse alla vita dei giocatori, che li accompagnasse, non viceversa
È proprio qui che Nintendo ha stravinto la sua scommessa, quando ha deciso di creare un hardware che si adattasse alla vita dei giocatori, che li accompagnasse, non viceversa, come succede con le console e PC “tradizionali”, monolitici nell’aspetto e nell’utilizzo. Chiaramente il compromesso tecnico di questa libertà è stato chiaro fin da subito, alla faccia di rumor irrealistici che promettevano miracoli irrealizzabili. Eppure, nell’affrancarsi dalla competizione sui TeraFlops che vedeva, quello stesso anno, Guerrilla spremere l’hardware di PlayStation 4 con lo spettacolare Horizon Zero Dawn, Nintendo riuscì a fare di necessità virtù, (ri)costruendosi un’estetica e un’identità di gameplay estremamente riconoscibile, di cui Breath of the Wild fu portabandiera. Quello che distinse la killer application di Switch per eccellenza fu l’interpretazione innovativa dell’open world, la riscoperta di una libertà non solo intesa come movimento nello spazio ma soprattutto di approccio, con un senso d’avventura ben poco scriptato, più vissuto e improvvisato che guidato passo-passo, dando obiettivi di massima e lasciando i giocatori scoprire meccaniche e possibilità. In questo senso hardware e software si incontrano e si somigliano, proponendo due nuove interpretazioni di oggetti e gameplay conosciuti: c’erano già state console portatili avanzate, ma mai così, c’erano già stati grandi open world, ma non così, e il loro incontro fu esplosivo.
Il gioco della serie più venduto prima del 2017 fu Twilight Princess, uscito cross-platform su Gamecube e Wii, con più di 8 milioni di unità; Breath of the Wild ha raggiunto i 32 milioni, un numero enorme che fa capire l’altresì enorme impatto che ha avuto sul pubblico, anche quello che magari non aveva mai incontrato la serie prima d’allora. Ma ridurre quel 2017 a Zelda è forse ingiusto, con una line-up che, nel corso dell’anno, avrebbe visto arrivare la versione Deluxe di Mario Kart 8 (64 milioni a fine ciclo, pazzesco), Splatoon 2 che espanse il geniale esperimento del 2015 su Wii U, Xenoblade Chronicles 2, Mario + Rabbids Kingdom Battle che mostrò al mondo le capacità di Ubisoft Milan, l’adorabile picchiaduro ARMS e poi lui, The King. Super Mario e la sua Odyssey tra mondi folli e nuove meccaniche in un delirio di piattaforme tridimensionali e momenti totalmente surreali, avvolti da un gameplay gommoso dal sapore dolcissimo. Una doppietta così, ad aprire e chiudere il primo anno di vita (coronato con 10 milioni di console vendute, raggiungendo quasi Wii U in 9 mesi), con Zelda e Mario al loro meglio, non si era mai vista.
Nintendo All Stars
E negli anni successivi, con numeri in costante crescita e il pubblico soddisfatto, Nintendo ha sempre preferito parlare di quello che le riesce meglio, fare bei giochi, rimandando il più possibile l’arrivo di un successore della console. Io sono abbastanza certo che il grande pubblico non senta granché, nemmeno ora, il bisogno di cambiare. Quella è una necessità che abbiamo “noi”, gli appassionati, lo zoccolo duro, sempre assetato di novità, e non nascondo che, in assenza di un eventuale “effetto Breath of the Wild”, credo che la partenza di Switch 2 possa essere più lenta del previsto. In 8 anni Switch ha accumulato una line-up di esclusive che regge tranquillamente il confronto con quelle di SNES, Game Boy Advance e Nintendo 64, se non andando oltre e dando spazio a quasi tutte le serie del suo repertorio, osando magari meno sulle nuove IP, comunque presenti e di qualità. Al netto del brutto pasticcio di Metroid Prime 4, annunciato prematuramente per poi essere rimandato a data da destinarsi affidandolo, nuovamente, a Retro Studios (e vedendo ora la luce in fondo al tunnel), Switch può vantare una varietà di produzioni top e di accompagnamento veramente invidiabile.
oggi siamo passati dal capezzale delle console portatili, moribonde, a Valve che decide di lanciare la sua
Ci sono state varie scelte vincenti durante questi anni, per esempio tenere in vita Mario Kart 8 Deluxe come fosse una piattaforma in continua evoluzione, arrivando a superare i 90 tracciati disponibili attraverso i DLC, oppure dare la possibilità ai second party di avere più libertà e responsabilità, con un Luigi’s Mansion 3 di Next Level Games maiuscolo, un Metroid Dread di MercurySteam pirotecnico (e con l’arduo compito di placare la community dopo il pasticcio di cui sopra sulla serie principale), la fiducia rinnovata a PlatinumGames nonostante le vendite non esaltanti di Bayonetta 2, prima con l’ottimo action-cyberpunk Astral Chain e poi col terzo capitolo della saga di Cereza, nonché il piccolo spin-off dedicato, Monolith Soft che ormai viaggia in tutta tranquillità con la saga Xenoblade, con 4 capitoli usciti, 2 originali e 2 remastered, dando al contempo una grossa mano nello sviluppo dei due Zelda. Il lancio di Animal Crossing: New Horizon nei giorni più tremendi e incerti della pandemia, diventando il rifugio quotidiano, sereno e balsamico di milioni di persone (46 dal 2020 a oggi, stando gli ultimi dati diffusi da Nintendo). Ci sono stati davvero tanti momenti da ricordare in questi anni, con una gestione Kimishima-Furukawa forse meno idealista e romantica di quella di Satoru Iwata, indimenticato, ma solida e pragmatica. Se devo fare un appunto è proprio quello che, lato software, c’è stata tanta quantità e una qualità media alta, al prezzo di un’innovazione circoscritta a pochi titoli, rispetto alla Nintendo un po’ matta che avevamo idealizzato nel corso delle generazioni passate. Anche qui però c’è stata una certa lungimiranza a lasciare campo libero ed eventi dedicati al mondo indie (come hanno fatto anche le altre major, d’altronde), che ha riempito alla grandissima l’eshop di contenuti geniali, con alcune collaborazioni clamorose come quella con Brace Yourself Games per Cadence of Hyrule. A volte si sottovaluta l’importanza delle terze parti, che storicamente latitano sempre un po’ dalle parti di Kyoto, ma l’arrivo, tra gli altri, di Doom, Wolfenstein, The Witcher 3, Nier Automata, Persona 5 Royal, per non parlare di Minecraft e Fortnite, hanno dato una solidità straordinaria all’offerta dell’ibrida. Una grande intuizione, ora seguita anche da altre major, è stata anche quella di non dover per forza lanciare ogni volta la “next big thing” del caso, con progetti più piccoli ben amalgamati alle uscite più attese e importanti, dando la giusta rilevanza a titoli come The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom, Kirby e la Terra Perduta, o l’insperato ritorno di Mario & Luigi: Fraternauti alla Carica, distribuendo con saggezza il budget e riempiendo il calendario delle uscite, mostrando la via ad un mercato che non può più permettersi solo rischiosi progetti AAA.
Se oggi siamo passati dal capezzale delle console portatili, moribonde, a Valve che decide di lanciare la sua con successo e altre grandi aziende tecnologiche che la seguono a ruota con la propria interpretazione di Steam Deck, con Sony che lancia Portal e si vocifera possa esserci altro dietro, vuol dire che Switch è riuscita a sentire un bisogno e a soddisfarlo. Switch ha già superato la prova del tempo, è stata una console che ha lasciato un segno profondissimo sul mercato, influenzandolo e cambiandolo. E qua, per concludere, volevo smettere i panni da editor per indossare quelli più comodi di giocatore. Per me Switch è stata la salvezza di questa meravigliosa passione in un periodo di cambiamenti personali, quelli che in tantissimi affrontano e che spesso si portano dietro tagli dolorosi ai propri interessi.
Per me Switch è stata la salvezza di questa meravigliosa passione in un periodo di cambiamenti personali
Quanti hanno smesso di giocare per il poco tempo libero a disposizione? Ma soprattutto, quanti hanno ricominciato grazie a Switch? Per me è stata ed è tutt’ora una compagna di vita, è parte di me, un piccolo contenitore di mondi sempre a disposizione. Ho fatto fuori un sacco di Joy-Con sinistri (maledetto drifting, per distacco il difetto di progettazione peggiore della console) ma quanto mi ci sono perso, in quei 6.2”. Sarà bene che Nintendo non si sieda però sugli allori (e ori, inteso proprio come lingotti) dell’ormai passato, perché Switch 2 non potrà avere lo stesso impatto di quello che ha scosso il mercato 8 anni fa, e bisognerà quindi alzare ancora di più il livello dal punto di vista ludico, con una macchina costruita con cura, una struttura online finalmente al passo coi tempi e idee nuove per tenere sempre i giocatori sulla corda. Tra 8 anni tireremo di nuovo le somme?