Death Stranding 2 On the Beach 07

Death Stranding

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Il mondo senza lutto di Death Stranding - Speciale

Non c’è momento migliore di questo per tornare a parlare di Death Stranding, mentre chiediamo altre mani e dita per contare i giorni che ci separano dall’uscita di Death Stranding 2: On The Beach.

ALLA SCOPERTA DI DEATH STRANDING

Ancora una volta, l’ennesima run alla scoperta del world building dell’opera di Hideo Kojima regala importanti spunti di riflessione o analisi. Lungi dal voler mettere un paletta di unicità attorno il gioco, mai come in altri casi la forbice di forte critica e apprezzamento è stata così ampia attorno Death Stranding, da cui accolgo particolari critiche attorno la natura totalmente sperimentale del titolo a pieni polmoni, per rimodulare tale affermazione sotto una lente totalmente positiva, a cui aggiungere il carico pesante dopo l’entusiasmante trailer di Death Stranding 2: On The Beach rilasciato poche settimane fa: Kojima, dall’alto della sua esperienza nel settore, ha ancora voglia – e possibilità – di sperimentare.

Hideo Kojima è una delle pochissime personalità del settore che può permettersi – con estrema voglia e piacere – il lusso di osare e sperimentare senza paura

In una realtà decisamente delicata dove il settore videoludico da circa due anni sta raccogliendo i cocci del terremoto licenziamenti che continua a ripresentarsi con violente scosse, l’esistenza di questo o altri progetti, servono come la più classica delle boccate d’aria fresca.

IL FUTURO È NELLE TUE MANI

 

Non credete a chi vi dice che bisogna attendere l’uscita di GTA6 per veder risollevare il mercato. Non saranno quei sessanta o i chiacchieratessimi cento dollari di prezzo d’acquisto che saneranno ferite profonde da origini lontane, ma nel pieno di una totale disillusione, lasciatemi il tempo e lo spazio di avere ancora qualche ideale, come fossi tornato fresco diciottenne: sono progetti come questi che possono salvare e risollevare il settore.

l’ennesima run a Death Stranding ha mostrato un valore a cui non avevo prestato attenzione in altre situazioni

In tal senso, come puntellato in apertura, l’ennesima run a Death Stranding ha mostrato un valore a cui non avevo prestato attenzione in altre situazioni e tutto gira attorno la primissima missione ufficiale di Sam, quella per cui dobbiamo portare il cadavere di nostra madre Bridget all’inceneritore. Respirate un momento, fate passare una manciata di secondi e rileggete l’obiettivo della missione. Portare il cadavere di nostra madre Bridget all’inceneritore. Ho colto l’occasione per riprendere in mano il romanzo ufficiale di Death Stranding, diviso in due libri, e rileggere alcuni passaggi. Come narrazione vuole, tra le pagine dell’adattamento c’è tempo e spazio per approfondire proprio questa particolare evento, come tutta la lore del gioco, ma di una cosa siamo consapevoli in modo superficiale, ovvero con l’impossibilità di avere cadaveri troppo a lungo, per evitare le esplosioni, questi devono essere smaltiti in tempi brevi. In tal senso, Death Stranding è un mondo che non prevede più il lutto o il saluto ai nostri cari.

LE CONNESSIONI

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Le connessioni ci rendono sicuramente più forti come anche rendere più veloci alcune azioni umane che fino a pochi anni fa prevedevano un iter diverso: ieri si inviavano cartoline, oggi una foto inoltrata su WhatsApp ha ucciso le cassettine postali rosse, lasciandole come segno storico per chi verrà dopo di noi. Ripenso ad una sequenza in particolare del trailer di Death Stranding 2: On The Beach, con i server installati nelle spiagge a organizzare, cosa? Il ciclo della vita o della morte? Monitorare il passaggio tra le due realtà?

a cosa servono quei server installati nelle spiagge visti nel trailer di Death Stranding 2 On the Beach?

Ancora una volta, il processo umano del lutto, del passaggio dal mondo terreno a quello dell’aldilà è gestito in modo da ottimizzare la sopravvivenza, a scapito delle emozioni. Death Stranding è un gioco sul lutto, per quanto possiamo poi memarlo come gioco di consegne, ma le connessioni attorno i personaggi, tra l’attuale e i flashback, il richiamo costante ad un tipo di emozione di solito rara nel settore e sapendo anche i trascorsi personali di Hideo Kojima, la prematura scomparsa di suo padre, il non averlo salutato a dovere. Una ferita che rimane lì, raccontata con un videogioco e che, in qualche modo, parla e a noi, con il nostro stesso linguaggio. Come Sam e tutti gli altri protagonisti di Death Stranding non possono elaborare il lutto o salutare la madre, la stesso dolore ha accolto Kojima per decadi. Ridurre tutto ciò a un simulatore di consegne è decisamente troppo poco.

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