StarCraft Remastered - Recensione

PC

Lo sapevo che sarebbe stata proprio un’edizione remastered di qualche titolo a mettermi in crisi, solo non mi aspettavo di ritrovarmi a sbattere la testa contro il muro proprio per “colpa” di quel mostro sacro chiamato StarCraft. Una piccola precisazione prima di cominciare: nelle prossime righe non troverete nulla, o quasi, che riguardi in senso stretto la storica opera Blizzard che si appresta a spegnere la sua ventesima candelina; mi sembra decisamente folle spiegare al giorno d’oggi le meccaniche basilari di StarCraft, il perfetto bilanciamento tra tre razze giocabili completamente diverse tra loro e il modo in cui sia diventato uno dei titoli più giocati al mondo, tanto da essere tutt’ora estremamente seguito nell’universo del “gaming competitivo” orientale. Preferisco dedicare questa pagina virtuale all’edizione rimasterizzata vera e propria che ha conquistato i nostri schermi pochi giorni or sono.

DEVI COSTRUIRE ALTRI PILONI

In apertura accennavo al fatto che StarCraft Remastered sia riuscito a mettermi in crisi. Ebbene, il motivo è tanto semplice quanto assurdo: Blizzard è riuscita a fare un lavoro talmente certosino nel “ricostruire” il proprio RTS futuristico partendo praticamente da zero (il codice sorgente originale dell’opera non era difatti disponibile), che ci troviamo in tutto e per tutto davanti allo stesso titolo che abbiamo conosciuto, amato ed odiato ormai vent’anni or sono. Sì, la grafica è incredibilmente migliorata, è possibile giocare in schermi 16:9 con risoluzione 4K, le tracce audio sono molto più “pulite” e troviamo addirittura un completo ridoppiaggio dei personaggi, a cura delle stessi voci che hanno caratterizzato le nostre avventure in StarCraft II (e, con tutto il bene che posso volergli, abilitare l’audio originale del ’98 e sentire nuovamente Raynor con la voce di Giorgio Melazzi è un piccolo trauma), eppure StarCraft è proprio lui, nel bene e nel male.

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ci troviamo in tutto e per tutto davanti allo stesso titolo che abbiamo conosciuto, amato ed odiato ormai vent’anni or sono

E quando dico “nel male” non è un solo modo di dire: tutto, comprese le fortissime limitazioni tecniche del 1998, sono parte integrante di quest’edizione rimasterizzata. Dopo aver giocato, e anche parecchio, a Legacy of the Void, ammetto di aver sofferto (e nemmeno poco) a non poter inviare automaticamente i lavoratori a raccogliere minerali una volta creati, a non poter selezionare più di dodici unità per volta e – forse la caratteristica che meno riesco a digerire – a vedere le mie unità impazzire a ogni rampa per una gestione a dir poco anacronistica del pathfinding. Eppure un titolo senza queste “caratteristiche” non sarebbe stato StarCraft, e noi, giustamente, stiamo parlando di StarCraft Remastered.

IL DRAMMA DEL VESPENE

Qua la mia difficoltà non sta nell’ammettere che Blizzard, come al solito, abbia lavorato in maniera a dir poco egregia, ma sta nel capire in che modo, in pieno 2017, un’edizione “svecchiata” dello storico RTS della software house americana possa in qualche modo trovare il proprio spazio. Ho pensato più volte che se avessero creato un DLC che ci avesse permesso di rigiocare la storia del primo StarCraft con l’engine del secondo capitolo, beh… avrei letteralmente lanciato i soldi contro lo schermo. Eppure non sarebbe stata la stessa cosa: sarebbe stato StarCraft II con gli eventi del primo, e non StarCraft, per l’appunto, Remastered. E perdonatemi le ripetizioni.

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Solo chi mastica pane e StarCraft da anni è in grado di sopravvivere alla crudeltà delle partite online

Allora ho pensato ai nostalgici, come me, che vogliono fare un tuffo nel passato, o a coloro che per motivi anagrafici non sono mai riusciti a fuggire dalla colonia di Mar Sara infestata dagli Zerg, e anche qui trovare una risposta è stato difficile: StarCraft, che ora vanta anche il termine “Anthology” nel titolo, è lì a un click di distanza da quest’edizione, addirittura scaricabile e giocabile gratuitamente. E sì, se ve lo chiedete, la grafica è ancora godibile nonostante i pixel grandi come autotreni. Vi dirò addirittura di più: è stato inserito un sistema di matchmaking aperto a tutti, che permette a chiunque di giocare online indipendentemente dalla versione posseduta. Se acquistate o meno la versione rimasterizzata dell’opera avrete comunque accesso alle stesse identiche partite. E scusate se è poco.

EN TARO ADUN

Perché quindi acquistare StarCraft Remastered? Oltre al fatto che costa quindici euro, che è un prezzo più che onesto, e oltre a poter godere delle migliorie grafiche dell’opera, i giocatori più accaniti avranno accesso anche alle partite classificate, per tentare di scalare la classifica di quello che è, a conti fatti, uno dei titoli più brutali dell’universo degli esport. Solo chi mastica pane e StarCraft da anni è difatti in grado di sopravvivere alla crudeltà delle partite online, in cui il giocatore occasionale verrà schiacciato in pochi attimi da quello più esperto.

la versione rimasterizzata di StarCraft non è pensata per me, e probabilmente nemmeno per gran parte di voi

I motivi della mia crisi vengono quindi al pettine: la versione rimasterizzata di StarCraft non è pensata per me, e probabilmente nemmeno per gran parte di voi. Non ci deve stupire se Blizzard ha pensato alla mostruosa (sia in senso numerico che di bravura) utenza orientale quando ha deciso di svecchiare la sua storica opera, e noi “giocatori della domenica” più che applaudire innanzi al nuovo aspetto dei personaggi, alla possibilità di personalizzare gli hotkey e alla presenza di un’ottima lobby per il multiplayer, non possiamo fare molto altro. StarCraft è un titolo che, anche solo per interesse storico, andrebbe giocato e goduto fino in fondo, nonostante i suoi “difetti” legati all’età. Ebbene, potete farlo tranquillamente senza spendere un euro. Se poi volete rifarvi gli occhi con le alte risoluzioni, non volete sentire Giorgio Melazzi che doppia Raynor (ciao Giorgio, ti voglio bene) e volete tentare la scalata al successo a suon di partite classificate, la spesa di quindici euro è un piccolo obolo da pagare per avere tra le mani qualcosa di “nuovo”. Questo, però, potete saperlo soltanto voi. Di conseguenza il voto che trovate qui sotto è una perfetta via di mezzo: se, come me, masticate a fatica le partite online e vi basta rinfrescarvi la memoria, togliete tranquillamente un punto all’opera e giocatevi StarCraft Anthology, che è gratis; se invece avete tatuato il simbolo degli Zerg (o di qualsiasi altra fazione) sul petto, aggiungente un punto e gettatevi nella mischia. Ah, e di certo non posso terminare questa recensione senza scrivere “La mia vita per Aiur”.

StarCraft Remastered è un’opera a dir poco strana: è la perfetta versione rimasterizzata di un titolo ormai anacronistico ma che conserva ancora una community a dir poco enorme, soprattutto nel lontano Oriente. La scelta di lasciare immutati i tanti limiti, come la selezione di poche unità per volta, l’impossibilità di inviare in automatico lavoratori a raccogliere cristalli e un pathfinding orribile, è stata necessaria per non andare a intaccare un equilibrio che resiste da quasi vent’anni: per quanto io abbia sofferto nel rigiocare l’avventura, altre migliaia di giocatori hanno esultato di fronte a tali caratteristiche. Cercate di capire di quale fazione fate parte, e in automatico avrete la risposta alla fatidica domanda che io stesso mi pongo da giorni: StarCraft Remastered è il titolo giusto per me?

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Pro

  • È StarCraft in tutto e per tutto.
  • Ottimo lavoro di svecchiamento grafico e sonoro.
  • Fantastico il ridoppiaggio italiano.
  • Fare una partita online ora è semplice e veloce.

Contro

  • È StarCraft in tutto e per tutto.
  • I video sentono il peso dell'età.
  • Si rischia di essere brutalmente schiacciati, giocando online.
  • C'è StarCraft Anthology gratis, a un tiro di schioppo.
8

Più che buono

Si ostina pervicacemente a usare un portatile che non vorrebbero più nemmeno al Museo della Scienza e della Tecnica, oltre a vestirsi come Padre Maronno. Abita con un pappagallo che ha chiamato Chocobo, ma non crediamo abbia mai provato a cavalcarlo per davvero (o almeno c’è da sperarlo).

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