Toxicity a tutto volume, una scarica di adrenalina dritta nei timpani, il doping giusto per l’occasione. Il pad nelle mani, in me la consapevolezza che The First Berseker: Khazan è come la canzone dei System of a Down: violento ed esaltante, oscuro ed eccitante. E un po’ tossico.
Sviluppatore / Publisher: Neople / Nexon Prezzo: € 59,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PC (Steam), PlayStation 5, Xbox Series X|S Data di lancio: Già disponibile
L’action GDR sudcoreano s’era rivelato promettente fin dal primo annuncio. Sembrava un mix di carisma e influenze sparse fra Dark Souls vari, Nioh e Sekiro. Il setting e il cel shading avevano fatto il resto, calamitando l’attenzione di fanatici dei soulslike, curiosi e habitué di Dungeon and Fighter (aka Dungeon Fighter Online o DNF), lo stesso universo narrativo di Neople/Nexon in cui The First Berseker: Khazan è ambientato.
Dalle promesse di grandezza al successo il passo è stato breve. The First Berseker: Khazan ha convinto sia la critica sia il grande pubblico: nel momento in cui vergo questa recensione – un soleggiato sabato mattina di aprile – Steam segna 15.000 giocatori online, una cifra che lo mantiene nella Top 100 dei titoli più giocati a distanza di tempo dal day one e alla faccia della sua natura single player.
BORN TO RAGE
Sicuramente ciascuno di quei quindicimila giocatori sta sudando ben più delle proverbiali sette camicie, per tacere dei santi evocati e delle divinità apostrofate. Anche io mi sono trovato nella stessa situazione, perciò ne sono certo. Anche io sono stato sbattuto all’angolo brutalmente da The First Berseker: Khazan, preso a pugni da una difficoltà diabolica. Anche io sono caduto ripetutamente per colpa della sua sadica attitudine a punire ogni errore, ancora e ancora, come se fosse un match in cui hai solo due opzioni: essere implacabile sempre oppure gettare la spugna. Devi ambire alla perfezione in ogni momento se intendi accompagnare Khazan fino alla fine del suo viaggio, ma prima di incamminarci facciamo un passo indietro.
Torniamo all’89° anno dell’Impero di Pell Los, al giorno in cui il generale supremo Khazan, l’eroe, viene gettato via come un’arma spezzata da un Impero troppo marcio e invidioso per ricordare i propri salvatori. Accusato di tradimento da chi non sopportava la luce che emanava, Khazan viene torturato e lasciato morire lentamente, con i tendini delle braccia recisi, giusto per aggiungere un tocco di macabra classe all’esilio sui monti innevati.
Accusato di tradimento da chi non sopportava la luce che emanava, Khazan viene torturato e lasciato morire lentamente
INFERNO, CASA DOLCE CASA
L’oscurità del canovaccio si riflette coerentemente sullo stile artistico del gioco. Gli scenari sono ineluttabilmente dark, con una palette cromatica che ne risalta il lato minaccioso. Il lavoro svolto è di pregevole fattura sebbene qualche scorcio alternativo non avrebbe nuociuto, aumentando l’impatto emotivo dei luoghi più opprimenti, praticamente tutti quelli che costellano una campagna dotata di più finali (40+ ore la durata, poi NG+). Che siano valli innevate, caverne infestate dai ragni o templi in rovina, ogni location è ricca di anfratti minacciosi, insidie e trappole letali. Naturalmente non mancano mai i nemici da affettare senza tanti complimenti tra demoni, bestie, non morti, abomini d’ogni tipo/stazza oltre a uomini d’armi, signori della morte ed esseri ultraterreni.
L’esplorazione non è open world, niente Elden Ring in questo senso. Le mappe sono dedali più o meno articolati, aree tentacolari ma non troppo dotate di un level design che le rende intuitive da attraversare fino allo scontro con il boss di turno. Come ogni soulslike che si rispetti, la morte è parte integrante del gameplay. In caso di dipartita i nemici uccisi tornano in vita, si perde quanto accumulato e si resuscita all’ultimo Crocevia delle Lame visitato, obbligando a recuperare il bottino smarrito pena la sua definitiva scomparsa in caso di seconda disfatta.
Come ogni soulslike che si rispetti, la morte è parte integrante del gameplay
IL BELLO DI THE FIRST BERSERKER: KHAZAN
Superato il prologo si accede alla Faglia, una zona a cavallo fra la dimensione reale e quella infernale che funge da hub principale. Qui è possibile interagire con vari PNG per sfruttarne le capacità – come riciclare equipaggiamento per ottenere Stille – e, soprattutto, avviare le missioni principali/secondarie; le prime permettono di addentrarsi nei meandri del racconto, senza infamia e senza lode, che si snoda lungo 16 tappe. Le seconde che, invece, prevedono delle varianti di quanto già affrontato in precedenza cambiando un po’ le carte in tavola. Le side quest sono rilevanti sia nella progressione sia nel computo dei contenuti giacché permettono di recuperare oggetti, materiali per il crafting, NPC e molto altro, tipo quel che serve per accedere al vero finale. Purtroppo il loro problema è che, essendo abbastanza scialbe in termini di design ma comunque importanti per via delle ricompense, alla lunga pesano sul giocatore oltre a dare l’impressione di annacquare senza motivo l’esperienza.
The First Berserker: Khazan nasconde il suo asso nella manica dove più conta se sei un action GDR soulslike: nel gameplay e nel combat system. Le regole auree del genere trovano posto comodamente nella produzione di Neople, non sorprende apprendere che le Stille servono per aumentare i valori del biondo vendicatore, che l’Energia degli Inferi si usa per ripristinarne i Punti Vita o che il suo stile di combattimento cambia radicalmente a seconda dell’arma equipaggiata.
The First Berserker: Khazan nasconde il suo asso nella manica dove più conta: nel gameplay e nel combat system
Se si esagera coi movimenti, gli attacchi, le parate e le schivate, la barra della stamina vuota può consentire a un nemico di stordirci, lasciandoci indifesi e quindi facilmente massacrabili. Prendere sottogamba i nemici comuni o i mini boss può essere fatale, i malus sono fastidiosi, ma i veri traumi si subiscono contro i boss. Sotto questo preciso aspetto, The First Berseker: Khazan fa del suo meglio per offrirci alcuni degli scontri più ardui degli ultimi anni: ogni boss è un brutale skill test in cui si viene messi a durissima prova, spesso si viene annichiliti anche se si presta attenzione. Quando parlavo di perfezione non esageravo perché tra schivate, parry, attacchi, contrattacchi, colpi devastanti al momento giusto, fasi e gestione delle risorse, non c’è modo di aggirare l’ostacolo.
la barra della stamina vuota può consentire a un nemico di stordirci, lasciandoci indifesi e quindi facilmente massacrabili
PRIMA TI ODIO POI TI AMO, KHAZAN
In The First Berseker: Khazan la campagna è estenuante, si arriva ai titoli di coda e sembra siano trascorsi mesi, non ore. Ci sono scontri che appaiono volutamente sbilanciati e non puoi farci niente se non imprecare, inoltre alcuni boss sembrano quasi “fuori posto” e altri hanno una quantità semplicemente imbarazzante di HP. Certi ti vincono per sfinimento perché mentalmente è logorante mantenere la concentrazione su livelli così alti a lungo, e perché un passo falso è rimediabile, due no. Capisci subito che se vuoi avere una chance di successo devi essere perfetto dall’inizio alla fine del viaggio di Khazan. Corpo, mente e spirito perennemente affilati come lame appena forgiate, sempre pronte a saettare, brandite con mortale eleganza da lui, guerriero inarrestabile, e te, magnifico gamer. Ma che sofferenza.
La formula nel complesso non è particolarmente innovativa, in fondo The First Berserker: Khazan non reinventa la ruota degli action game con velleità soulslike, tuttavia il combat system è talmente curato da permettergli di distinguersi in un panorama assai affollato. Prendendo in prestito altrove idee e feature, aggiungendogli del suo nei punti giusti con ammirevole maestria, l’amalgama ludico sudcoreano dimostra d’avere una personalità invidiabile che difficilmente lascerà indifferenti gli appassionati di esperienze hardcore.
Ferocemente capace di instillare prima odio e poi amore nel giocatore più determinato a domarlo, The First Berseker: Khazan è un must have per ogni appassionato di action game
In Breve: Una bomba di soulslike, con le dovute differenze e le proprie peculiarità. The First Berserker: Khazan ti concede giusto la selezione della difficoltà, poi abusa di te dall’inizio alla fine col sorriso sadico di chi sa che più è duro, più ti ha in pugno. Ti spinge alla perfezione, ti obbliga a farla tua e a dare il meglio di te a costo di farti esaurire le bestemmie e diventare la tua ossessione. Ci riesce con un gameplay tarato al punto giusto e un combat system tecnico e profondo che farà la gioia dei giocatori più esigenti, per non parlare di alcune tra le boss fight più bas*arde di sempre. La difficoltà e il bilanciamento di alcuni boss sono perfettibili parimenti alle missioni secondarie, ma nonostante ciò si tratta comunque di un action game dalle fondamenta estremamente solide nonché una delle sorprese dell’anno.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 7 7800X3D, Radeon 7800XT Nitro+, 32 GB RAM DDR5, SSD
Com’è, Come Gira: Unreal Engine 4 e delizioso cel shading, una combinazione che assicura un frame rate elevato a fronte di richieste hardware tutto sommato abbordabili. Ben dettagliati i modelli dei personaggi, dai tratti marcati, e le location cocciutamente lugubri. Se garba lo stile dark Pell Loss è il paese dei balocchi, ma anche il comparto audio svolge bene il suo dovere. Con il PC di prova in 1440p ho giocato a 120-140 fps (nativo) e 160-180 fps (con FSR 2 attivo), mentre in 2160p ho mantenuto i 60 fps fissi con e senza aiutino. Ho notato qualche saltuario calo di fluidità, ma niente di tragico o che mi abbia impedito di godermi il combat system viscerale.