The Wardrobe è un’avventura capace di dare un senso letterale all’espressione “avere uno scheletro nell’armadio”. Tutto cominciò in un soleggiato pomeriggio primaverile, quando i giovani Ronald e Skinny si recarono su un prato a consumare un lauto picnic a base di frutta. I due erano tanto amici, e si stavano godendo la fantastica brezzolina e il senso di libertà trasmessi dalla natura incontaminata del bosco quando, improvvisamente, accadde la tragedia: Ronald tirò fuori dal cestino una succulenta e gustosissima prugna, la porse all’amico Skinny ed egli la inghiottì, completamente ignaro dell’allergia letale di cui soffriva. Lo shock anafilattico arrivò puntuale come un esattore delle tasse, e la morte lo avvolse fra le sue spire in pochi istanti, provocando la codarda e inorridita fuga del compare, che non confessò mai il misfatto ad alcuno.
Ora, di fronte a una simile eventualità, cosa vi aspettereste? La scoperta del cadavere da parte di un gruppo di scout con le conseguenti indagini di tutte le squadre di CSI e Criminal Intent messe insieme? Una bella condanna per l’improvvido Ronald? Chiaramente sì, ma non questa volta: dopotutto, siamo pur sempre nella trama di un’avventura grafica ultrademenziale e, pertanto, ciò che accadrà in seguito sarà sufficiente ad alimentare, eternamente, il motore a improbabilità della Guida Galattica per Autostoppisti. Ronald andrà avanti a vivere la sua esistenza consumato dai rimorsi, senza accorgersi che – proprio nella sua cameretta, a pochi centimetri dal letto – c’è uno strano armadio a forma di bara in cui dimora, vegliando su di lui con la massima discrezione, lo zombi del suo migliore amico.
PUÒ UN CRANIO ESSERE ESPRESSIVO?
Skinny, o ciò che ne resta, è il vero protagonista del gioco. Ormai è solo uno scheletro che indossa la stessa felpa che aveva il giorno del trapasso, ma grazie alle sapienti mani dei disegnatori (e a una ingente quantità di nonsense) riesce comunque a inarcare le orbite e ad avere un aspetto tutt’altro che spaventoso. Per anni si è domandato come e quando organizzare una rimpatriata con l’amico di sempre ma, chiaramente, non è che uno scheletro – per quanto brillante – possa presentarsi lì e dire: “Sai che c’è, sono tornato dal regno dei morti! Andiamo a farci una birra?”. Nondimeno, alla fine, qualcosa lo costringe a muoversi: nella fattispecie le dure leggi dell’aldilà, che a breve condannerebbero Ronald alla dannazione eterna. L’unico modo a disposizione del ragazzo per scongiurare i supplizi danteschi è confessare il suo misfatto entro tre giorni, e Skinny deve assolutamente convincerlo a farlo. Il problema, purtroppo, è che proprio in quel giorno è previsto il trasloco verso una nuova dimora, e questo darà al piccolo scheletro numerosi grattacap… ehm, enigmi da risolvere.
PIÙ CLASSICO NON SI PUÒ
The Wardrobe è un’avventura grafica punta & clicca fortemente ispirata ai classici della Lucas, in particolare Sam & Max Hit the Road e la saga di Maniac Mansion. Attinge dai grandi capolavori di quel periodo lo spirito ultrademenziale, l’amore per il nonsense e, soprattutto, la natura folle degli enigmi. Questi ultimi non sono difficili, ma per la loro soluzione richiedono buone dosi di “pensiero laterale” e un approccio piuttosto Threepwoodiano alle situazioni, due qualità che – un tempo – andavano molto di moda, ma che oggi possono essere frustranti, abituati come siamo ad avere sempre la pappa pronta.
The Wardrobe attinge dai grandi capolavori lo spirito ultrademenziale, l’amore per il nonsense e gli enigmi folli
NESSUNA BARRIERA
L’avventura è stata sviluppata interamente in Italia e, come prevedibile, ha sia i testi che il doppiaggio disponibili nella nostra lingua (e in Inglese, per tutti gli altri). Sebbene l’intero gioco sia permeato da un pesantissimo humor nero, e talvolta si sfiorino tematiche e gag un po’ spinte, è comunque giocabile da tutti.
Ogni location pullula di oggetti tratti da film, libri, videogiochi
The Wardrobe non ha uno stupefacente motore 3D pronto ad applicare i suoi effetti speciali, né è stato pensato per diventare una serie a episodi, ma io spero che succeda. È per molti, ma non per tutti, a causa dell’assurdità degli enigmi. Inoltre, è un gioco incredibilmente esilarante, con cui ho sghignazzato di gusto come non mi capitava da anni, forse a causa dell’umorismo cinico decisamente nelle mie corde. È vero, esagera spesso e fa anche ricorso a facili stereotipi, ma alla fine diverte, impegna e fa molto, molto ridere. Insomma, compie egregiamente la sua missione anche senza troppe pretese dal punto di vista tecnico. E per me va premiato comunque, a prescindere dal voto.