Qui in redazione siamo ancora indecisi sul valore delle remastered. Da un lato viene data a tutti la possibilità di giocare a titoli old-gen sulle nuove console; dall’altro rubano tempo (e quattrini) ai nuovi prodotti. Ma l’indecisione non riguarda solo questa dicotomia, visto che tra remastered agghiaccianti (Silent Hill HD Collection, anyone?) e nuove iterazioni che ripropongono lo stesso gameplay con skin del tutto simili, decidersi sul (ri)acquistare un titolo di enne anni fa non è sempre impresa facile. A conti fatti, poi, c’è sempre da chiedersi cosa ci sia di così sbagliato a restaurare un prodotto vincente e darlo in pasto ai nuovi clienti che si sono affacciati sul mercato. Certo è che “rimasterizzare” non è una pratica alla portata di tutti, visto che mettere mano sui codici della passata generazione non è così semplice come sembra, e non esistono kit pronti all’uso in cui basta caricare le tante righe di testo e premere click.
RIMASTERIZZARE, CHE PASSIONE!
Con queste premesse, i texani della BluePoint Games hanno settato un vero e proprio standard di qualità in campo di conversioni e adattamenti, iniziando la loro carriera con la prima God of War Collection, considerata la madre di tutte le remastered. Hanno poi lavorato ai vari “porting” di ICO, Shadow of the Colossus, Metal Gear Solid 2 e 3 su PS3, Titanfall su Xbox 360 e Flower su PS4. Un curriculum d’eccezione, non c’è che dire. E forse è anche per questo che Sony gli ha affidato la conversione di non uno, ma ben tre giochi, ovvero tutta la trilogia di Uncharted; titoli che si contraddistinguono per un’accuratezza grafica all’avanguardia e un design che calza a pennello con quel mostro di PS3, ossia una delle macchine più complicate e infami mai messe in mano agli sviluppatori. La leggenda vuole che anche fra i Naughty Dog non mancarono le defezioni durante lo sviluppo del primo Uncharted, con il team messo a durissima prova dal Cell e dalla sua apparentemente incomprensibile gestione. Fortunatamente per noi, una volta appianate le prime difficoltà, i risultati non si sono fatti attendere, regalandoci uno degli action adventure più iconici non solo della scorsa generazione, ma del medium in generale.
Non è un caso che Il Covo dei Ladri sia a oggi uno dei giochi con più Game of the Year Award della storia

UNCHARTED: ABARTH EDITION
Volendo tirare le somme sul lavoro fatto da BluePoint Games, senza addentrarsi troppo in che cosa sia Uncharted (anche perché o siete vissuti su Marte o sapete tutti a cosa ci stiamo riferendo), si può tranquillamente dire che il team texano non si è limitato al compitino, ma ha deciso di fare un passo in più, andando a ritoccare uno degli aspetti più criticati della serie, ovvero il sistema di puntamento durante i combattimenti. E visto che per molti il migliore in assoluto rimane quello implementato nel secondo capitolo, perché non estenderlo tanto al primo quanto al terzo? Dalla teoria alla pratica, però, non tutto è stato integrato, anche perché avrebbe compromesso gli equilibri del gameplay. Un paio di esempi: non è stato possibile permettere a Nathan di lanciare le granate nella direzione in cui si mira (come invece accade nei due seguiti), e le sequenze corpo a corpo fanno partita a sé in ogni capitolo, ma il tentativo di rendere più omogeneo il sistema di puntamento è comunque lodevole. Ovviamente è stato rivisto anche il sistema di controllo, con i tasti L2 e R2 dedicati a mirare e sparare, con la possibilità di switchare su L1 e R1 nel caso se ne sentisse (senza motivo) la mancanza. In termini di configurazione è anche possibile modificare la sensibilità, invertire i movimenti della telecamera e persino scambiare i comandi degli stick analogici. Le novità introdotte, ovviamente, non si fermano qua e riguardano anche il comparto audio e video. Potremo quindo decidere se attivare o meno il motion blur e se riservarlo ai soli personaggi o a tutta la scena, mentre per quanto riguarda il sound design è stato aggiunto il supporto multicanale fino a 7.1, con la chicca legata alla possibilità di determinare anche l’angolazione delle casse, così da ottenere il miglior risultato possibile.
Non di sole feature, però, vive il videogiocatore, e il voto a fondo pagina non sarebbe giustificabile se non da un lavoro di conversione fatto con grande mestiere. In particolare il lavoro di restyling grafico è molto evidente sul primo capitolo della serie, che in termini tecnici era significativamente inferiore ai due seguiti. Le location sono quindi più dettagliate, è stato aumentato di molto il numero di poligoni, con una vegetazione più fitta ed effetti grafici più convincenti (soprattutto per la resa dell’acqua). Stessa sorte ha riguardato i modelli dei personaggi, aggiornati con la versione proposta nell’ultimo Drake’s Deception, ri-renderizzati a 1080p nativi (quindi senza affidarsi al solito upscaling) e portati a 60 fps.
il lavoro di restyling grafico è molto evidente sul primo capitolo della serie
BluePoint Games ha fatto un lavoro egregio. Si tratta di una remasterd perfetta in ogni sua parte, con migliorie tecniche all’avanguardia e un’attenzione ai dettagli davvero maniacale. L’alta risoluzione e la fluidità dei 60 fps la fanno da padroni, rilanciando la serie dei Naughty Dog che non sfigura con le ultime produzioni pensate nativamente per le console next-gen. A lato della remasterd di The Last of Us, il team texano ha fissato un nuovo standard per questo tipo di mercato, e siamo felici di sapere che sia già al lavoro su Gravity Rush per PS4, in arrivo il prossimo febbraio. La The Nathan Drake Collection è imperdibile tanto dai neofiti quanto dagli affezionati, che potranno rivivere le avventure di Nathan Drake senza dover rispolverare (inutilmente) la vecchia console Sony.