Vane - Recensione

PS4

Mentre concludevo la mia ultima sessione di gioco con Vane, l’ultima fatica dello studio giapponese Friend & Foe, la mia mente mi ha giocato uno dei suoi soliti brutti tiri, portando a galla dall’inconscio uno strano parallelismo: le schermate iniziali dei videogiochi sono l’equivalente delle copertine dei libri. E siamo tutti d’accordo che non si giudica un libro dalla copertina, giusto? Giusto. Anche se, a dirla tutta, un grafico non sarebbe esattamente di questa opinione: dalla copertina di un libro si capiscono un sacco di cose, anche perché tutto ciò che vi appare sopra, dall’immagine al font delle scritte, è frutto di precise scelte editoriali compiute da professionisti. Dunque, per estensione, nessuno si sognerebbe mai di giudicare un gioco dalla sua schermata introduttiva. Anche se. Anche se, per l’appunto, quell’immagine in realtà dice già molto di ciò che verrà a breve.

Torniamo dunque a Vane, lo spunto da cui è nata la riflessione. Dopo la solita carrellata di loghi in bianco su nero, ci ritroviamo di fronte a un’inquadratura parecchio suggestiva. Spicca sulla destra, un arbusto rinsecchito su cui è appollaiato un grosso volatile, scuro, forse un corvo. Davanti all’animale, sul lato opposto dello schermo, si trovano delle pietre nere, lucide, quasi ammassate le une sulle altre. Sono pietre strane, diverse da quelle a cui siamo abituati, e oltre a ciò diverse presentano una sorta di cavità, dei fori sulla superficie attraverso cui si scorge l’incavo della roccia. Una, in particolare, disposta verso il centro dello schermo, spicca sulle altre a causa di un globo luminoso ospitato al suo interno. Non è una scena statica: il globo brilla e il corvo si muove, mentre in sottofondo risuona una musica suggestiva. Quasi a ricordarci che il gioco vero e proprio deve ancora iniziare, un prompt nella parte bassa dello schermo invita a premere il tasto X. Come aprire la copertina: da quel momento in poi, tutte le aspettative generate dall’immaginario a cui siamo stati sottoposti come anticipazione dovranno scontrarsi con la realtà dei fatti.

YOU’RE SO VANE

A questo punto, a chi sviluppa il gioco restano due strade da percorrere: dare al giocatore esattamente ciò che si aspetta, sulla base di ciò che è stato portato a credere poco prima, oppure sorprenderlo cambiando del tutto registro e portandolo dove non si aspetta. Quest’ultima è una strategia che Vane prova spesso nel corso della sua seppur breve durata, senza che tuttavia si dimostri mai vincente, o anche solo particolarmente azzeccata. Nemmeno all’inizio, quando la pressione del tasto X non porta il volatile ad alzarsi in volo, come la scena animata dopo i titoli di testa avrebbe lasciato intendere, ma conduce a uno spiazzante fade to black. Alla ripresa del gioco, il solo dettaglio rimasto dell’ambientazione precedente è il deserto. Ora però siamo in controllo di una donna che stringe in grembo quello che sembra un neonato, colta nel pieno di una tempesta elettrica. Intorno a lei infuriano vento e fulmini mentre pezzi dello scenario vengono strappati precludendo via via le strade percorribili. Per uscire da questo inferno meteorologico bisogna azzeccare il giusto pertugio, ma non è facile. Friend & Foe, gli autori di Vane, si ispirano dichiaratamente ai lavori del Team Ico, da cui alcuni dei loro membri provengono, e ciò si traduce nella quasi totale assenza di indicazioni video, lasciando libero il giocatore di capire quale possa essere al prossima mossa. Scelta interessante e molto spesso condivisibile, forse da attuare in maniera un po’ più dolce: scaraventare il giocatore in un’ambientazione da incubo senza dirgli cosa fare e riservargli un game over a ogni piè sospinto dopo un minuto dall’inizio dell’avventura non è esattamente la definizione di accoglienza.

FRIEND & FOE, GLI AUTORI DI VANE, SI ISPIRANO DICHIARATAMENTE AI LAVORI DEL TEAM ICO, DA CUI ALCUNI DEI LORO MEMBRI PROVENGONO

A ogni modo, dopo aver trovato la propria strada collezionando tentativi, l’unica possibilità concessa alla donna è quella di inerpicarsi su per una torre fino a giungere di fronte a un enorme portone che pare possa condurla in salvo, finché a pochi passi dal varcarlo una oscura figura le negherà l’accesso subito prima che lo schermo nero preannunci una nuova sezione. Dopo un’attesa che non si può certo definire breve, arriva finalmente il momento di vestire i panni del volatile nero che ci aveva accolto nella schermata iniziale, tuttavia a quel punto i problemi evidenziati nella sezione iniziale non fanno che amplificarsi. La libertà concessa al giocatore si traduce in ulteriore spaesamento: volare ad ali spiegate sopra una distesa di sabbia può essere un’esperienza rigenerante, oppure angosciante quando in diversi minuti di volo non si scorge alcun segnale che suggerisca il da farsi. Una volta trovato l’appiglio a cui il volatile è destinato, bisogna infatti intuire in piena autonomia la necessità di atterrarci sopra, in un punto ben preciso, e solo a quel punto il gioco ci suggerisce la pressione di un tasto per richiamare a noi altri volatili che ci tracceranno la strada verso la tappa successiva. Non si tratta di meccaniche aliene, ma neppure così scontate soprattutto perché manca del tutto quella fase in cui il gioco mette in chiaro le sue regole e restringe il campo del possibile alle azioni concesse al giocatore. Il problema è che anche quando le meccaniche sono ormai esplicite e acclarate, non sempre funzionano. Per fare un esempio, l’ultima struttura del deserto deve essere distrutta dal peso degli uccelli attirati dal nostro richiamo, ma ciò avviene solo se le pale che la compongono si trovano in una posizione precisa e per scoprirlo ci sono voluti numerosi riavvii dall’inizio e una buona dose di fortuna, accompagnati per altro da una serie di frasi non ripetibili scatenate dall’incomprensibile decisione di posizionare i checkpoint unicamente all’inizio dei diversi capitoli.

FREE AS A BIRD

Benché le intenzioni di Friend & Foe siano facili da leggere in controluce, idealmente nobili e condivisibili nella volontà di lasciare sperimentare il giocatore, la loro applicazione pratica si traduce spesso (e purtroppo) in frustrazione. Nelle fasi successive dell’avventura quel volatile si trasformerà in un bambino e presto imparerà a controllare questa trasformazione, ma anche questa interessante meccanica verrà presto accantonata in favore di un’altra, un’esplorazione platform condizionata da quegli stessi controlli legnosi e poco precisi che avevano reso ogni atterraggio nei panni dell’uccello una prova di abilità suprema. La sensazione che rimane in bocca è quello di un gioco sconnesso e scarsamente coerente, fatto di situazioni incollate tra loro e poco approfondite.

ANCHE QUANDO LE MECCANICHE SONO ORMAI ESPLICITE E ACCLARATE, NON SEMPRE FUNZIONANO

Ci rendiamo conto di come i toni che abbiamo usato finora siano abbastanza catastrofici e va ammesso che non tutto ciò che Vane propone sia da dimenticare: in particolare l’ambientazione suggestiva, realizzata senza abbondare nel dettaglio, ma con un design subito riconoscibile, e le atmosfere enigmatiche riescono a rappresentare fino all’ultimo uno stimolo ad andare avanti. Tuttavia è il game design, nel senso più ampio del termine, a scricchiolare. Più che persi in un mondo ostile ci si sente spesso abbandonati dagli sviluppatori, privati di qualunque riferimento su quale direzione intraprendere e puniti con diversi minuti di peregrinazioni avanti e indietro qualora si imbocchi la strada sbagliata. A complicare il tutto si sommano una serie di piccoli e grandi problemi tecnici, dalla telecamera nelle fasi di volo ai bug che incastrano il protagonista al suolo, costringendo a ripetere lunghe ed estenuanti sessioni di gioco. Purtroppo i ritardi accumulati negli anni e i cambi di direzioni conseguenti lasciavano intendere che le cose non stessero andando come sperato con Vane e questa versione finale giocata su PS4 non ha fatto altro che confermare i nostri sospetti. Resta il più che gradevole aspetto visivo, ma un gioco più bello da guardare che da giocare è un gioco che non ci sentiamo di certo di consigliare ai nostri lettori.

L’indiscutibile fascino della sua atmosfera rarefatta e misteriosa, realizzata con uno stile semplice, ma efficace e molto bello a vedersi, non compensa purtroppo tutti i limiti che attanagliano la struttura di Vane. Ritrovarsi soli e senza indicazioni in un mondo indecifrabile non fa sentire liberi, ma abbandonati a sé stessi.

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Pro

  • Stile grafico affascinante.
  • Atmosfere suggestive.

Contro

  • Meccaniche difficili da decifrare.
  • Controlli legnosi e imprecisi.
  • Distribuzione dei checkpoint snervante.
4.5

Gravemente Insufficiente

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