Warhammer 40.000: Mechanicus - Recensione

PC

Amo quando i videogiochi mi sorprendono. Ammetto di essermi avvicinato a Warhammer 40.000: Mechanicus con una discreta dose di diffidenza, come purtroppo faccio da tempo quando mi approccio alle tante opere tratte dall’universo fantascientifico targato Games Workshop, la cui qualità appare molto spesso altalenante. E pensare che poco più di un mese fa ero qui a parlarvi dell’ottimo Space Hulk: Tactics, cantando le lodi di uno strategico che è riuscito a rendere giustizia all’eterna lotta tra Space Marine e Tiranidi negli angusti corridoi di un ammasso di relitti spaziali.

In questo caso non vestiamo le possenti armature dei migliori soldati dell’umanità; no, ora è arrivato il momento di dare uno sguardo all’altro lato di quella medaglia chiamata Imperium, è tempo di armarsi di appendici artificiali e indossare le lunghe tuniche dei tecnopreti dell’Adeptus Mechanicus. A metà strada tra ordine militare e religioso, questa riservatissima congrega si occupa di custodire la tecnologia che precede l’Eresia di Horus, di costruire e mantenere l’arsenale che foraggia la guerra eterna, nonché di ricercare la conoscenza per l’Imperium e per l’Omnissia, l’enigmatico Dio Macchina di cui l’Imperatore sarebbe la personificazione.

MIGLIORARE SÉ STESSI

La ricerca della conoscenza è ciò che porta uno stuolo di tecnopreti sotto il comando del Magos Dominus Faustinius nell’orbita di Silva Tenebris, un pianeta dimenticato dall’umanità dalla cui superficie provengono segnali della presenza di altri membri dell’Adeptus Mechanicus. Basta una prima analisi accurata del corpo celeste per scoprire che Silva Tenebris nasconde un segreto raccapricciante: il pianeta non è altro che un mondo-tomba dei Necron, il luogo di dimora di innumerevoli guerrieri di questa razza antichissima di automi privi di volontà, ibernatisi in attesa del momento propizio per conquistare la galassia intera.

L’obiettivo della missione cambia immediatamente: diventa quindi essenziale agire in fretta per evitare che il risveglio di milioni di alieni possa mettere a ferro e fuoco le stelle. Warhammer 40.000: Mechanicus svela sin da subito le sue carte, mettendoci al comando di un manipolo di tecnopreti e della relativa coorte di soldati Skitarii (esseri umani con impianti cibernetici più o meno sviluppati) in una disperata corsa contro il tempo, al fine di sventare la minaccia dei guerrieri metallici e sigillare per sempre le strutture sotterranee che ospitano i sarcofagi dei Necron. In termini ludici, ciò significa che il tempo a disposizione è estremamente limitato, costringendoci a valutare attentamente quali missioni intraprendere prima che l’indicatore delle truppe risvegliate raggiunga il cento percento. È quindi impossibile affrontare tutte le oltre cinquanta missioni in una sola partita dal momento che si ha il tempo di portarne a termine poco più di una trentina, e solo nel caso in cui si riescano a sfruttare al meglio le varie occasioni senza impantanarsi in scontri lunghissimi. Da questo punto di vista, l’opera di Bulwark Studios può contare su un discreto tasso di rigiocabilità, questo perché nelle partite successive si può puntare a variare il proprio approccio esplorando linee narrative diverse assieme alle relative serie di missioni.

È impossibile affrontare tutte le oltre cinquanta missioni in una sola partita

Sì perché Warhammer 40.000: Mechanicus è un tattico a turni un po’ anomalo. Non siamo di fronte a un emulo di XCOM, dove eventi casuali e narrazione emergente sono all’ordine del giorno, bensì ci ritroviamo ad accettare incarichi proposti dal nostro seguito di Magi e Dominus, un vero e proprio consiglio di guerra che offre suggerimenti e si prodiga di indicare le modalità con le quali affrontare la minaccia dei Necron. Ognuno di essi è dotato di una personalità ben distinta: per esempio, se il Magos Scaevola è alla ricerca della conoscenza a ogni costo, l’inflessibile Videx desidera l’obliterazione degli xenos sopra ogni cosa, anche a discapito delle vite dei soldati sotto il nostro comando. Ciò si ripercuote sulle missioni che abbiamo modo di portare a termine, modificando le regole di ingaggio a seconda del personaggio che abbiamo deciso di assecondare.

NELLE VISCERE DELLA TERRA

Una volta stabilito quale incarico seguire, è il momento di decidere quali unità far sbarcare su Silva Tenebris. Inizialmente avremo a disposizione soltanto due tecnopreti e una schiera virtualmente infinita di servitori, questi ultimi sono poco più che carne da macello, senza alcuna capacità di attaccare dalla distanza e con capacità offensive davvero ridicole in corpo a corpo. Man mano che si procede nella campagna vengono sbloccati ulteriori tecnopreti – da potenziare a piacimento sfruttando le risorse recuperate nelle missioni – e unità di supporto più avanzate, dalle avanguardie skitarii armate di fucili ad arco ai poderosi robot kastelan con combustor (una sorta di lanciafiamme pesante).

Inizialmente avremo a disposizione soltanto due tecnopreti e una schiera virtualmente infinita di servitori

Dopo aver scelto i membri dello strike team, tenendo bene in considerazione le informazioni descritte nel briefing, è il momento di guidare il gruppo all’interno di una delle tante installazioni Necron disseminate sul pianeta, una sorta di dungeon al cui interno si nascondono le insidie più disparate. Tra un combattimento e l’altro, infatti, bisogna fare i conti con degli eventi solo in apparenza casuali da risolvere scegliendo la scelta più idonea alle regole di ingaggio della missione. Sbagliare l’approccio potrebbe significare il danneggiamento di alcune unità, subire malus nello scontro immediatamente successivo, o addirittura un incremento delle truppe risvegliate su tutto il pianeta. È possibile che vi troviate di fronte a delle scritture geroglifiche: a questo punto è possibile studiarle per carpirne i segreti, distruggere tutto, oppure pregare l’Omnissia affinché liberi Silva Tenebris dalla corruzione. Così, su due piedi, potrebbe sembrare difficile operare una scelta, ma se – per esempio – l’obiettivo della missione è l’accumulo di conoscenza, è chiaro che studiare le scritture Necron sia l’unica opzione percorribile.

La variabile del caso è praticamente inesistente

Nulla è lasciato al caso, e ciò lo si capisce soprattutto sul campo di battaglia. Dopo essersi imbattuti nel nemico tra gli angusti corridoi di questa o quella necropoli, le schermaglie si risolvono come in un qualsiasi tattico a turni moderno, salvo un’unica differenza. Il caso, per l’appunto, non esiste. Niente percentuali: se il nemico è entro la gittata dell’arma ed è sulla linea di vista, allora il colpo va sicuramente a segno. A variare casualmente è solo il danno inflitto, che dipende dal range minimo e massimo dell’arma utilizzata, nonché dall’eventuale armatura dell’unità bersaglio, la quale riduce le ferite subite di un ammontare pari al valore della protezione. Ciò significa che l’elemento fortuna ha una rilevanza praticamente insignificante nell’economia del combattimento, di conseguenza tutto dipende dal movimento e dal posizionamento delle varie unità, un po’ come in una partita a scacchi, dove però la regina è dotata di una decina di servo-braccia meccaniche e può vaporizzare i pedoni con un potentissimo fucile plasma.

IL RITORNO DEI GUERRIERI METALLICI

Stupisce poi la cura con la quale sono state implementate le diverse unità dei Necron. I giocatori di Warhammer 40.000 riconosceranno sicuramente gli iconici guerrieri con arma Gauss, o gli immortali con armi pesanti, per non parlare dei terrificanti scorticati che indossano le pelli dei nemici uccisi, i cryptek, i distruttori, gli scarabei… ognuno di essi è stato trasposto all’interno del gioco affinché potesse in qualche modo ricordare le controparti del gioco da tavolo. Non mancano nemmeno i protocolli di rianimazione: portare a zero i punti vita dei Necron non basta per ucciderli definitivamente, già perché sono in grado di riassemblarsi automaticamente dopo un certo quantitativo di turni e tornare a combattere come se nulla fosse accaduto. Per eliminarli una volta per tutte basta colpirli di nuovo dopo la loro disattivazione, oppure bisogna mettere fuori combattimento tutti gli altri alieni sul campo di battaglia. Semplice, non credete?

La curva di difficoltà è in caduta libera dopo la prima metà della campagna

Le uniche due critiche che mi sento di muovere nei confronti di Warhammer 40.000: Mechanicus riguardano la sostanziale ripetitività delle situazioni di combattimento, nonostante il gioco si sforzi di aggiungere sempre più variabile sotto forma di tipologie di unità nemiche sul campo, e una curva di difficoltà in caduta libera dopo la prima metà della campagna. Se all’inizio bisogna gestire al meglio le proprie truppe per evitare di essere sopraffatti dagli xenos, ogni missione diventa quasi una passeggiata dopo aver sbloccato altri tecnopreti e aver racimolato un discreto quantitativo di risorse. Le uniche eccezioni sono rappresentate dagli scontri con i cinque boss, ognuno a capo di una determinata regione del pianeta. Questi combattimenti sono di gran lunga i più impegnativi, nonché quelli più coinvolgenti sul versante della resa scenica, con tanto di filmati introduttivi e scambi di battute nel bel mezzo della mischia. Il merito va senza dubbio a Ben Counter, tra i più apprezzati autori di romanzi della Black Library (la linea narrativa su Warhammer 40.000 curata direttamente da Games Workshop), il quale si è occupato di tutto ciò che riguarda il background, la scrittura dei dialoghi e la stesura della sceneggiatura del gioco. Insomma, siamo di fronte a un videogioco che gli appassionati del Tetro Millennio dovrebbero tenere seriamente in considerazione. A meno che non proviate compassione per delle teste di latta pronte a liquefarsi sotto i colpi delle infallibili armi imperiali, e allora cari amici avete proprio sbagliato fazione per cui tifare, ché i Necron son sempre il peggio del peggio.

Warhammer 40.000: Mechanicus è un’opera sorprendente, non solo per la cura riposta nella realizzazione di un background narrativo estremamente coerente con l’ambientazione ideata da Games Workshop, ma anche per un sistema di gioco che valorizza le potenzialità offerte dalla possibilità di comandare una coorte dell’Adeptus Mechanicus. Sono presenti alcune innegabili sbavature, ma nel complesso siamo di fronte a un tattico a turni di qualità che evita di vivere della luce riflessa di XCOM per seguire una strada tutta sua e brillare di luce propria.

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Pro

  • L’Adeptus Mechanicus non è mai stato così affascinante.
  • Impianto narrativo notevole.
  • Gestione tattica e strategica innovativa.

Contro

  • Curva di difficoltà mal calibrata.
  • Sul lungo periodo tende a essere ripetitivo.
  • Necessita di una buona conoscenza della lingua inglese.
8.5

Più che buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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